Rider: Just Eat pronta ad abbandonare il contratto nazionale


Unici con rider assunti, ora Just Eat ci ripensa: la piattaforma che per prima ha stabilizzato i fattorini, potrebbe decidere di abbandonare il contratto nazionale

Boom del delivery per i prodotti vegani o vegetariani, Just eat: 2 italiani su 3 hanno ridotto consumi di carne e pesce

Nel giorno in cui a Strasburgo il Parlamento europeo è previsto il voto sulla direttiva che aumenta le garanzie per i rider al servizio delle grandi piattaforme di delivery, a Bologna i sindacati lanciano l’allarme su Just Eat, l’unica realtà delle consegne di cibo a domicilio ad applicare un contratto collettivo nazionale ai ciclofattorini, assunti con regolare contratto da dipendenti.

COSTI TROPPO ALTI RISPETTO AD ALTRE PIATTAFORME

“Per i numeri che abbiamo, oggi è fuori mercato, perché i costi a consegna sono talmente più alti rispetto alle altre piattaforme, che Just Eat ci ha detto che vuole abbandonare questa forma di di contratto nazionale“, spiega Raffaele Saponara della Fit-Cisl di Bologna nel corso dell’udienza conoscitiva convocata in Comune a Bologna per fare il punto sulla direttiva europea con l’europarlamentare del Pd, Elisabetta Gualmini, speaker del provvedimento.

DUMPING DA CHI NON APPLICA CONTRATTI

“Abbiamo paura che esca dal nostro contratto collettivo per sposare qualche altro contratto con meno tutele. Se le altre piattaforme non vengono obbligate anche loro a entrare in un rapporto subordinazione, è una questione di concorrenza sleale“, spiega Saponara. “Conosco bene Just Eat, loro erano gli unici che premevano perché si arrivasse all’approvazione della direttiva perché sono tra pochi ad applicare il contratto collettivo e hanno problema di competizione sleale da parte delle altre piattaforme“, riconosce Gualmini, che in commissione ha ricordato le pressioni subite dai parlamentari europei da parte dei colossi digitali perché la direttiva venisse bloccata o depotenziata.

DIRETTIVA EUROPEA AL VOTO

“In Just Eat sono preoccupati e al limite della sopravvivenza. La loro policy è costosa, subendo questo dumping dalle altre piattaforme fanno fatica a continuare a lavorare. Fanno il tifo perché adesso i governi nazionali mettano nelle condizioni le altre piattaforme di adottare lo stesso modello”, spiega Gualmini, che ha illustrato i punti salienti della direttiva europea che ora dovrà essere recepita dai singoli stati.

LOBBYING “SFRENATO” CONTRO LA MISURA

Obblighiamo gli Stati membri a valutare le oggettive condizioni di lavoro e a dare la possibilità ai lavoratori falsamente classificati come autonomi di correggere il loro status e dimostrare che sono subordinati in maniera agevole. L’onore di provare il contrario ora passa in capo alle piattaforme. Se le piattaforme stanno zitte, la nuova classificazione è già in piedi”, spiega la parlamentare europea, stimando in sei milioni i falsi lavoratori autonomi in Europa. “Abbiamo avuto resistenze incredibili, siamo stati oggetto di lobbying sfrenato per provare a bloccare il provvedimento. Speriamo ora che il governo italiano, che ha votata la direttiva, la recepisca”, conclude Gualmini.