Clopidogrel supera l’aspirina nella prevenzione degli eventi ischemici dopo un intervento di angioplastica coronarica percutanea
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Una recente ricerca presentata alla sessione scientifica annuale dell’American College of Cardiology (ACC.25) ha messo in evidenza i benefici superiori del clopidogrel rispetto all’aspirina nella terapia antitrombotica a lungo termine per pazienti ad alto rischio dopo un intervento di angioplastica coronarica percutanea (PCI).
I risultati, che si basano su uno studio condotto in Corea del Sud, mostrano che l’uso continuato di clopidogrel riduce significativamente il rischio di infarti senza aumentare il rischio di emorragie rispetto all’aspirina.
Meccanismo di azione: come agisce il clopidogrel
Il clopidogrel è un inibitore del recettore P2Y12 sulle piastrine, che blocca l’attivazione e l’aggregazione piastrinica, impedendo la formazione di coaguli di sangue. Questo meccanismo lo rende efficace nel prevenire eventi trombotici come infarti e ictus. A differenza dell’aspirina, che agisce inibendo l’enzima cicloossigenasi-1 (COX-1) e riducendo la produzione di trombossano A2, il clopidogrel ha un effetto diretto e potente sulle piastrine, risultando più efficace in alcune categorie di pazienti a rischio elevato.
Studio SMART-CHOICE 3: design e risultati
Lo studio SMART-CHOICE 3 ha coinvolto 5.506 pazienti ad alto rischio di eventi cardiaci, tutti sottoposti a PCI in 26 ospedali della Corea del Sud. I partecipanti, con anamnesi di infarto miocardico, diabete trattato farmacologicamente o lesioni coronariche complesse, sono stati divisi in due gruppi: uno trattato con clopidogrel e l’altro con aspirina, dopo aver completato un periodo iniziale di terapia antipiastrinica combinata (DAPT). Dopo una mediana di 2,3 anni di follow-up, i pazienti trattati con clopidogrel hanno mostrato una riduzione del 29% nella probabilità di sperimentare l’end point primario composito, che includeva morte per tutte le cause, infarto e ictus, rispetto ai pazienti trattati con aspirina.
Il principale beneficio è stato osservato nella riduzione del tasso di infarti: solo l’1% dei pazienti trattati con clopidogrel ha avuto un infarto, contro il 2,2% di quelli trattati con aspirina. Sebbene non vi fosse una differenza significativa nel tasso di ictus tra i due gruppi, è emersa una tendenza favorevole per il clopidogrel anche nel tasso di mortalità complessiva.
Assenza di aumento del rischio emorragico
Una delle principali preoccupazioni con i farmaci antitrombotici è il rischio di emorragie. Tuttavia, nello studio SMART-CHOICE 3, non è stato osservato alcun incremento significativo del rischio di emorragie maggiori nel gruppo trattato con clopidogrel rispetto a quello trattato con aspirina. Questo risultato è particolarmente significativo, in quanto i farmaci antipiastrinici più potenti, come il clopidogrel, tendono generalmente ad aumentare il rischio di sanguinamento. Questo studio, quindi, suggerisce che il clopidogrel possa essere una scelta sicura ed efficace per la prevenzione degli eventi ischemici senza compromettere la sicurezza del paziente.
Implicazioni per la pratica clinica e le linee guida
I risultati dello studio offrono nuove prospettive per la gestione dei pazienti ad alto rischio dopo PCI. Attualmente, le linee guida ACC/AHA raccomandano una terapia con aspirina combinata con un inibitore del recettore P2Y12, come il clopidogrel, per i primi sei mesi dopo PCI, seguita dalla continuazione dell’aspirina a vita. Tuttavia, il clopidogrel, come monoterapia, potrebbe rappresentare un’alternativa valida per alcuni pazienti, specialmente quelli con un rischio particolarmente elevato di eventi ischemici.
Secondo il Dr. Joo-Yong Hahn, cardiologo interventista presso il Samsung Medical Center di Seoul e autore senior dello studio, queste evidenze potrebbero spingere le linee guida a considerare il clopidogrel come una terapia di scelta, paragonabile, se non preferibile, all’aspirina per i pazienti ad alto rischio di eventi ischemici ricorrenti. Sebbene il clopidogrel sia più costoso dell’aspirina in alcuni Paesi, il suo potenziale nella riduzione degli eventi ischemici potrebbe giustificare l’utilizzo in pazienti ad alto rischio.
Riflessioni sulle prospettive future
Il prossimo passo in questa ricerca sarà l’analisi dei sottogruppi di pazienti, per comprendere meglio come le condizioni cardiovascolari e metaboliche specifiche influenzino i risultati. Inoltre, data la limitata diversità del campione dello studio, che proviene esclusivamente dalla Corea del Sud, sarà necessaria una ricerca più ampia e globale per confermare questi risultati in diverse popolazioni. Tuttavia, la somiglianza delle pratiche mediche relative alla PCI e alla terapia di follow-up tra la Corea del Sud e altri Paesi sviluppati potrebbe rendere questi risultati rilevanti anche al di fuori del contesto coreano.
In sintesi, i dati emergenti suggeriscono che, per i pazienti ad alto rischio dopo PCI, il clopidogrel potrebbe rappresentare una terapia antitrombotica più efficace rispetto all’aspirina, senza compromettere la sicurezza emorragica. Le future linee guida potrebbero riconsiderare il ruolo del clopidogrel nella terapia a lungo termine, con implicazioni per il trattamento di milioni di pazienti a rischio.