Una ricerca sottolinea come l’uso precoce degli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2) nei pazienti dimessi dopo un ricovero per insufficienza cardiaca (HF) sia associato a benefici immediati e duraturi
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Una ricerca pubblicata su JACC: Heart Failure sottolinea come l’uso precoce degli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2) nei pazienti dimessi dopo un ricovero per insufficienza cardiaca (HF) sia associato a benefici immediati e duraturi.
Il rischio di morte per tutte le cause o di nuova ospedalizzazione per HF si è ridotto significativamente nei pazienti che hanno iniziato la terapia subito dopo la dimissione ospedaliera (HR 0,71; IC 95% 0,67-0,75), confermando i dati già emersi dagli studi randomizzati.
I risultati sono stati coerenti in tutte le sottopopolazioni analizzate, indipendentemente da età, sesso, presenza di diabete, frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) e tipo di inibitore SGLT2 utilizzato. Questa coerenza tra i dati di trial clinici randomizzati e di pratica clinica reale rafforza il valore di questi farmaci nel trattamento dell’insufficienza cardiaca.
Dati sanitari del sistema nazionale francese
Per condurre l’indagine, i ricercatori – guidati da Paul Gautier dell’Ospedale universitario di Tolosa (Francia) – hanno utilizzato il sistema nazionale francese di dati sanitari, un vasto database che copre oltre il 99% della popolazione francese.
Sono stati inclusi 191.357 adulti con una prima ospedalizzazione per insufficienza cardiaca tra il 2021 e il 2023, escludendo coloro che avevano avuto una precedente esposizione a SGLT2 inibitori o che erano deceduti o erano stati riammessi nei primi 30 giorni dopo la dimissione.
Nel periodo analizzato, l’adozione di questi farmaci è aumentata in maniera significativa: nel 2021 solo il 5,1% dei pazienti iniziava il trattamento entro 30 giorni dalla dimissione, mentre nel 2023 questa percentuale era salita al 35% (P < 0,001 per trend).
I pazienti che hanno iniziato la terapia con SGLT2 inibitori tendevano a essere più giovani (età mediana di 76 anni rispetto a 84 anni nei non trattati), più frequentemente di sesso maschile (61,5% contro 45,7%) e con una prevalenza più elevata di diabete e una LVEF inferiore al 40%.
Per bilanciare le differenze tra i gruppi, gli autori hanno utilizzato un metodo di appaiamento basato sul punteggio di propensione, generando 26.419 coppie di pazienti comparabili tra loro. Il follow-up è durato fino a due anni (media di 9 mesi), permettendo di valutare a lungo termine gli effetti del trattamento.
Efficacia anche nei pazienti più fragili
Durante il follow-up, il tasso di mortalità o nuova ospedalizzazione per HF è stato inferiore nei pazienti che assumevano inibitori SGLT2 rispetto a quelli non trattati (14,2 contro 19,8 eventi per 100 anni-persona). Una differenza significativa tra i gruppi è emersa già dopo soli 18 giorni dall’inizio del trattamento.
In particolare, il rischio di mortalità generale è diminuito (HR 0,70; IC 95% 0,65-0,74), così come il rischio di ospedalizzazione per HF (HR 0,71; IC 95% 0,64-0,78).
Un aspetto importante dello studio riguarda la conferma dell’efficacia dei farmaci anche nei pazienti più fragili, che presentano comorbilità multiple e assumono una vasta gamma di medicinali, una popolazione tipicamente meno rappresentata nei trial clinici randomizzati. Questo dato è fondamentale per l’applicazione concreta delle linee guida e per la fiducia dei clinici nell’iniziare precocemente la terapia.
Urgenza di un trattamento tempestivo
Nonostante l’incremento nell’uso degli SGLT2 inibitori nel tempo, la maggior parte dei pazienti con insufficienza cardiaca non riceve ancora questi farmaci. Gli esperti sottolineano che il ritardo nell’inizio della terapia espone inutilmente i pazienti a rischi clinici evitabili.
Stephen Greene, del Duke Clinical Research Institute di Durham, evidenzia l’importanza di una gestione proattiva della HF, paragonando la necessità di un trattamento tempestivo a quella delle terapie oncologiche: «Non tollereremmo mai ritardi nel trattamento dei pazienti con cancro, eppure nell’insufficienza cardiaca questi ritardi sono ancora la norma».
Secondo Gautier e colleghi, gli effetti precoci degli SGLT2 inibitori potrebbero derivare dalla loro azione diuretica, anche se i meccanismi farmacologici restano in parte da chiarire. Inoltre, viene sottolineata la necessità di studi futuri focalizzati sulla sicurezza a lungo termine di questi farmaci, un aspetto che non è stato incluso nell’analisi attuale.
L’urgenza di una strategia terapeutica più tempestiva e mirata per l’insufficienza cardiaca è dunque evidente: iniziando il trattamento il prima possibile, si possono ottenere benefici significativi in termini di sopravvivenza e qualità della vita per i pazienti.
Bibliografia:
Gautier P, Elbaz M, Bezin J, et al. Effectiveness of Sodium-Glucose Cotransporter 2 Inhibitors in Heart Failure Patients: A Nationwide Population-Based Cohort Study. JACC Heart Fail. 2025;13:870-872. doi: 10.1016/j.jchf.2025.02.017. leggi