Carcinoma uroteliale invasivo della vescica: Fda approva nuova terapia


L’Fda ha recentemente approvato l’uso di durvalumab in combinazione con gemcitabina e cisplatino come trattamento neoadiuvante per il carcinoma uroteliale invasivo della vescica

carcinoma uroteliale

L’Fda ha recentemente approvato l’uso di durvalumab in combinazione con gemcitabina e cisplatino come trattamento neoadiuvante per il carcinoma uroteliale invasivo della vescica (MIBC). Dopo la cistectomia radicale, il trattamento prevede la somministrazione adiuvante di durvalumab in monoterapia. Questa decisione regolatoria si basa sui dati dello studio clinico di fase III NIAGARA (NCT03732677), che ha evidenziato un miglioramento significativo della sopravvivenza libera da eventi (EFS) nei pazienti trattati con questa combinazione terapeutica.

I dati dello studio NIAGARA
Lo studio NIAGARA, di natura globale, randomizzato e in aperto, ha coinvolto 1063 pazienti con carcinoma uroteliale invasivo della vescica non sottoposti a precedenti trattamenti sistemici e candidati a cistectomia radicale. I pazienti, con performance status ECOG 0 o 1 e clearance della creatinina di almeno 40 mL/min, sono stati assegnati in modo casuale in un rapporto 1:1 a due diversi regimi terapeutici. Il primo gruppo ha ricevuto durvalumab associato a gemcitabina e cisplatino in fase neoadiuvante, seguito da durvalumab adiuvante dopo l’intervento chirurgico. Il secondo gruppo, di controllo, ha ricevuto esclusivamente gemcitabina e cisplatino prima dell’intervento, senza successivo trattamento adiuvante.

L’endpoint primario dello studio era rappresentato dalla sopravvivenza libera da eventi (EFS), valutata dagli investigatori. Gli endpoint secondari includevano la sopravvivenza globale (OS), il tasso di risposta patologica completa (pCR), la EFS con preservazione della vescica e il profilo di sicurezza del trattamento.

I risultati hanno mostrato che la mediana di EFS non è stata ancora raggiunta nel gruppo trattato con durvalumab, mentre nel gruppo di controllo era pari a 46,1 mesi ( intervallo di confidenza al 95% [IC]: 32,2-NR). L’ hazard ratio (HR) per l’EFS era 0,68 (IC 95%: 0,56-0,82; P bilaterale < 0,0001), indicando un beneficio significativo della combinazione con durvalumab. La mediana di OS non è stata raggiunta in nessuno dei due gruppi, con un HR di 0,75 (IC 95%: 0,59-0,93; P = 0,0106).

Meccanismo d’azione e benefici della terapia
Durvalumab è un anticorpo monoclonale che inibisce la proteina PD-L1 (ligando di morte programmata 1), ripristinando così la risposta immunitaria antitumorale. Questo meccanismo d’azione consente al sistema immunitario di riconoscere e distruggere le cellule cancerose, aumentando l’efficacia del trattamento chemioterapico standard.

L’aggiunta di durvalumab alla terapia neoadiuvante ha determinato un miglioramento della risposta patologica completa (pCR), che ha raggiunto il 33,8% (IC 95%: 29,8%-38,0%) rispetto al 25,8% (IC 95%: 22,2%-29,8%) del gruppo di controllo. Tuttavia, questa differenza non ha raggiunto la soglia di significatività statistica (P = 0,0038 vs soglia P = 0,001).

Sicurezza e prospettive future
Il profilo di sicurezza di durvalumab in combinazione con gemcitabina e cisplatino si è rivelato coerente con i dati già noti. Gli eventi avversi di grado 3 o superiore sono risultati simili tra i due gruppi dello studio e non sono stati identificati nuovi segnali di sicurezza. Questo conferma la buona tollerabilità del farmaco nel contesto perioperatorio del carcinoma uroteliale invasivo.

L’approvazione di durvalumab in questo setting rappresenta un’importante innovazione terapeutica, migliorando le prospettive di sopravvivenza per i pazienti affetti da questa neoplasia aggressiva. Gli studi futuri potrebbero valutare l’impiego di durvalumab in combinazione con altre immunoterapie o terapie mirate per potenziare ulteriormente l’efficacia del trattamento.