Diagnosi frequente di polipi colorettali nei parenti stretti associata a un rischio maggiore di cancro del colon-retto
![]()
Le persone con parenti di primo grado che hanno ricevuto ripetute diagnosi di polipi colorettali sembrano essere a maggior rischio di sviluppare il cancro colorettale, in particolare il carcinoma colorettale a esordio precoce (early-onset CRC), secondo uno studio pubblicato su Gastroenterology.
Il cancro colorettale è il terzo tumore più comune e la seconda causa di morte per cancro nel mondo. La maggior parte di questi tumori origina da un polipo colorettale, con un tempo medio di circa 10 anni dalla formazione del polipo alla trasformazione in tumore.
La colonscopia e la polipectomia sono strategie efficaci per ridurre sia l’incidenza che la mortalità del CRC. Nei Paesi occidentali, i programmi di screening iniziano generalmente a 50 anni (recentemente spostati a 45 negli USA), ma si osserva un aumento dei casi di CRC a esordio precoce, diagnosticato prima dei 50 anni, che rappresenta il 10–12% dei nuovi casi e spesso ha una prognosi sfavorevole.
Tra i fattori di rischio figurano la storia familiare di CRC, l’obesità e stili di vita non salutari. Numerosi studi evidenziano che la presenza di polipi nei familiari aumenta il rischio di CRC (OR 1,35–1,78).
Un recente studio ha inoltre sottolineato come il rischio di CRC a esordio precoce sia influenzato dal numero di parenti di primo grado con diagnosi di polipi e dall’età alla diagnosi, sebbene non abbia valutato la frequenza delle diagnosi. Negli USA, la rilevazione di polipi durante la colonscopia è del 55%, mentre in Europa si attesta almeno al 41%. Data la prevalenza elevata dei polipi, è essenziale definire raccomandazioni di screening basate su evidenze, considerando la frequenza delle diagnosi, il numero di parenti coinvolti e l’età alla diagnosi.
“Il nostro studio evidenzia un sottogruppo di individui ad altissimo rischio di sviluppare un cancro colorettale a esordio precoce, che le attuali linee guida per lo screening non affrontano adeguatamente,” ha dichiarato Mahdi Fallah, leader del Risk Adapted Cancer Prevention Group del Centro Tedesco di Ricerca sul Cancro di Heidelberg e professore in visita di Epidemiologia clinica presso l’Università di Lund, in Svezia.
“C’è un urgente bisogno di linee guida personalizzate per lo screening, che tengano conto della frequenza delle diagnosi di polipi nei familiari per ridurre potenzialmente l’incidenza e la mortalità del cancro colorettale,” ha aggiunto Fallah.
Storia familiare vs. frequenza delle diagnosi di polipi
Studi precedenti, come detto sopra, hanno già dimostrato l’associazione tra un aumento del rischio di cancro colorettale e una storia familiare di polipi, ma non hanno analizzato in che modo la frequenza di queste diagnosi possa influenzare tale rischio.
Per approfondire questa relazione, i ricercatori hanno condotto uno studio retrospettivo basato sulla popolazione, esaminando il legame tra la storia familiare di polipi colorettali benigni e il rischio di cancro colorettale. Lo studio ha considerato vari fattori, tra cui la frequenza delle diagnosi di polipi nei parenti, il numero di parenti di primo e secondo grado con polipi e l’età più giovane alla diagnosi di polipi.
L’analisi ha incluso 11,6 milioni di individui (51% uomini) registrati nei database nazionali svedesi sui tumori familiari, con almeno un parente di primo grado noto. I ricercatori hanno utilizzato i dati di genealogia familiare, la storia familiare di polipi e le visite cliniche registrate tra il 1964 e il 2018 per calcolare i rapporti di incidenza standardizzati (SIR) del rischio complessivo e del rischio di carcinoma colorettale a esordio precoce in relazione alla frequenza delle diagnosi di polipi nei parenti.
