“C come Coltrane”: suoni, parole e immagini mercoledì 30 aprile a PARCO Milano nel tributo del sassofonista Dimitri Grechi Espinoza a John Coltrane

Si tratta del nuovo appuntamento della seconda edizione della rassegna Alfabeto di PARCO, dedicata alle culture del mondo e agli artisti che hanno rivoluzionato il Novecento. I protagonisti di “C come Coltrane” saranno Dimitri Grechi Espinoza, tra i più originali e interessanti sassofonisti della scena italiana; Tito Mangialajo Rantzer, contrabbassista di lungo corso; il turco Aziz Señol Filiz, virtuoso del flauto ney, strumento che viene spesso utilizzato nella meditazione e nelle pratiche spirituali; Davide Ferrari (voce narrante), che indagherà il rapporto tra le composizioni e le parole del grande jazzista americano. Inoltre, l’evento sarà impreziosito dalla proiezione di alcuni scatti (realizzati nel corso dell’unica rappresentazione pubblica di “A Love Supreme”, avvenuta ad Antibes) del fotografo Roberto Polillo, instancabile animatore del Polillo ARt COntainer di via Binda 30 (quartiere Barona) e grande appassionato di jazz.
Considerato uno dei più grandi jazzisti di tutti i tempi, John Coltrane è stato anche una sorta di filosofo della musica, una guida spirituale, un riferimento per tutti coloro che intendono la musica come continua sperimentazione, formale e interiore. Ha cambiato la storia del jazz con album memorabili come My Favorite Things, Giant Steps e Live at the Village Vanguard e nel 1965, con la pubblicazione di A Love Supreme, ha innalzato ulteriormente l’asticella della sua ricerca, sonora e spirituale. Come ha scritto Ashley Kahn, giornalista e produttore musicale tra i più influenti e autorevoli nel panorama internazionale del jazz, «”A Love Supreme” è il testamento di un’intera epoca, della quale Coltrane ha saputo interpretare tutte le tonalità emotive e sonore: la poliritmia africana propulsiva e catartica, i tempi dilatati del jazz modale, la litania meditabonda del folk orientale, le vampe del free jazz, il calore intimo del blues e la redenzione orgasmica del gospel. Il risultato è un magma incandescente e liturgico, in chiave minore, vertiginosamente preciso, sincronizzato, ma sempre sull’orlo dell’improvvisazione, dell’ignoto. È il jazz spirituale di Coltrane, il suo grido assoluto, una preghiera purissima di amore supremo verso Dio che ha stravolto con la musica le regole e i sentimenti delle generazioni successive, caricandoli di un’inaudita religiosità».
Info: direzione@ahumjazzfestival.com