Mielofibrosi: bene l’aggiunta di navitoclax a ruxolitinib


Mielofibrosi: la combinazione di navitoclax e ruxolitinib permette di raddoppiare la quota di pazienti che ottengono una riduzione del volume della milza del 35% o più

mielofibrosi

Nei pazienti con mielofibrosi, un trattamento iniziale con la combinazione di navitoclax e il JAK-inibitore ruxolitinib permette di raddoppiare la quota di pazienti che ottengono una riduzione del volume della milza del 35% o più alla settimana 24 (SVR35W24) rispetto al solo ruxolitinib. A dimostrarlo sono i risultati dello studio di fase 3 TRANSFORM-1 presentati al meeting annuale dell’American Society of Hematology (ASH), a San Diego.

Dopo un follow-up mediano di 14,9 mesi (range: 0,0-29,5), infatti, il trattamento con navitoclax e ruxolitinib ha indotto una SVR35W24 nel 63,2% dei pazienti, a fronte del 31,5% dei pazienti trattati con ruxolitinib e un placebo, segnando una differenza complessiva, significativa, del 31% (IC al 95% 19,5%-42,5%; P <0,0001).

Tuttavia, nello studio non si è osservata una differenza significativa fra i due bracci di trattamento per quanto riguarda il punteggio totale dei sintomi (TSS). Infatti, alla settimana 24, la variazione media rispetto al basale del TSS è risultata pari a -9,7 con navitoclax/ruxolitinib (IC al 95% da -11,8 a -7,6) rispetto a una variazione di -11,1 con ruxolitinib più il placebo (IC al 95% da -13,2 a -9,1), una differenza non statisticamente significativa (P = 0,2852).

«Il tasso di riduzione del volume della milza è risultato raddoppiato (con la combinazione, ndr) e la differenza fra i due gruppi è risultata statisticamente altamente significativa. Non ci sono dubbi su questo, ma per quanto riguarda l’endpoint secondario, cioè il punteggio totale dei sintomi, entrambi i gruppi hanno registrato una riduzione, ma la differenza non è risultata statisticamente significativa», ha detto Naveen Pemmaraju, del Department of Leukemia dello University of Texas MD Anderson Cancer Center di Houston. «Le ragioni potrebbero essere molteplici. Ruxolitinib da solo è un buon farmaco per il miglioramento dei sintomi, ma quando si aggiunge un secondo farmaco si migliorano gli outcome, ma forse si introduce un po’ più di tossicità. La significatività statistica potrebbe non essere stata raggiunta per questo motivo».

Navitoclax e lo studio TRANSFORM-1

Navitoclax orale è un inibitore di BCL-XL, BCL-2 e BCL-W sperimentale che potrebbe offrire un’efficacia unica nel trattamento delle neoplasie mieloproliferative. «Nelle neoplasie mieloproliferative e, fra queste, nella mielofibrosi, risulta che il pathway di BCL-XL sembra essere un po’ più importante di quello di BCL-2», ha spiegato Pemmaraju. «Nella mielofibrosi, BCL-XL sembra essere sovraregolato e quindi studi in vitro hanno dimostrato che navitoclax da solo o, meglio ancora, in combinazione con ruxolitinib può superare la resistenza ai JAK-inibitori e aggiungere un beneficio».

Lo studio TRANSFORM-1 (NCT04472598) è un trial multicentrico internazionale, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, ancora in corso, che ha arruolato pazienti adulti con mielofibrosi a rischio intermedio-2 o alto rischio che presentavano una splenomegalia misurabile, evidenza di sintomi legati alla mielofibrosi, un performance status ECOG non superiore a 2 e che non erano stati trattati in precedenza con JAK-inibitori.

Al 13 aprile 2023 erano stati arruolati 252 pazienti, assegnati secondo un rapporto 1:1 al trattamento con la combinazione navitoclax-ruxolitinib o con ruxolitinib più un placebo. Nel braccio assegnato alla combinazione, navitoclax è stato somministrato a una dose iniziale di 200 mg se la conta piastrinica era superiore a 150 x 109 per litro o, in caso contrario, 100 mg, che venivano poi aumentati a 200 mg, se tollerati e dopo che la conta piastrinica raggiungeva valori superiori a 75 x 109 al litro. Gli autori hanno adottato questa strategia per evitare la trombocitopenia, osservata in precedenti studi sul farmaco. Ruxolitinib è stato somministrato alla dose standard in ciascun braccio, anche se, date le riduzioni di dosaggio che si sono rese necessarie, l’intensità della dose relativa è stata inferiore.