Nel corso di un follow-up mediano di 31 anni, sono stati diagnosticati con cancro colorettale 162.927 individui della coorte.
Complessivamente, sono stati diagnosticati 196.910 parenti con polipi colorettali. La maggior parte di essi (n=162.769) ha ricevuto una sola diagnosi, mentre il resto (n=34.141) ha avuto diagnosi ripetute (due o più volte).
Non solo la presenza, ma la frequenza dei polipi definisce il rischio
I risultati dello studio hanno mostrato che il rischio di sviluppare il cancro colorettale, in particolare a esordio precoce, aumentava con il numero di parenti di primo grado affetti da polipi e con la frequenza delle loro diagnosi.
In particolare: rispetto a chi non aveva una storia familiare di polipi, i partecipanti con un parente di primo grado con una sola diagnosi di polipo presentavano un rischio aumentato di 1,35 volte (95% CI, 1,32-1,38) per il cancro colorettale complessivo e di 1,45 volte (95% CI, 1,34-1,55) per il carcinoma colorettale a esordio precoce; il rischio aumentava ulteriormente per coloro che avevano un parente di primo grado con diagnosi frequenti di polipi (rischio complessivo: SIR=1,82; 95% CI, 1,76-1,88; rischio di CRC a esordio precoce: SIR=2,27; 95% CI, 1,99-2,58) o due o più parenti di primo grado con una sola diagnosi di polipi (rischio complessivo: SIR=1,89; 95% CI, 1,73-2,06; rischio di CRC a esordio precoce: SIR=2,16; 95% CI, 1,55-2,93).
Il rischio più elevato è stato riscontrato tra i partecipanti con due o più parenti di primo grado con diagnosi frequenti di polipi (rischio complessivo: SIR=2,44; 95% CI, 2,2-2,69; rischio di CRC a esordio precoce: SIR=3,92; 95% CI, 2,83-5,3).
Inoltre, lo studio ha evidenziato che un’età più giovane alla diagnosi nei parenti di primo grado era associata a un rischio maggiore di cancro colorettale. Per esempio, se un parente di primo grado riceveva una sola diagnosi di polipi prima dei 50 anni o tra i 50 e i 59 anni, il rischio complessivo di cancro colorettale aumentava di circa 1,5 volte, rispetto a un aumento di 1,28 volte quando la diagnosi avveniva dopo i 60 anni.
Tuttavia, non è stata osservata la stessa tendenza tra i parenti di secondo grado, il cui impatto sul rischio risultava significativo solo in caso di diagnosi frequenti di polipi.
Implicazioni e limiti dello studio
Mahdi Fallah ha sottolineato che lo studio presenta alcune limitazioni, tra cui: la mancanza di dettagli approfonditi sulle caratteristiche dei polipi (dimensione, numero, istologia); l’impossibilità di tenere conto di tutti i potenziali fattori di confondimento, come il fumo e l’attività fisica.
Tuttavia, l’utilizzo di uno dei più vasti database familiari sui tumori, con oltre 11,7 milioni di individui e un lungo periodo di follow-up, fornisce prove solide con un’elevata potenza statistica.
“I risultati suggeriscono che i medici dovrebbero considerare non solo la presenza di polipi colorettali nei familiari, ma anche la loro frequenza, quando valutano il rischio di cancro colorettale in un individuo,” ha affermato Fallah.
“Ciò potrebbe portare a strategie di screening più mirate, con inizio anticipato o controlli più frequenti per coloro che hanno una storia familiare di diagnosi frequenti di polipi.”
Infine, gli autori dello studio suggeriscono che future ricerche potrebbero approfondire i fattori genetici e ambientali che influenzano la frequenza delle diagnosi di polipi, nonché monitorare proattivamente la loro incidenza nel tempo con tecnologie di screening avanzate.
Yuqing Hu et al., Risk of Colorectal Cancer Associated With Frequency of Colorectal Polyp Diagnosis in Relatives Gastroenterology. 2025 Jan 10:S0016-5085(25)00036-8.
leggi