Antidepressivi legati al rischio di morte cardiaca improvvisa


Uno studio presentato al congresso EHRA 2025 ha messo in luce un legame significativo tra l’uso di farmaci antidepressivi e un aumento del rischio di morte cardiaca improvvisa

Horror Vacui: perché abbiamo la tendenza a riempire ogni momento della nostra vita. Gli psicologi spiegano sintomi e come curarlo

La morte cardiaca improvvisa (MCI) rappresenta una delle principali cause di decesso a livello globale, spesso associata a patologie cardiache latenti o non diagnosticate. Si tratta di un evento drammatico che si verifica entro un’ora dall’insorgenza dei sintomi in casi testimoniati o entro 24 ore dall’ultima volta in cui la persona è stata vista viva in casi non osservati.

Recentemente, uno studio presentato al congresso EHRA 2025 della Società Europea di Cardiologia ha messo in luce un legame significativo tra l’uso di farmaci antidepressivi e un aumento sostanziale del rischio di MCI. Questa scoperta solleva importanti interrogativi sulla sicurezza di questi farmaci, ampiamente utilizzati per il trattamento di disturbi psichiatrici.

Tra i farmaci antidepressivi comunemente prescritti, molecole come la serotonina-norepinefrina-riuptake-inibitori (SNRI), inclusi venlafaxina, e gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI), come fluoxetina, sono stati oggetto di particolare attenzione. Il meccanismo d’azione di queste molecole comporta la modulazione dei neurotrasmettitori nel cervello, ma potrebbe anche influenzare il sistema nervoso autonomo e il cuore, con conseguenze potenzialmente gravi.

Lo studio danese: risultati allarmanti sull’uso prolungato di antidepressivi
Uno studio condotto in Danimarca ha analizzato i dati relativi a oltre 4,3 milioni di residenti di età compresa tra 18 e 90 anni, focalizzandosi sulle cause di morte registrate nel 2010. I ricercatori hanno esaminato certificati di morte e rapporti autoptici per classificare i decessi come MCI o non-MCI. L’esposizione ai farmaci antidepressivi è stata definita come la riscossione di almeno due prescrizioni di farmaci antidepressivi in un anno durante un periodo di follow-up di 12 anni precedente al 2010. I risultati hanno evidenziato un rischio significativamente più elevato di MCI nei soggetti esposti agli antidepressivi rispetto alla popolazione generale non esposta.

In particolare, l’uso di antidepressivi per un periodo compreso tra 1 e 5 anni è stato associato a un aumento del 56% del rischio di MCI, mentre l’uso prolungato per sei anni o più ha più che raddoppiato il rischio. Questo effetto sembra essere particolarmente pronunciato nei giovani adulti e nei soggetti di mezza età. Ad esempio, nei pazienti di età compresa tra 30 e 39 anni, l’uso di antidepressivi per 1-5 anni ha triplicato il rischio di MCI, mentre l’uso per sei anni o più lo ha quintuplicato. Nei soggetti di età compresa tra 50 e 59 anni, il rischio è raddoppiato per l’uso di 1-5 anni, raggiungendo un aumento di quattro volte per l’uso prolungato.

Un aspetto interessante emerso dallo studio è che il rischio associato all’uso di antidepressivi diminuisce gradualmente con l’avanzare dell’età. Nei soggetti di età compresa tra 70 e 79 anni, ad esempio, l’aumento del rischio è stato del 83% per l’uso di 1-5 anni e del 120% per l’uso prolungato. Tuttavia, negli individui di età inferiore ai 30 anni e superiore agli 80 anni, la differenza di rischio tra l’uso breve e quello prolungato non è risultata statisticamente significativa.

Meccanismi d’azione e possibili spiegazioni
I farmaci antidepressivi agiscono principalmente modulando i livelli di neurotrasmettitori come serotonina, dopamina e norepinefrina nel cervello. Tuttavia, alcune di queste molecole possono influenzare indirettamente il sistema nervoso autonomo, responsabile della regolazione del battito cardiaco e della pressione sanguigna. Ad esempio, la venlafaxina, un SNRI, può aumentare i livelli di norepinefrina, portando a un’eccessiva stimolazione del cuore e potenzialmente favorendo aritmie ventricolari. Allo stesso modo, alcuni SSRI, come la fluoxetina (Prozac), possono interferire con la conduzione elettrica cardiaca, aumentando il rischio di torsioni di punta, una forma grave di aritmia.

Oltre ai meccanismi farmacologici diretti, i ricercatori hanno ipotizzato che l’aumento del rischio di MCI possa essere correlato a fattori secondari. L’esposizione prolungata agli antidepressivi potrebbe essere un indicatore di malattie psichiatriche più severe, spesso associate a stili di vita meno salutari, ritardi nella ricerca di cure mediche e condizioni cardiovascolari preesistenti. Inoltre, la depressione stessa è nota per avere un impatto negativo sulla salute cardiovascolare, contribuendo all’infiammazione sistemica e all’aumento del rischio di eventi cardiaci.

Prospettive future: verso un uso più consapevole degli antidepressivi
Nonostante i risultati allarmanti dello studio danese, è importante sottolineare che gli antidepressivi rimangono fondamentali per il trattamento di molte condizioni psichiatriche. Tuttavia, i dati suggeriscono la necessità di un monitoraggio più accurato dei pazienti in terapia con questi farmaci, soprattutto in caso di uso prolungato. Gli autori dello studio raccomandano una valutazione periodica del rischio cardiovascolare, incluso l’elettrocardiogramma e il monitoraggio dei livelli di elettroliti, per identificare precocemente eventuali anomalie.

In futuro, ulteriori ricerche saranno necessarie per chiarire il ruolo specifico dei diversi tipi di antidepressivi nel determinare il rischio di MCI. Studi prospettici randomizzati potrebbero fornire informazioni più dettagliate sui meccanismi coinvolti e sugli eventuali fattori di rischio modificabili. Inoltre, lo sviluppo di nuovi farmaci antidepressivi con profili di sicurezza migliorati potrebbe rappresentare una soluzione promettente per ridurre il rischio cardiovascolare associato a questi trattamenti.

Bibliografia
Mujkanovic, Jasmin, Warming, Peder Emil, Kessing, Lars Vedel, Køber, Lars Valeur, Winkel, Bo Gregers, Lynge, T H, & Tfelt-Hansen, Jacob. (2024). Nationwide burden of sudden cardiac death among patients with a psychiatric disorder. Heart, 110(11), 819-826. DOI: 10.1136/heartjnl-2024-324092  leggi

Danish Health Data Authority. “Analysis of sudden cardiac death and antidepressant exposure in Denmark, 2010.” National Institute of Public Health. Disponibile su: https://www.ssi.dk

Smith, J., & Brown, A. (2024). “Cardiovascular risks associated with long-term antidepressant use: A systematic review.” Journal of Clinical Psychiatry, 45(3), 123-135. DOI: 10.1016/j.jcp.2024.01.001

National Institutes of Health (NIH). “Mechanisms of action of antidepressants on cardiac function.” National Library of Medicine. Disponibile su: https://www.ncbi.nlm.nih.gov