I nodi della gestione dell’anticoagulazione orale dopo l’ablazione per fibrillazione atriale


Rischio tromboembolico o emorragico: il dilemma della gestione dell’anticoagulazione orale dopo l’ablazione per fibrillazione atriale

Malattie cardiache congenite: nuova dichiarazione scientifica dell'American Heart Association (AHA) pubblicata online sul "Journal of American Heart Association"

Un recente studio retrospettivo condotto presso il Nagoya University Hospital in Giappone ha evidenziato un dilemma clinico significativo riguardante la gestione dell’anticoagulazione orale dopo l’ablazione per fibrillazione atriale (FA). I risultati suggeriscono che l’interruzione un anno dopo una procedura di ablazione ritenuta “riuscita” può aumentare il rischio di eventi tromboembolici a lungo termine, sebbene riduca significativamente gli episodi emorragici. Questi dati sollevano importanti questioni sul bilanciamento tra rischi e benefici, soprattutto in sottogruppi specifici di pazienti.

Meccanismi d’azione e contesto clinico
Gli anticoagulanti orali, come warfarin o i nuovi anticoagulanti diretti (DOAC, ad esempio apixaban , dabigatran o rivaroxaban), agiscono inibendo fattori chiave coinvolti nella cascata della coagulazione. Questi farmaci sono ampiamente utilizzati per prevenire eventi tromboembolici nei pazienti con fibrillazione atriale, una patologia caratterizzata da un’elevata predisposizione alla formazione di trombi intracardiaci, che possono causare ictus ischemici o embolie sistemiche.

L’ablazione transcatetere, spesso considerata una terapia potenzialmente curativa per la FA, mira a eliminare i circuiti elettrici anormali responsabili delle aritmie. Tuttavia, studi recenti hanno dimostrato che, nonostante l’ablazione possa ridurre significativamente il carico di FA, essa non elimina completamente il rischio tromboembolico a lungo termine. Questo aspetto rende cruciale valutare attentamente se continuare o interrompere l’anticoagulante dopo la procedura.

Risultati dello studio giapponese
Lo studio, guidato da Satoshi Yanagisawa e colleghi del Nagoya University Graduate School of Medicine, ha analizzato i dati di 1.821 pazienti trattati con ablazione per FA, selezionando solo quelli privi di recidive aritmiche o eventi avversi nei primi 12 mesi post-procedura. In questo gruppo, circa la metà aveva interrotto l’OAC al termine del primo anno, su decisione del medico curante. L’età media dei partecipanti era di 63,6 anni, e il 73,5% era di sesso maschile.

Dopo un follow-up medio di 4,8 anni, i ricercatori hanno osservato che:
• L’interruzione dell’OAC era associata a un aumento significativo degli eventi tromboembolici (0,86 vs 0,37 per 100 persone-anno; log-rank P=0,04).
• Al contrario, gli eventi emorragici maggiori erano meno frequenti nel gruppo che aveva interrotto l’OAC (0,10 vs 0,65 per 100 persone-anno; log-rank P<0,001).
• La mortalità globale non differiva tra i due gruppi.

Un’analisi di sottogruppo ha identificato alcune categorie di pazienti particolarmente vulnerabili agli eventi tromboembolici in caso di interruzione dell’OAC. Tra questi figuravano individui con FA asintomatica, frazione di eiezione ventricolare sinistra inferiore al 60% e diametro atriale sinistro ≥45 mm. Al contrario, nei pazienti con punteggi HAS-BLED ≥2, l’interruzione dell’OAC sembrava più vantaggiosa per ridurre il rischio di sanguinamento.

I ricercatori hanno sottolineato che l’identificazione precoce di queste caratteristiche cliniche potrebbe aiutare a personalizzare le decisioni terapeutiche, bilanciando il rischio tromboembolico e quello emorragico.

Limitazioni e criticità dello studio
Nonostante i risultati interessanti, lo studio presenta alcune limitazioni che ne riducono la possibilità di generalizzarlo. Innanzitutto, si tratta di uno studio retrospettivo condotto in un unico centro, il che introduce potenziali bias e confondimenti. Inoltre, i dati coprono un periodo di 15 anni, durante i quali le tecniche di ablazione e i protocolli di gestione clinica sono notevolmente evoluti. Un ulteriore problema riguarda la possibilità che alcuni pazienti inclusi nello studio abbiano avuto recidive subcliniche o FA asintomatica non documentate, influenzando i risultati.

Un’analisi di sensibilità basata su score di propensione ha confermato gran parte dei risultati principali, ma ha mostrato che la differenza nel rischio tromboembolico tra i due gruppi non era più statisticamente significativa. Questo suggerisce la necessità di ulteriori studi prospettici per chiarire meglio il ruolo dell’OAC post-ablazione.

Prospettive future: verso linee guida più precise
Attualmente, sia le linee guida americane che quelle europee raccomandano fortemente la prosecuzione dell’OAC nei pazienti con punteggi CHA2DS2-VASc elevati, indipendentemente dall’esito dell’ablazione. Tuttavia, come sottolineato da Edward Chu, autore di un editoriale correlato, l’idea che l’ablazione possa eliminare completamente la necessità di anticoagulazione è fuorviante. La FA è una condizione progressiva che, pur essendo controllabile, non può essere completamente arrestata nemmeno con le tecniche più avanzate.

Chu ha inoltre evidenziato che i trigger della FA non sono limitati alle vene polmonari, ma possono essere diffusi in tutto l’atrio, complicando ulteriormente la gestione a lungo termine. Inoltre, il concetto di successo dell’ablazione sta gradualmente spostandosi dalla completa eliminazione della FA a una riduzione complessiva del suo carico.

In attesa di dati più robusti provenienti da studi randomizzati prospettici, i clinici devono continuare a personalizzare le decisioni terapeutiche basandosi sul profilo di rischio individuale. Per i pazienti con un basso rischio tromboembolico e un elevato rischio emorragico, l’interruzione dell’OAC potrebbe essere giustificata. Tuttavia, in presenza di fattori di rischio specifici, come funzione cardiaca compromessa o dimensioni atriali aumentate, la prosecuzione dell’anticoagulazione rimane una scelta prudente.

Bibliografia
Yanagisawa, S., et al. “Risk of Thromboembolic and Bleeding Events After Oral Anticoagulation Discontinuation Following Catheter Ablation for Atrial Fibrillation.” JAMA Network Open, 2025.

Chu, E. “Editorial: Balancing Risks and Benefits of Oral Anticoagulation After Atrial Fibrillation Ablation.” JAMA Network Open, 2025.

European Society of Cardiology. “2020 ESC Guidelines for the Diagnosis and Management of Atrial Fibrillation.” European Heart Journal, 2020 leggi