L’aggiunta precoce di ezetimibe alla terapia con statine nelle prime 12 settimane dopo un infarto miocardico riduce significativamente il rischio di eventi cardiovascolari maggiori
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Un’analisi del registro nazionale SWEDEHEART, i cui risultati sono stati pubblicati sul Journal of the American College of Cardiology, ha mostrato che l’aggiunta precoce di ezetimibe alla terapia con statine nelle prime 12 settimane dopo un infarto miocardico riduce significativamente il rischio di eventi cardiovascolari maggiori (MACE) nei primi due anni rispetto all’inizio tardivo della terapia combinata.
L’efficacia dell’ezetimibe si è mantenuta nel confronto con la sola terapia statinica anche a tre anni di follow-up, dimostrando un impatto positivo sulla mortalità cardiovascolare.
Maggiore efficacia e riduzione della mortalità cardiovascolare
I risultati dello studio hanno evidenziato una riduzione degli eventi avversi maggiori nella popolazione trattata con terapia combinata precoce rispetto a chi ha iniziato l’ezetimibe tra la 13ª settimana e i 16 mesi successivi (differenza assoluta dello 0,6% e dell’1,1% nei primi due anni, P<0,01).
Anche se dopo tre anni la significatività statistica nel confronto con la combinazione tardiva risultava attenuata (0,7%, P=0,18), il vantaggio clinico rimaneva evidente rispetto ai pazienti trattati esclusivamente con statine (1,9%, HR 1,29, IC 95% 1,12-1,55).
Inoltre, l’ezetimibe somministrata precocemente si è associata a una riduzione della mortalità cardiovascolare rispetto alla terapia combinata tardiva (HR 1,64, IC 95% 1,15-2,63) e alla terapia con sole statine (HR 1,83, IC 95% 1,35-2,69).
Critiche alla strategia terapeutica ‘stepwise’
Lo studio, coordinato da Margret Leosdottir dello Skåne University Hospital di Malmö (Svezia), mette in discussione l’approccio tradizionale, raccomandato dalle linee guida, che prevede l’uso iniziale delle sole statine e l’eventuale aggiunta di altri farmaci in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi lipidici.
Secondo gli autori, questa strategia può essere inefficace, causando ritardi nella terapia e la perdita dei pazienti al follow-up. L’analisi suggerisce che una gestione più immediata, con l’introduzione dell’ezetimibe già prima della dimissione ospedaliera, possa migliorare la prognosi e garantire un maggiore controllo del colesterolo LDL.
Sicurezza dell’associazione e prospettive future
L’uso di ezetimibe nella fase precoce dopo un infarto è aumentato negli ultimi anni, passando dal 14% nel 2015 al 60% nel 2021.
Gli esperti sottolineano la sicurezza del trattamento combinato, affermando che la riduzione intensiva del colesterolo LDL non sembra associata a rischi significativi.
Tuttavia, come evidenziato dall’editoriale di Clara Chow dell’Università di Sydney, studi futuri potrebbero approfondire la tollerabilità dei diversi regimi terapeutici e il loro impatto sull’adesione dei pazienti.
Limiti dello studio e considerazioni etiche
Lo studio, di natura osservazionale, ha analizzato i dati di 35.826 pazienti ospedalizzati per infarto tra il 2015 e il 2022, privi di una precedente terapia ipolipemizzante.
I pazienti sono stati suddivisi in tre gruppi: terapia combinata precoce (16,9%), terapia combinata tardiva (18,1%) e nessun uso di ezetimibe (65,0%). I pazienti senza terapia combinata erano generalmente più anziani e con maggiori comorbilità.
Gli autori riconoscono la possibilità di bias di selezione, poiché chi ha ricevuto trattamenti più intensivi potrebbe essere stato anche più aderente alle cure. Tuttavia, sottolineano che un trial clinico randomizzato per verificare questi risultati sarebbe difficile da realizzare per motivi etici.
Bibliografia
Leosdottir M, Schubert J, Brandts J, et al. Early Ezetimibe Initiation After Myocardial Infarction Protects Against Later Cardiovascular Outcomes in the SWEDEHEART Registry. J Am Coll Cardiol. 2025 Apr 22;85(15):1550-1564. doi: 10.1016/j.jacc.2025.02.007. leggi
Chow CK, Archer O, Kritharides L. Should Patients With Myocardial Infarction Be Started on Combination Therapy With Ezetimibe Before Hospital Discharge? J Am Coll Cardiol. 2025 Apr 22;85(15):1565-1567. doi: 10.1016/j.jacc.2025.03.453. leggi