Fibrillazione atriale: asundexian e apixaban a confronto nella terapia anticoagulante


Asundexian ha mostrato un lieve aumento dei tassi di ictus rispetto ad apixaban, pur riducendo il rischio di sanguinamento nei pazienti con fibrillazione atriale

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In un’analisi prespecificata di sottogruppo del trial OCEANIC-AF, i cui risultati sono stati pubblicati su “JAMA Cardiology”, asundexian – inibitore orale del fattore XIa – ha mostrato un lieve aumento dei tassi di ictus rispetto ad apixaban, pur riducendo il rischio di sanguinamento nei pazienti con fibrillazione atriale (AF) che non avevano precedenti esperienze con anticoagulanti orali.

Lo studio, coordinato da John H. Alexander, del Duke Clinical Research Institute di Durham, ha coinvolto 14.810 pazienti con AF, arruolati in 1035 centri distribuiti in 38 paesi.

Popolazione dello studio e metodologia
Gli individui sono stati suddivisi in due gruppi: quelli naive agli anticoagulanti orali (OAC) con massimo sei settimane di utilizzo precedente (n=2493) e quelli già esposti a OAC, con oltre sei settimane di utilizzo pregresso (n=12.317).

La randomizzazione ha assegnato ai partecipanti asundexian (50 mg una volta al giorno) o apixaban (5 mg due volte al giorno, ridotto a 2,5 mg due volte al giorno per chi soddisfaceva criteri di riduzione del dosaggio).

Gli esiti primari di efficacia includevano ictus o embolia sistemica, mentre il principale outcome di sicurezza riguardava episodi di sanguinamento maggiore.

Il tasso di ictus o embolia sistemica tra i pazienti naive trattati con asundexian è stato dello 0,8%, mentre tra quelli non naive a OAC è stato dell’1,4%. Nel gruppo trattato con apixaban, i rispettivi tassi erano dello 0,6% e dello 0,3%.

L’aumento del rischio di ictus o embolia sistemica con asundexian rispetto ad apixaban è risultato meno marcato nei pazienti OAC naive ( hazard ratio [HR] 1,42) rispetto agli OAC non naive (HR 4,66; P per interazione = 0,03).

Sul fronte della sicurezza, asundexian ha determinato un rischio di sanguinamento inferiore rispetto ad apixaban, con un tasso dello 0,2% contro lo 0,7% (HR 0,32; IC 95% 0,18-0,55). Questa riduzione è stata osservata sia nei pazienti naive (0,2% vs 1,0%) sia nei pazienti esperti (0,2% vs 0,7%).

Considerazioni finali e limiti dello studio
«Nel trial OCEANIC-AF, asundexian ha causato meno sanguinamenti rispetto ad apixaban, sia nei pazienti naive sia in quelli esperti. Tuttavia, tra i pazienti naive, l’aumento del rischio di ictus o embolia sistemica rispetto ad apixaban è stato meno marcato rispetto ai pazienti non naive» scrivono gli autori. «Il meccanismo alla base di questi risultati non è chiaro e merita ulteriori approfondimenti», aggiungono.

Va sottolineato che si tratta di un’analisi secondaria esplorativa e orientata alla generazione di ipotesi. Il numero di pazienti e di eventi, soprattutto nel sottogruppo naive, è stato contenuto e non ha garantito un potere statistico sufficiente a identificare differenze clinicamente significative.

Inoltre, le definizioni di naive (≤ 6 settimane di utilizzo di OAC) e non naive (> 6 settimane) erano arbitrarie. Inoltre, il trial è stato interrotto prematuramente poiché asundexian si è dimostrato meno efficace di apixaban, il che potrebbe aver influenzato la portata dei risultati.

Bibliografia:
Alexander JH, Lydon EJ, Piccini JP, et al. Asundexian or Apixaban in Patients With Atrial Fibrillation According to Prior Oral Anticoagulant Use: A Subgroup Analysis of the OCEANIC-AF Randomized Clinical Trial. JAMA Cardiol. 2025 Mar 26:e250277. doi: 10.1001/jamacardio.2025.0277. Epub ahead of print. leggi