Le caratteristiche dei pazienti

Nel braccio trattato con la combinazione (125 pazienti), l’età mediana dei pazienti era di 70 anni (range: 42-87), mentre in quello di controllo (127 pazienti) era di 69 anni (range:37-85). Il tempo intercorso fra la diagnosi e l’ingresso nello studio era rispettivamente di 8 mesi (range: 0,3-181,6) e 6 mesi (range: 0,3-198,8). La maggior parte dei pazienti in entrambi i bracci, 50% nel braccio sperimentale e 57% in quello di controllo, presentava una mielofibrosi primaria, gli altri presentavano una versione trasformata della mielofibrosi, cioè una mielofibrosi post-policitemia vera o post-trombocitemia essenziale. Il volume mediano della milza all’ingresso era di 1441 cm3 (range: 419-8020) nel braccio assegnato alla combinazione e 1639 cm3 (range: 219-5664) nel braccio di controllo.

Il TSS mediano era pari a 21 (range: 0,1-60,6) nel braccio sperimentale e 24 (range: 6,7-61,6) nel braccio di controllo. I pazienti che al basale erano dipendenti dalle trasfusioni erano una minoranza: rispettivamente il 4% e al 3%. Il punteggio di rischio più comune era intermedio-2 (rispettivamente nell’83% e 87% dei pazienti). La mutazione driver più comune era la JAK2 V617F, presente in circa due terzi dei pazienti in ciascun braccio. Inoltre, quasi la metà dei pazienti presentava mutazioni associate a un alto rischio molecolare, che, ha sottolineato Pemmaraju, sono molto importanti e potrebbero non essere state intercettate in studi precedenti.

Tasso di riduzione del volume splenico superiore con navitoclax-ruxolitinib

Da segnalare anche che nel braccio trattato con la combinazione navitoclax-ruxolitinib è stato riscontrato un tasso significativamente più elevato di SVR35 in tutti i momenti dello studio. Complessivamente, durante tutto lo studio, i pazienti che hanno ottenuto una SVR35 sono stati il 76,8% nel braccio sperimentale contro 41,7% nel braccio di controllo, con una differenza significativa fra i due bracci (IC al 95% 23,6%-45,6%; P < 0,0001).

Il tempo mediano di raggiungimento della SVR35 è risultato simile nei due bracci, e pari rispettivamente a 12,3 settimane (range: 10,1-48,3) e 12,4 (range: 11,3-72,3). Quasi tre quarti dei pazienti in ciascun braccio (rispettivamente il 76,7% e 76,9%) ha mantenuto l’SVR35 per 12 mesi. Invece, nel braccio trattato con la combinazione un numero inferiore di pazienti ha perso la SVR35 rispetto al braccio di controllo (rispettivamente il 18,8% contro 26,4%.

I risultati di safety

Gli effetti avversi di qualsiasi grado sono stati comuni in entrambi i bracci e quelli di grado 3 o superiore hanno avuto un’incidenza rispettivamente dell’85% e 70%. Gli eventi avversi più comuni di grado 3 o superiore sono stati trombocitopenia (51% contro 15%), anemia (46% contro 39%) e neutropenia (38% contro 4%). Per quanto riguarda gli eventi di qualsiasi grado, la diarrea è stata osservata più comunemente con la combinazione rispetto al solo ruxolitinib (34% contro 14%). Invece, gli eventi avversi gravi sono risultati meno comuni con navitoclax-ruxolitinib rispetto a ruxolitinib da solo: 26% contro 32%. Gli eventi avversi che hanno richiesto riduzioni di dosaggio o l’interruzione del trattamento sono risultati due volte più comuni nel braccio trattato con la combinazione.

«È importante sottolineare che le riduzioni di dose e le interruzioni sono state dovute principalmente alla trombocitopenia, ma nessuna di esse è stata dovuta a un sanguinamento clinico», ha sottolineato Pemmaraju.

Bibliografia

N. Pemmaraju, et al. Transform-1: a randomized, double-blind, placebo-controlled, multicenter, international phase 3 study of navitoclax in combination with ruxolitinib versus ruxolitinib plus placebo in patients with untreated myelofibrosis. Blood. 2023;142(suppl 1):620; doi:10.1182/blood-2023-173509. https://ashpublications.org/blood/article/142/Supplement%201/620/502738/Transform-1-A-Randomized-Double-Blind-Placebo