Carcinoma uroteliale metastatico, nivolumab più ipilimumab ad alte dosi può migliorare gli outcome dopo la prima linea
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Il potenziamento dell’immunoterapia con la combinazione di nivolumab più ipilimumab ad alte dosi, dopo un’induzione con nivolumab in monoterapia, come trattamento di seconda o terza linea può migliorare gli outcome nei pazienti con carcinoma uroteliale metastatico. Lo evidenziano i risultati dello studio di fase 2 TITAN-TCC, pubblicati di recente su JAMA Oncology.
«Nello studio TITAN-TCC, i pazienti con sono stati trattati con un approccio personalizzato, con un’induzione con nivolumab, seguita o meno da nivolumab più ipilimumab come potenziamento immunoterapico in coloro che non rispondevano nel breve termine … Puntavamo a migliorare l’efficacia rispetto a nivolumab in monoterapia, una terapia di seconda linea approvata per i pazienti affetti da carcinoma uroteliale metastatico. Inoltre, intendevamo stabilire uno standard per evitare effetti tossici eccessivi dovuti a una doppia inibizione di checkpoint immunitari nei pazienti che rispondevano alla monoterapia con nivolumab», spiegano gli autori, coordinati da Marc-Oliver Grimm, del Dipartimento di Urologia del Jena University Hospital e della Friedrich-Schiller University di Jena, in Germania.
Lo studio TITAN-TCC
Lo studio TITAN-TCC (NCT03219775) è un trial non randomizzato che ha arruolato un totale di 169 pazienti con carcinoma uroteliale metastatico, suddivisi in due coorti.
La coorte 1 includeva pazienti trattati in prima linea o in seconda/terza linea con nivolumab, con dosi crescenti di ipilimumab, mentre la coorte 2 pazienti trattati in seconda/terza linea con nivolumab e con ipilimumab ad alto dosaggio.
Tutti i pazienti hanno iniziato con quattro dosi da 240 mg di nivolumab per via endovenosa ogni 2 settimane come trattamento di induzione. Quelli che alla settimana 8 non avevano riposto alla monoterapia, venivano ulteriormente trattati con nivolumab più ipilimumab come boost una volta ogni 3 settimane. Ai soggetti della coorte 1 sono state somministrate due dosi di nivolumab da 3 mg/kg più ipilimumab 1 mg/kg, seguite da due dosi da 1 mg/kg di nivolumab più 3 mg/kg di ipilimumab se non si osservava alcuna risposta. Nella coorte 2, ai pazienti sono state somministrate da due a quattro dosi da 1 mg/kg di nivolumab più 3 mg/kg di ipilimumab.
L’endpoint primario dello studio era il tasso di risposta obiettiva (ORR).
Complessivamente, sono stati arruolati 86 pazienti nella coorte 1 e 83 pazienti nella coorte 2. Inoltre, il 69,8% dei partecipanti era di sesso maschile e l’età mediana era di 68 anni (range: 37-84).
I risultati
Il tempo mediano di follow-up è stato di 10,4 mesi per i pazienti della coorte 1 trattati in prima linea, 7,5 mesi per quelli della stessa coorte trattati in seconda/terza linea e 6,2 mesi per la coorte 2. Per i soli sopravvissuti, i tempi mediani di follow-up sono stati rispettivamente di 14,4 mesi, 22 mesi e 27,2 mesi.
Nei pazienti della coorte 1 trattati in prima linea, l’ORR è risultato del 48% (IC al 90% 0,34-0,61; P a una coda < 0,001) e il 7% dei pazienti ha ottenuto una risposta completa, mentre il tasso di controllo della malattia (DCR) è risultato del 57%. Nei pazienti della stessa coorte trattati nelle linee successive, invece, l’ORR è risultato del 27% (IC al 90% 0,17-0,40; P a una coda = 0,15), il 7% dei pazienti ha ottenuto una risposta completa e il DCR è risultato del 45 %. Nella coorte 2, l’ORR è risultato del 33% (IC al 90% 0,24-0,42; P a una coda = 0,005), l’11 % dei pazienti ha ottenuto una risposta completa e il DCR è risultato del 42%.
Dei pazienti trattati in prima linea nella coorte 1, al 57%, dopo l’induzione con nivolumab in monoterapia, è stato somministrato il boost con la combinazione dei due immunoterapici: al 40% dopo la settimana 8 e al 17% per la progressione della malattia. Dei pazienti della coorte 1 trattati nelle linee successive, quelli sottoposti al boost sono stati il 68%, di cui il 55% dopo la settimana 8 e il 14% per la progressione successiva. Infine, nella coorte 2, è stato trattato con il boost di nivolumab e ipilimimab ad alto dosaggio il 61% dei pazienti, il 53% dopo la settimana 8 e l’8% per la terapia della linea successiva.
