Fibrillazione atriale, il BMI non influisce sull’efficacia dei DOAC


Fibrillazione atriale: il BMI non influisce sull’efficacia degli anticoagulanti orali diretti, salvo nei pazienti che tendono a divenire grandi obesi

Fibrillazione atriale: la terapia segue il percorso ABC

I risultati dello studio COMBINE AF, recentemente pubblicato su Circulation, hanno dimostrato che, tra i pazienti affetti da fibrillazione atriale (FA), sia la sicurezza che l’efficacia relative all’impiego degli anticoagulanti orali diretti (DOAC) sono generalmente simili tra le varie categorie di BMI e di peso corporeo rispetto a warfarin. Alcuni vantaggi derivanti dall’impiego dei DOAC, tuttavia, sembrano ridursi – o addirittura annullarsi – nei pazienti grandi obesi.

Razionale e disegno dello studio
I DOAC, ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio, rappresentano, ad oggi, l’opzione di terapia anticoagulante da preferire per la prevenzione dell’ictus e dell’embolia sistemica nei pazienti con fibrillazione atriale, sostituendo ormai ampiamente l’impiego gli antagonisti della vitamina K (VKA) come il warfarin.

Negli studi sui DOAC, tuttavia, erano stati inclusi, fino ad ora, relativamente pochi pazienti con peso corporeo agli estremi (molto basso o molto elevato). Ciò ha portato i ricercatori a chiedersi se le concentrazioni di questi farmaci fossero troppo elevate in caso di peso corporeo molto basso (aumentando il rischio di emorragie) o, al contrario, insufficienti in caso di peso corporeo molto elevato (aumentando il rischio, invece, di eventi ischemici).

Per esplorare gli effetti dei DOAC a seconda del BMI e del peso corporeo, è stato implementato lo studio COMBINE AF (A Collaboration Between Multiple Institutions to Better Investigate Non-Vitamin K Antagonist Oral Anticoagulant Use in Atrial Fibrillation), nel corso del quale i ricercatori hanno messo in pool i dati a livelli di paziente dei quattro studi registrativi sull’impiego di DOAC rispetto al warfarin in caso di fibrillazione atriale, nello specifico:
– Lo studio RE-LY sull’impiego di dabigatran
– Lo studio ROCKET AF sull’impiego di rivaroxaban
– Lo studio ARISTOTLE sull’impiego di apixaban
– Lo studio ENGAGE AF-TIMI 48 sull’impiego di edoxaban

In totale, sono stati inclusi nello studio COMBINE AF i dati relativi a 58.464 pazienti, con un BMI mediano pari a 28,3 kg/m2 e un peso corporeo mediano pari a 81 kg.

Solo 598 pazienti mostravano un BMI inferiore a 18,5 kg/m2 e sono stati esaminati separatamente. Quanto agli altri, il 23,1% presentava un valore di BMI nella norma (da 18,5 a < 25 kg/m2), il 38,5% era in sovrappeso (da 25 a < 30 kg/m2), il 24,0% era affetto da obesità di classe I (da 30 a < 35 kg/m2), il 9,4% da obesità di classe II (da 35 a < 40 kg/m2) e il 5,0% da obesità di classe III (40 kg/m2 o superiore).

Risultati principali
L’outcome primario di efficacia era rappresentato dall’incidenza di casi di ictus/embolia sistemica e la probabilità di questo evento è risultata più bassa in concomitanza con un BMI più elevato, indipendentemente dal DOAC specifico impiegato dai pazienti.

Nel complesso, la terapia con DOAC è risultata associata ad un rischio minore rispetto al warfarin (HR aggiustato: 0,80; IC95%: 0,73-0,88), con effetti coerenti lungo tutto lo spettro di BMI considerato.

Quanto all’outcome primario di safety, rappresentato dall’incidenza di eventi di eventi di emorragia maggiore secondo i criteri ISTH (Società Internazionale di Emostasi e Trombosi), i tassi di questi eventi si sono ridotti in concomitanza con valori di BMI più elevati nei pazienti trattati con warfarin, mentre sono rimasti relativamente simili in quelli trattati con DOAC lungo tutto lo spettro di BMI considerato.

Nello specifico, considerando la coorte di pazienti in toto, è emerso che la terapia con DOAC è risultata associata ad un rischio inferiore (HR aggiustato: 0,88; IC95%: 0,82-0,94), sebbene il divario si sia ridotto in presenza di valori di BMI più elevati.

I tassi di emorragia intracranica (ICH), inoltre, sono diminuiti considerando l’estremità superiore dell’intervallo di BMI considerato, indipendentemente dal tipo di trattamento, con un rischio inferiore nei pazienti trattati con DOAC (HR aggiustato: 0,45; IC95%: 0,37-0,54).

Da ultimo, gli stessi trend sono stati documentati quando i dati sono stati analizzati in base al peso corporeo, anziché in base al BMI.

Riassumendo
Presi nel complesso, i risultati di questo studio hanno dimostrato che la terapia con DOAC è risultata associata ad un rischio minore di ictus/embolia sistemica, mortalità per tutte le cause, emorragia maggiore, emorragia intracranica (ICH) e ad un miglior risultato clinico netto che incorpora sia endpoint di sicurezza che di efficacia rispetto al warfarin.

Tuttavia, i vantaggi derivanti dall’impiego di DOAC per quanto riguarda le emorragie maggiori e il risultato clinico netto – un insieme di ictus/embolia sistemica, emorragia maggiore o morte – si riducono a livelli di BMI più elevati.

Considerando il tesso dell’outcome clinico netto, infatti, questo è risultato più favorevole tra i pazienti trattati con warfarin con un BMI pari o superiore a 40 kg/m2  (5,38% vs 6,85%; P = 0,02), soprattutto grazie ad una riduzione della mortalità per tutte le cause.

Quanto osservato non è ancora spiegabile in maniera definitiva, per cui si possono fare, ad oggi, solo delle speculazioni. Innanzi tutto, va tenuto presente che, stando ad alcuni studi già presenti in letteratura, è noto come warfarin funzioni meglio nei pazienti con un BMI più elevato, né si può escludere che il VKA possieda effetti pleiotropici protettivi nei pazienti obesi.

Ciò detto, qualunque sia la ragione di quanto osservato, i ricercatori concludono che questo studio può servire a dare informazioni che possono essere utili per informare il processo decisionale condiviso con i pazienti relativo alla scelta dell’opzione di terapia anticoagulante più appropriata.

“Questa analisi conferma l’efficacia e la sicurezza dei DOAC rispetto al warfarin nei pazienti con fibrillazione atriale, indipendentemente dal BMI o dal peso corporeo – scrivono i ricercatori -. Tuttavia, al contempo, invita alla cautela relativamente all’impiego dei DOAC o del warfarin nei pazienti che tendono alla grande obesità”.

Bibliografia
Patel SM et al. Efficacy and safety of non-vitamin K antagonist oral anticoagulants versus warfarin across the spectrum of body mass index and body weight: an individual patient data meta-analysis of four randomized clinical trials of 58,464 patients with atrial fibrillation. Circulation. 2024;Epub ahead of print.
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