Dumba Dischi presenta “questo amore mortale PIÙ”, edizione “deluxe” del primo album dell’artista milanese dada sutra fuori in streaming
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Dumba Dischi presenta “questo amore mortale PIÙ”, edizione “deluxe” del primo album dell’artista milanese dada sutra in uscita su tutte le piattaforme digitali. La prima edizione dell’album “questo amore mortale” ha avuto una genesi frammentata, partendo da un concept che univa testi sciamanici di varie popolazioni e voleva raccontare di un rapporto perduto con la Terra, e della possibilità di ricostruirlo. Questo concept ha subito delle trasformazioni con l’aggiunta di alcuni brani e di versioni di brani che erano state sacrificate. Ne viene fuori un’opera difficile da classificare dal mood straziante e solenne con approccio distorto e sperimentale con testi densi di citazioni.
ASCOLTA L’ALBUM: https://bfan.link/dumbadischi-questo-amore-mortale-piu
Rispetto alla versione originale dell’album è stato aggiunto il brano “DIVA” che era in un mondo completamente diverso, e ha costretto tutto l’album a spostare l’asse e includere una visione più urbana, più distopica, da cui sono nati anche i testi di “Berlino Est” e “manifesto”. In questi cambi di direzione c’era stata qualche vittima, come le versioni originali di queste due canzoni incluse invece nell’edizione “deluxe”. Come chicca e ciliegina sulla torta, nella deluxe è stata inclusa una versione live della personale interpretazione di “Canto di carcerati calabresi”, originariamente cantata da Ornella Vanoni, “un falso storico, una stupenda menzogna a carattere popolare, che rafforza qualcosa che ho cercato di esprimere altrove nell’album: la necessità di creare nuovi miti, escogitare nuove tradizioni e divinità, ritrovare una verità che sia antica, sacra e inviolabile, anche se inventata di sana pianta”.
Su “questo amore mortale PIÙ” in generale dada sutra aggiunge: “Ho voluto esprimere tutto il carattere ibrido, multiforme di questo lavoro, un incrocio bastardo anche in termini di influenze musicali che vanno da Laurie Anderson ai Massive Attack, da Philip Glass al Pan del Diavolo, e da St. Vincent ai CCCP e a Donatella Rettore”.
TRACKLIST
1. i 2. DIVA 3. LE CURE 4. mio dio, aiutami a sopravvivere a questo amore mortale 5. ii 6. Berlino Est 7. manifesto 8. PRINCIPE 9. iii 10. Zacatecas 11. Berlino Ovest feat. Greams 12. for Kathy Acker 13. Canto di carcerati
TRACK BY TRACK
i: è la prima parte di un pezzo che ho diviso in tre. C’è mia madre che canta una canzone in tedesco, che ho registrato di nascosto, un violoncello “pitchato” e un basso suonato con l’e-bow.
DIVA: il pezzo più punk dell’album che parla di una maestra elementare/robot dalla severità incrollabile ma dal cuore fallace. La mia maestra si chiamava davvero Diva, invece la parte non autobiografica è un po’ presa da Noi, romanzo distopico di Evgenij Zamjatin.
LE CURE: un po’ figlio di un brano di Philip Glass, ma in acido e a 194 bpm, e con testo ispirato a uno scritto di Jodorowski. Se esistono dei rave dove non si abusano sostanze ma ci si prende cura l’una dell’altra e del pianeta questa potrebbe esserne la colonna sonora.
mio dio, aiutami a sopravvivere a questo amore mortale: è un pezzo strumentale, quindi doveva avere un titolo abbastanza lungo da essere quasi anche un testo. Ostinato con il basso del pianoforte, basso elettrico che fa il tema, sax così distorto da sembrare una chitarra, e un’apertura orgasmica in maggiore in mezzo.
ii: seconda parte di quel pezzo fatto in tre e forse la mia preferita. Il testo, come nelle altre due parti, è ispirato a testi dei nativi americani, che parlano di morte, del rapporto con la terra e di come possiamo tutte continuare a rinascere finché la terra continua a vivere.
Berlino Est: ballata elettronica su Berlino, sul Muro e sui muri invisibili che ci dividono anche se quello è crollato. Ho dovuto perdere un’amica per scrivere questa canzone, però ho vinto delle chitarre fantastiche suonate da Silvia Cignoli.
manifesto: sempre quel violoncello “pitchato” dell’inizio dell’album, qui portato al parossismo e intrecciato a campioni vocali e linee di sax, e porte che sbattono usate come percussioni. Quante canzoni parlano di quell’intreccio di eccitazione sessuale mista a volontà di azione politica che è davvero il motore dei cambiamenti nel mondo? Secondo me, evidentemente, troppo poche.
PRINCIPE: anche questa ispirata a un testo dei nativi americani che parla di uno sciamano che scala i cieli per incontrare la divinità, però spogliato di tutto il contesto, per lasciare solo quel sentimento di devozione totale. Basso di Andrea Lombardini e mood alla Massive Attack.
iii: terza e ultima parte. Le persone che suonano con me mi odiano per questo brano. La struttura è tutta storta. Oltre al mio basso con lo slide ci sono le chitarre di Gianni Rojatti e pezzi di un discorso bellissimo dell’attivista indigena Txai Suruí.
Zacatecas: scritta con il pianista Vincenzo Parisi, riprende il filone dei testi sciamanici e torna a raccontare del rapporto con la morte e con la terra, in inglese, con un basso ipnotico e una voce come una ninna nanna psicotica.
Berlino Ovest (feat. Greams): in realtà la prima versione di Berlino Est, che avevo scartato e che ho deciso di riprendere e fare insieme al musicista romano Greams, più il sax baritono di Alex Dal Checco. Più la voce campionata di un uomo che ha subito tracheotomia. Ne è uscita la cosa più tamarra dell’album e ne siamo tutti molto fieri.
for Kathy Acker: versione alternativa – in realtà, anche qui, l’originale – di “manifesto”, con una frase ripetuta ossessivamente che ho preso da Blood and Guts in High School della scrittrice e performer Kathy Acker, mancata troppo presto. Per me e per molti un’eroina.
Canto di carcerati: la mia versione di “Canto di carcerati calabresi”, come cantata da Ornella Vanoni. Ho lasciato perdere il dialetto, e Giacomo Carlone ha trasformato lo scacciapensieri in un loop glitchato di percussioni. È una registrazione live di cui abbiamo scelto di non rifare nulla e tenere le imperfezioni.