La fine prevista dello studio è stata raggiunta dal 5% dei pazienti della coorte 1 trattati in prima linea, dal 2% di quelli della coorte 1 trattati in seconda/terza linea e dal 10% di quelli della coorte 2.
Nei pazienti della coorte 1, il tempo mediano di ottenimento della prima risposta è risultato di 3,3 mesi (IC al 95% 2,5-non stimabile [NE]) nel gruppo trattato in prima linea, non è stato raggiunto (IC al 95% 4,5-NE) nel gruppo trattato in seconda/terza linea ed è risultato di 19,5 mesi (IC al 95% 4,8-NE) nella coorte 2, mentre la durata mediana della risposta è risultata rispettivamente di 9,1 mesi (IC al 95% 4,1-NE), 18,7 mesi (IC al 95% 4,2-40,0) e 18 mesi (IC al 95% 6,9-34,9).
Al momento dell’analisi, i pazienti deceduti erano rispettivamente il 62%, 77% e 64%. Nel gruppo della coorte 1 trattato in prima linea, la sopravvivenza globale (OS) mediana è risultata di 16,4 mesi (IC al 95% 7,3-28,5), in quello trattato in seconda o terza linea di 8,3 mesi (IC al 95% 5,3-19,3) e nella coorte 2 di 7,6 mesi (IC al 95% 5,0-14,9), con tassi di OS a 3 anni rispettivamente del 32% (IC al 95% 17%-49%), 19% (IC al 95% 8%-33%) e 34% (IC al 95% 23%-44%), mentre la sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana è risultata rispettivamente di 3 mesi (IC al 95% 1,8-6,8), 1,9 mesi (IC al 95% 1,7-5,8) e 1,9 mesi (IC al 95% 1,8-3,2).
Ulteriore analisi
Gli autori hanno inoltre valutato separatamente anche i tassi di risposta all’induzione con nivolumab in monoterapia e al boost con nivolumab più ipilimumab. Dopo le 8 settimane di induzione, nel gruppo della coorte 1 trattato in prima linea l’ORR era del 29%, con un 2% di risposte complete e un DCR del 48%, mentre nel gruppo trattato in seconda/terza linea era del 23%, con un 2% di risposte complete e un DCR del 41%. Nella coorte 2, l’ORR è risultato del 20%, con un 2% di risposte complete e un DCR del 34%.
Tra i pazienti sottoposti al boost con nivolumab più ipilimimab dopo le 8 settimane di induzione, quelli che hanno ottenuto un miglioramento della propria risposta migliore sono stati il 41% nel gruppo della coorte 1 trattato in prima linea, l’8% nel gruppo della coorte 1 trattato in seconda/terza linea e il 23% nella coorte 2. Inoltre, tra coloro a cui è stato somministrato il boost immunoterapico dopo la settimana 8 per la progressione della malattia, quelli che hanno migliorato la propria risposta migliore sono stati rispettivamente il 29%, 33% e 71%.
I dati di safety
Per quanto riguarda la sicurezza, quasi tutti i pazienti (l 99%9 hanno manifestato almeno un effetto avverso di qualsiasi grado.
Eventi avversi correlati al trattamento di grado 3/4 si sono manifestati nel 37% dei pazienti, con un’incidenza leggermente superiore nel gruppo della coorte 1 trattato in prima linea.
Inoltre, il trattamento è stato ritardato a causa di eventi avversi correlati al trattamento stesso nel 37% dei pazienti e il 27% di essi lo ha interrotto.
In conclusione
«In questo studio non randomizzato, sebbene il trattamento di prima linea nella coorte 1 abbia migliorato i tassi di risposta obiettiva, il considerevole numero di eventi di progressione impone la cautela nell’utilizzo di questo approccio come prima linea. Nel gruppo della coorte 1 trattato nelle linee successive, il trattamento non ha migliorato i tassi di risposta rispetto alla monoterapia con nivolumab.
Tuttavia, l’aggiunta di implimumab ad alto dosaggio (a nivolumab come boost) può migliorare le risposte e la sopravvivenza nei pazienti con carcinoma uroteliale metastatico», concludono Grimm e i colleghi.
Bibliografia
M.O. Grimm, et al. Nivolumab + ipilimumab as immunotherapeutic boost in metastatic urothelial carcinoma: a nonrandomized clinical trial. JAMA Oncol. Published online May 9, 2024; doi:10.1001/jamaoncol.2024.0938. leggi