Il ritrovamento del corpo di Padre Dall’Oglio in Siria è una falsa notizia


“Ufficialmente non c’è nessuna notizia del ritrovamento del corpo di padre Paolo Dall’Oglio”, lo riferiscono all’agenzia Dire fonti interne alle Forze democratiche siriane

hama siria

Si tratta di una fake news. Non ci risulta che sia il corpo di Paolo“. Così all’agenzia Dire Francesca Dall’Oglio smentisce le voci che circolano sul presunto ritrovamento delle spoglie del fratello padre Paolo Dall’Oglio, il sacerdote gesuita missionario in Siria, rapito a Raqqa il 29 luglio del 2013 e da allora scomparso.

Ad anticipare la notizia, fonti di stampa araba che già a partire da domenica riferivano del ritrovamento di una fossa comune nel cimitero di Furusiyya, a Raqqa, nel nord-est controllato dalle forze curde. Una squadra di funzionari specializzati di Qamishlo si sarebbe già recata sul posto per le identificazioni. Ma il vescovo di quest’ultima città ha a sua volta smentito la notizia. A far presumere che si tratti del missionario, il fatto che una delle salme indossi abiti religiosi. Secondo Francesca Dall’Oglio, però, quel giorno il fratello “indossava abiti civili”. Ma a far scartare l’ipotesi, per la donna c’è soprattutto il fatto che “alla luce delle informazioni raccolte in questi anni, sapevamo che dietro al sequestro ci fosse la strategia del regime di Damasco”.

A distanza di quasi 12 anni, chiarisce Francesca Dall’Oglio, “razionalmente riconosciamo che esiste la possibilità che Paolo sia morto subito dopo la cattura. Tuttavia, stando alle notizie recenti, che lo davano prigioniero nelle carceri del regime di Damasco, personalmente mi sono fatta l’idea che non sia stato ucciso subito a Raqqa”. Nei primi mesi e anni dal sequestro sono circolate notizie che lo davano assassinato dai membri della milizia che poi sarebbe confluita nel gruppo Isis.

Ma come ricorda Francesca Dall’Oglio, “poi ne sono circolate altre, che davano nostro fratello vivo a Baghouz, poi prigioniero di Huras Al-Din”, una milizia jihadista vicina ad Al-Qaeda, “oppure prigioniero a Damasco, come riferisce anche il giornalista Riccardo Cristiano nel suo libro ‘Dall’Oglio. Il sequestro che non deve finire’, quando riporta un database dell’opposizione dove era incluso Paolo tra i nomi di coloro che erano tenuti nelle carceri del governo di Bashar Al-Assad”, poi rovesciato da un’alleanza di gruppi armati lo scorso 8 dicembre.
Quanto ai contatti col governo italiano, “dalla Farnesina non abbiamo nessun riscontro ancora” dice Dall’Oglio, confermando di aver “già contattato l’ambasciata italiana di Damasco”. La sorella del religioso aggiunge: “So che sono al lavoro e ho fiducia. Paolo è un caso internazionale”.

FORZE SIRIANE: “NESSUNA CONFERMA SU RITROVAMENTO CORPO”

Ufficialmente non c’è nessuna notizia del ritrovamento del corpo di padre Paolo Dall’Oglio. Qualche sito o persona ha scritto sui social media dei post riferendo questo fatto, ma non c’è nessun report ufficiale”. Lo riferiscono all’agenzia Dire fonti interne alle Forze democratiche siriane, vale a dire l’esercito composto da combattenti curdi e arabi che garantiscono la sicurezza dell’Amministrazione autonoma del nord-est siriano, titolare del governo dell’area di Raqqa, dove il missionario gesuita venne rapito nel luglio 2013.

IL TEAM FORENSE SIRIANO: “MA LÌ NON C’È NESSUN CORPO”

Non può essere vera la notizia del ritrovamento di padre Paolo Dall’Oglio perché semplicemente non c’è nessun corpo. Sappiamo con certezza che non è avvenuta nessuna esumazione nel cimitero di Furusiyya, a Raqqa, perché la nostra organizzazione è l’unica incaricata di questo tipo di interventi nel nord-est della Siria, con team di esperti forensi; inoltre siamo gli unici responsabili di quel cimitero”. Lo riferisce all’agenzia Dire Jomana Al-Salman, project manager per le persone scomparse del Syria Justice and Accountability Centre, organizzazione non governativa finanziata da Germania e Stati Uniti, che si occupa di rintracciare le persone scomparse dallo scoppio della guerra, nel 2011.

In queste ore è circolata la notizia della scoperta di una fossa comune a Raqqa, dove si troverebbero anche le spoglie del gesuita romano Paolo Dall’Oglio, rapito proprio lì nell’estate del 2013. Fonti locali riferiscono di un intervento delle Forze democratiche siriane (Sdf) ma, come afferma Al-Salman, “né le Sdf né l’Amministrazione autonoma del nord-est”, che ha il governo della regione, “hanno personale specializzato o strumenti forensi per eseguire questo tipo di interventi”.

In quest’area a maggioranza curda, che per quattro anni fu anche parte del califfato dello Stato islamico (Isis), “risultano 12mila scomparsi”. Numeri enormi per l’unico organismo che è intitolato a individuare le fosse comuni, scavare per esumare i corpi e poi identificarli. La responsabile delinea quindi il modus operandi dell’organismo, che “non parte mai dal test del Dna, che anzi, è l’ultimo step”.

Si comincia dall’investigare il contesto: “Raccogliamo testimonianze tra persone potenzialmente informate dei fatti, come i famigliari delle vittime di scomparsa, che hanno sporto denuncia, poi residenti, funzionari o ex combattenti”. Se da fonti diverse – almeno tre – le versioni coincidono, e viene indicato anche un punto di sepoltura, il team specializzato cerca i cadaveri. Se vengono ritrovati allora, si verifica che ci sia corrispondenza tra i dettagli di massima – come il sesso dello scomparso – e quindi si procede a prelevare campioni di tessuto “da inviare nei laboratori di analisi forense in Guatemala”.

Con questo Paese dell’America Latina, spiega Al-Salman, esiste infatti un Memorandum d’intesa siglato nel 2019 dal Syria Justice and Accountability Centre insieme a un altro organismo locale, la Syrian Missing Persons and Forensic Team (Smft), che prevede la possibilità di eseguire test del Dna. Il Guatemala si è anche offerto di formare i team forensi operativi in Siria.

In Siria, continua Al-Salman, “non esiste infatti nessun laboratorio di analisi forense“. Tali esami però prevedono costi elevati, come spiega la referente del Centro: “Per ogni individuo sono richiesti almeno tre campioni dei tessuti e altri tre dei familiari. Ogni prelevamento costa tra i 100 e i 150 dollari”. Per questo i test “sono l’ultima fase delle ricerche: dobbiamo essere sufficientemente certi che il corpo coincida con l’identità della persona di cui è stata denunciata la scomparsa” chiarisce Jomana Al-Salman.

Tornando al caso Dall’Oglio, “la fase delle indagini del contesto non sono mai state concluse. Ad oggi, tramite le testimonianze raccolte, ci risultano 16 differenti luoghi in cui padre Paolo potrebbe essere stato portato, da vivo o da morto”.

Pertanto, le notizie circolate sulle pagine Facebook che ne riferiscono il ritrovamento “sono false, ma non è la prima volta che succede” avverte la referente del Syria Accountability: “spesso dei gruppi sui social mettono in giro queste voci per i motivi più diversi, come anche aumentare i propri follower”.

FONTE: AGENZIA DI STAMPA DIRE (WWW.DIRE.IT)