Il trattamento con psilocibina ha mostrato miglioramenti nei sintomi motori e non motori della malattia di Parkinson, oltre che nei disturbi psichiatrici associati
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Secondo uno studio pilota pubblicato su “Neuropsychopharmacology”, il trattamento con psilocibina ha mostrato miglioramenti nei sintomi motori e non motori della malattia di Parkinson, oltre che nei disturbi psichiatrici associati, con effetti persistenti fino a un mese dalla somministrazione.
Negli ultimi anni, la ricerca di base ha alimentato grande interesse sul possibile impiego delle sostanze psichedeliche nella gestione del Parkinson. Tuttavia, i dati sulla sicurezza di queste molecole nei pazienti affetti da questa patologia—o da altri disturbi neurodegenerativi—erano finora inesistenti.
È proprio per colmare questa lacuna che Ellen Bradley, docente presso il dipartimento di psichiatria e scienze comportamentali del Weill Institute for Neurosciences dell’Università della California a San Francisco, insieme ai suoi colleghi, ha condotto uno studio pilota volto a valutare il profilo di sicurezza e l’efficacia della psilocibina nei pazienti con Parkinson.
Dosi controllate e supporto psicoterapeutico
La ricerca, condotta in aperto, ha coinvolto 12 pazienti con diagnosi di malattia di Parkinson da lieve a moderata, affetti anche da ansia e/o depressione.
L’età media dei partecipanti era di 63,2 anni e il gruppo includeva una prevalenza maschile del 58,3%. Tre di loro non assumevano farmaci dopaminergici per i sintomi motori, mentre i restanti nove seguivano un trattamento stabile con carbidopa-levodopa.
Il protocollo prevedeva la somministrazione di due dosi di psilocibina sintetica: una prima dose di 10 mg, seguita da una seconda da 25 mg dopo due settimane, a condizione che la prima fosse ben tollerata. Il trattamento era accompagnato da otto sessioni di psicoterapia individuale distribuite prima, durante e dopo la somministrazione.
I parametri vitali dei pazienti sono stati monitorati dal momento iniziale fino a 420 minuti dopo l’assunzione di ciascuna dose, sotto supervisione medica.
L’esperienza soggettiva indotta dal farmaco è stata misurata tramite la scala 5-Dimensional Altered States of Consciousness (5D-ASC), mentre la sicurezza e la tollerabilità rispetto ai sintomi del Parkinson sono state valutate tramite la scala Movement Disorder Society Unified Parkinson’s Disease Rating Scale (MDS-UPDRS), a una settimana dalla prima dose e a una settimana e un mese dalla seconda.
Inoltre, i livelli di ansia e depressione sono stati misurati rispettivamente con la scala Hamilton Anxiety Rating Scale (HAM-A) e la Montgomery-Asberg Depression Rating Scale (MADRS).
Ansia e depressione ridotte, buona tollerabilità
I risultati dello studio hanno evidenziato l’assenza di eventi avversi gravi o di necessità di interventi medici per modificare il dosaggio del farmaco. Nessuno dei pazienti ha riportato un peggioramento di sintomi psicotici.
Eventi avversi emergenti dal trattamento si sono verificati in 10 partecipanti, i più comuni dei quali sono stati ansia, nausea e aumento della pressione sanguigna.
Inoltre, la percezione soggettiva dell’esperienza psichedelica è risultata tendenzialmente più intensa con la dose da 25 mg rispetto a quella da 10 mg, sebbene la differenza non fosse statisticamente significativa.
Dal punto di vista clinico, si è osservata una riduzione significativa dei sintomi motori e non motori, con un miglioramento di 7,5 punti nella sezione II e di 13,75 punti nella sezione I della scala MDS-UPDRS.
Anche l’ansia (HAM-A) e la depressione (MADRS) sono migliorate una settimana dopo il trattamento, con una riduzione marcata della depressione a un mese dal trattamento, mentre l’ansia, pur non raggiungendo la stessa significatività statistica, ha mostrato effetti positivi che si sono mantenuti fino a tre mesi dopo la somministrazione.
Sulla base di questi risultati preliminari, gli autori dello studio ritengono che la terapia con psilocibina meriti ulteriori approfondimenti.
È già in corso un trial randomizzato controllato presso l’Università della California a San Francisco, che prevede l’espansione a una seconda sede presso l’Università di Yale e l’inclusione di un totale di 100 partecipanti.
Secondo Bradley, l’obiettivo principale della prossima fase di ricerca è testare l’efficacia del trattamento su un campione più ampio e chiarire i meccanismi d’azione della psilocibina nella malattia di Parkinson.
Bibliografia:
Bradley ER, Sakai K, Fernandes-Osterhold G, et al. Psilocybin therapy for mood dysfunction in Parkinson’s disease: an open-label pilot trial. Neuropsychopharmacology. 2025 Apr 9. doi: 10.1038/s41386-025-02097-0. Epub ahead of print. leggi