Artrite reumatoide: DMARD non aumentano il rischio di mieloma multiplo


Artrite reumatoide: il trattamento con DMARD biologici e sintetici a target non innalza il rischio di mieloma multiplo

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Notizie rassicuranti sulla safety oncologica dei pazienti con artrite reumatoide (AR) in trattamento con DMARDb o DMARDts: uno studio retrospettivo Usa, condotto su veterani di guerra affetti da AR e pubblicato su RMD Open, ha dimostrato che il tasso di mieloma multiplo (MM – una complicanza neoplastica alla quale sono potenzialmente esposti i pazienti affetti da malattia reumatologica) non differisce tra gli utilizzatori di DMARDb/ts e gli utilizzatori di DMARDcs. Sarà necessario, comunque, puntualizzano gli autori dello studio, confermare quanto osservato in nuovi studi, dato che la durata relativamente breve del follow-up e il numero esiguo di eventi hanno limitato la capacità di rilevare le differenze legate al trattamento sul rischio di MM.

Razionale e disegno dello studio
I pazienti con AR, come è noto, si caratterizzano per un rischio aumentato di sviluppare neoplasie ematologiche, tra cui MM, a causa dell’infiammazione cronica e della disregolazione del sistema immunitario. Dato che le terapie biologiche mirano a vie infiammatorie coinvolte nella progressione del MM, i ricercatori hanno voluto verificare se l’impiego di questi farmaci influenzasse il rischio di MM nei pazienti con AR.

Per rispondere a questa domanda, è stato condotto uno studio retrospettivo di coorte, utilizzando i dati della Veterans Health Administration Usa. Sono stati identificati veterani con diagnosi di AR tra il 2002 e il 2018 ai quali era stata fatta almeno una prescrizione di DMARDcs entro 90 giorni dalla diagnosi.

I pazienti inclusi nello studio sono stati suddivisi in due gruppi: 1) pazienti che hanno continuato ad utilizzare solo DMARDcs; 2) pazienti che, nel corso del follow-up, hanno assunto almeno una volta un DMARDb o un DMARDts, tra cui inibitori del fattore di necrosi tumorale (TNF), altri farmaci biologici non TNF e tofacitinib.

Per confrontare l’incidenza di MM, i ricercatori hanno analizzato i dati di 27.540 pazienti (88,9% uomini; 75,5% di etnia Caucasica) per un totale di 192.000 anni-persona di follow-up. La durata mediana del follow-up era di 5,8 anni. Sul totale dei pazienti inclusi, 19.220 avevano assunto esclusivamente DMARDcs per tutto il periodo dello studio, mentre 8.320 avevano iniziato ad utilizzare un DMARDb/ts in un secondo momento.

Risultati principali
In totale, si sono verificati 77 casi di MM, di cui 55 nel gruppo trattato con DMARDcs. Il tasso di incidenza complessivo di MM è risultato pari a 0,37 per 1000 anni-persona (IC95%: 0,28-0,49) nei pazienti trattati solo con DMARDcs e a 0,42 per 1000 anni-persona (IC95%: 0,25-0,65) nei pazienti che avevano assunto un DMARDb/ts.

Dopo aver corretto i dati per la presenza di alcuni fattori confondenti (età, sesso, etnia, fumo, indice di massa corporea e impiego di steroidi), l’ hazard ratio (HR) per lo sviluppo di MM nei pazienti trattati con DMARDb/ts rispetto a quelli trattati solo con csDMARD è stato pari a 1,32 (IC95%: 0,78-2,26), ad indicare l’assenza di una differenza statisticamente significativa del rischio di MM.

Un’analisi secondaria ha confrontato gli utilizzatori di inibitori del TNF con i pazienti trattati solo con DMARDcs, mostrando risultati simili (HR: 1,28; IC95%: 0,74-2,22). Inoltre, le analisi di sensibilità, che escludevano i casi di MM diagnosticati entro 90 giorni dall’inizio del trattamento, non hanno modificato sostanzialmente i risultati (HR: 1,21; IC95%: 0,7-2,1).

Limiti e implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno sottolineato come il loro sia stato uno dei primi studi di coorte retrospettivi ad aver esaminato l’impatto dell’impiego di DMARDb/ts sul rischio di sviluppare MM in un’ampia coorte di pazienti con AR, dimostrando che i tassi di MM non differivano tra gli utilizzatori e i non utilizzatori di DMARDb/ts.

Ciò premesso, nonostante l’ampio utilizzo di dati sanitari, il numero di casi di MM è risultato basso, limitando la potenza dell’analisi primaria e la possibilità di valutare singole terapie. Inoltre, a causa della scarsa presenza di donne nel sistema VA e della maggiore incidenza di MM nel sesso maschile, non è stato possibile esaminare differenze di genere.

Un altro limite dello studio deriva dalla mancanza di dati sulla gravità dell’AR al momento dell’inizio del trattamento con DMARDb/ts. Se i pazienti che avevano cambiato terapia si caratterizzavano per una AR più grave rispetto a quelli che hanno continuato il trattamento con DMARDcs e se la gravità dell’AR è associata ad un rischio maggiore di MM, non si può escludere, allora, che il rischio relativo stimato per MM nei pazienti trattati con DMARDb/ts possa essere stato sovrastimato.

Da ultimo, dato che il MM può impiegare decenni a svilupparsi, il periodo di follow-up medio dello studio (5,8 anni) potrebbe essere stato insufficiente per valutarne l’impatto a lungo termine.
Per comprendere meglio gli effetti a lungo termine, sono necessari, pertanto, studi con un follow-up più esteso.

Bibliografia
Tokareva K et al. Use of disease modifying anti-rheumatic drugs and risk of multiple myeloma in US Veterans with rheumatoid arthritis. BMC Rheumatol. Published online January 17, 2025. doi:10.1186/s41927-025-00457-3
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