Encefalite da anticorpi anti-NMDA: micofenolato mofetile riduce recidive


Encefalite da anticorpi anti-NMDA, recidive ridotte dal trattamento con micofenolato mofetile secondo nuovi risultati

citicolina cervello abilità consapevolezza

Uno studio clinico randomizzato controllato, pubblicato su Neurology, Neurosurgery and Psychiatry, ha evidenziato che il trattamento con micofenolato mofetile (MMF) riduce in modo significativo il rischio di recidiva nei pazienti affetti da encefalite da anticorpi anti-N-metil-D-aspartato (NMDARE).

Inoltre, i dati confermano la sicurezza del farmaco nel periodo di trattamento di 24 mesi, suggerendone il potenziale come terapia aggiuntiva di mantenimento a lungo termine per questa popolazione di pazienti.

Studio LEARN condotto in Cina su 100 pazienti
La ricerca, guidata da Zhen Hong, del Dipartimento di Neurologia al West China Hospital dell’Università del Sichuan a Chengdu (Cina), ha coinvolto 100 pazienti cinesi di età pari o superiore ai 14 anni, tutti con un punteggio sulla scala Rankin modificata (mRS) di almeno 2 al momento dell’inclusione.

Gli individui hanno ricevuto trattamento di prima linea entro le prime due settimane dal ricovero e sono stati assegnati in modo casuale a due gruppi: il primo ha ricevuto MMF (0,5 g, due volte al giorno) in combinazione con la terapia standard, mentre il secondo ha seguito esclusivamente i protocolli convenzionali.

Il follow-up è stato di almeno 24 mesi, con una durata mediana di 30 mesi per il gruppo MMF+ e 36 mesi per il gruppo MMF–.

Le opzioni terapeutiche di prima linea comprendevano metilprednisolone per via endovenosa (IVMP), immunoglobuline endovenose (IVIg) o plasmaferesi (PLEX).

La maggior parte dei pazienti in entrambi i gruppi ha ricevuto una combinazione di IVIg e IVMP con un intervallo di somministrazione inferiore a sette giorni (70,5% nel gruppo MMF+ e 85,7% nel gruppo MMF–), mentre meno del 10% ha ricevuto PLEX.

I sottogruppi con migliore risposta alla terapia
Durante il periodo di studio, si sono verificati complessivamente 18 eventi di recidiva in 16 pazienti, la maggior parte dei quali apparteneva al gruppo senza MMF.

Tra i pazienti che hanno avuto una recidiva, solo il 5,9% era trattato con MMF, rispetto al 26,5% nel gruppo MMF–. La riduzione del rischio di recidiva è stata confermata da analisi statistiche avanzate (HR 4,2; IC 95% 1,5-11,6; P = 0,006), con risultati coerenti in tutte le analisi di sensibilità.

I pazienti più giovani, di sesso femminile, con punteggi elevati sulla scala CASE, livelli più alti di anticorpi NMDAR-IgG nel liquor e un trattamento tempestivo di prima linea sembravano essere i più responsivi alla terapia con MMF.

Il miglioramento clinico, definito come un incremento di almeno un punto sulla scala mRS entro quattro settimane dall’inizio del trattamento, è stato significativamente più frequente nel gruppo MMF+ rispetto al gruppo MMF– (RR 1,8; IC 95% 1,1-3,4; P = 0,03).

Inoltre, solo il 5,9% dei pazienti MMF+ ha necessitato di immunoterapia di salvataggio, contro il 26,5% dei pazienti MMF– (RR 0,3; IC 95% 0,1-0,7; P = 0,006).

Anche il miglioramento clinico più marcato, pari a un incremento di almeno due punti sulla scala mRS, è stato osservato nel 27,4% dei pazienti MMF+, rispetto al 22,5% dei pazienti MMF–, sebbene questa differenza non abbia raggiunto la significatività statistica (P = 0,8).

Positivo profilo di sicurezza 
Nei due anni di osservazione, i pazienti trattati con MMF hanno presentato livelli inferiori di disabilità, affaticamento e depressione, oltre a una migliore funzione cognitiva e una maggiore libertà dalle crisi epilettiche a sei mesi (76,5% contro 53,1%; P = 0,02).

Tuttavia, in pazienti non soggetti a recidive, il beneficio del MMF è stato minimo, sollevando interrogativi sulla necessità e sulla sostenibilità economica di una terapia immunomodulante prolungata.

Dal punto di vista della sicurezza, il profilo di effetti avversi e infezioni è risultato simile nei due gruppi, con un’incidenza stabile di eventi infettivi gravi e senza casi di neutropenia, tumori o reazioni anafilattiche. Nel complesso, gli eventi avversi legati al MMF sono stati di grado lieve o moderato, senza segnalazioni di decessi correlati al farmaco.

Verso strategie di intervento personalizzate
Sebbene la ricerca confermi che la terapia di mantenimento con MMF possa ridurre significativamente il rischio di recidiva nei pazienti con NMDARE, il tasso di recidiva complessivo di questa patologia rimane nettamente inferiore rispetto a quello di altre malattie autoimmuni come la sclerosi multipla o la neuromielite ottica.

I risultati suggeriscono che il MMF potrebbe non essere indicato per tutti i pazienti, ma risulterebbe particolarmente vantaggioso nei soggetti ad alto rischio.

Gli autori sottolineano quindi la necessità di ulteriori studi sulla personalizzazione delle strategie terapeutiche e sull’analisi costo-beneficio di trattamenti immunosoppressori prolungati.

Bibliografia
Gong X, Liu Y, Ma Y, et al. Long-term maintenance of mycophenolate mofetil in anti-NMDA receptor encephalitis (LEARN): a multicentre, open-label, blinded-endpoint, randomised controlled trial. J Neurol Neurosurg Psychiatry. 2025 Feb 26:jnnp-2024-335400. doi: 10.1136/jnnp-2024-335400. Epub ahead of print. leggi