Quando la terapia di prima linea con osimertinib inizia a fallire per i pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule, l’aggiunta di savolitinib può determinare risposte significative e durature
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Quando la terapia di prima linea con osimertinib inizia a fallire per i pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio localmente avanzato o metastatico con mutazione EGFR (NSCLC) ed elevata sovraespressione e/o amplificazione di MET, l’aggiunta di savolitinib può determinare risposte significative e durature. Lo suggeriscono i risultati dell’analisi primaria dello studio di fase 2 SAVANNAH, che sono stati presentati a Parigi all’European Lung Cancer Conference (ELCC) 2025, da Myung-Ju Ahn, MD, Sungkyunkwan University School of Medicine di Seoul, Repubblica di Corea del Sud.
Negli 80 pazienti (circa un terzo della popolazione complessiva dello studio) con NSCLC EGFR mutato, alti livelli di sovraespressione/amplificazione di MET e progressione dopo terapia di prima linea con osimertinib, la combinazione di savolitinib, un inibitore della tirosina chinasi (TKI) sperimentale mirato a MET, e osimertinib, TKI anti-EGFR, è stata associata a un tasso di risposta oggettiva (ORR) valutato dagli sperimentatori del 56% e a un ORR del 55%, come valutato da una revisione centrale indipendente in cieco (BICR).
«L’aggiunta di savolitinib 300 mg due volte al giorno a osimertinib può offrire una nuova opzione di trattamento senza chemioterapia in questa sottopopolazione di pazienti», ha affermato Ahn durante una sessione del congresso.
Ruolo di MET nella resistenza a osimertinib
Spiegando la motivazione clinica per l’introduzione di un inibitore di MET nel regime per i pazienti che hanno manifestato una progressione con osimertinib, il professor Filippo De Marinis, Direttore Divisione di Oncologia Toracica Istituto Europeo di Oncologia, Milano ha osservato che «uno dei meccanismi di resistenza acquisita più comuni all’osimertinib è l’amplificazione e anche la sovraespressione di MET. L’incidenza segnalata di amplificazione di MET nei pazienti con NSCLC EGFR-mutato che hanno ricevuto osimertinib varia ampiamente, dal 7% al 50%, con una media di 15-20%».
Le opzioni di trattamento per questi pazienti includono la chemioterapia a base di platino da sola o combinata con amivantamab, un anticorpo bispecifico EGFR-MET. «Tuttavia, si stanno tracciando altre strade che riguardano l’utilizzo di piccole molecole quindi di tirosin-chinasi inibitori che per la loro facilità e per la loro utilizzabilità sono ancora un campo di interesse», chiarisce l’esperto.
Caratteristiche dello studio
SAVANNAH è uno studio di fase II randomizzato e globale in corso che fino ad oggi ha arruolato in più di 80 centri in tutto il mondo, tra cui Stati Uniti, Canada, Europa, Sud America e Asia 369 pazienti con EGFRm, NSCLC localmente avanzato o metastatico con sovraespressione e/o amplificazione di MET la cui malattia è progredita dopo il trattamento di prima linea con osimertinib. Nello studio, gli investigatori hanno cercato di determinare se l’aggiunta di savolitinib, inibitore orale, potente e altamente selettivo dell’attivazione atipica della via della tirosinchinasi del recettore MET (MET TKI) sviluppato e commercializzato congiuntamente da AstraZeneca e HUTCHMED, potesse aiutare a superare la resistenza acquisita mediata da MET se aggiunto a osimertinib.
Il livello di sovraespressione e/o amplificazione di MET è stato determinato sulla base del punteggio alle tecniche di istochimica (IHC) e di ibridazione a fluorescenza in situ (FISH).
Tra i pazienti sottoposti a screening per l’arruolamento nello studio SAVANNAH, circa i due terzi presentavano tumori con sovraespressione e/o amplificazione di MET (punteggio di IHC =3+ nel 50% dei campioni e punteggio FISH =10+) e circa il 34% aveva valori più elevati di sovraespressione/amplificazione di MET (punteggio di IHC di 3+ in almeno il 90% e/o una amplificazione di MET individuata da un punteggio FISH di 10+).
A Parigi sono stati presentati i dati relativi alla settima iterazione del protocollo che ha incluso la popolazione primaria di efficacia rappresentata dagli 80 pazienti con soglie di sovraespressione/amplificazione di MET più elevate.
Dopo la stratificazione in base alla presenza o assenza di metastasi cerebrali, i pazienti sono stati assegnati in modo casuale in un rapporto 2:1 a ricevere savolitinib orale (300 mg due volte al giorno) più osimertinib (80 mg al giorno) o savolitinib più placebo.
L’endpoint primario era l’ORR e gli endpoint secondari chiave includevano la sopravvivenza libera da progressione della malattia (PFS) e la durata della risposta (DoR).
Risultati di efficacia
L’ORR valutato dall’investigatore e dal BICR era rispettivamente del 56% ( intervallo di confidenza [CI] al 95%, 45%-67%) e del 55% (IC al 95%, 43%-66%). L’ORR includeva una risposta completa, 55 risposte parziali valutate dagli investigatori e 54 risposte parziali secondo BICR.
La DoR mediana valutata dall’investigatore era di 7,1 mesi (IC al 95%, 5,6-9,6 mesi) e la DoR mediana valutata dal BICR era di 9,9 mesi (IC al 95%, 6,0-13,7 mesi).
Il tempo mediano di insorgenza della risposta è stato di circa 6 settimane. Sono state osservate risposte oggettive in tutti i sottogruppi predefiniti, tra cui razza (asiatica o non asiatica), sesso, metastasi cerebrali basali, stato MET IHC o FISH e tipo di mutazione EGFR (delezione dell’esone 19 o L858R).
La PFS mediana in base alla valutazione dell’investigatore è stata di 7,4 mesi (IC al 95%, 5,5-7,6 mesi) e in base alla valutazione BICR è stata di 7,5 mesi (IC al 95%, 6,4-11,3 mesi). «Va ricordato che la chemioterapia, oggi lo standard terapeutico nella progressione, non è in grado di ottenere più di 4 mesi-4 mesi e mezzo di PFS», sottolinea De Marinis.
Dati di safety
I 101 pazienti nella popolazione di sicurezza, che includeva tutti i pazienti che avevano ricevuto almeno una dose di savolitinib più osimertinib, hanno generalmente tollerato bene il regime combinato. Sono stati segnalati un totale di 57 eventi avversi di grado 3 o superiore, generalmente costituiti da reazioni avverse gastrointestinali ed edemi declivi, ma non si sono verificati decessi correlati al trattamento. In totale, 16 pazienti hanno interrotto savolitinib e 12 hanno interrotto osimertinib a causa di eventi avversi.
Commento allo studio
«Lo studio SAVANNAH conferma il dato interessante di MET come bersaglio per fenomeni di resistenza acquisiti, responsabili della progressione dopo osimertinib di prima linea, per pazienti con ERGF con mutazioni comuni e identifica in savolitinib uno dei farmaci per questa popolazione di pazienti», ha commentato De Marinis.