Idrosadenite suppurativa: l’agente sperimentale lutikizumab è promettente


Negli adulti con idrosadenite suppurativa da moderata a grave benefici dal trattamento con l’anticorpo monoclonale sperimentale lutikizumab

I pazienti con idrosadenite suppurativa, una malattia dermatologica che può portare a enormi sofferenze fisiche e psicologiche, hanno un maggior rischio di sviluppare una artrite infiammatoria

Negli adulti con idrosadenite suppurativa da moderata a grave che avevano precedentemente fallito la terapia anti-TNF, il trattamento con l’anticorpo monoclonale sperimentale lutikizumab alla dose di 300 mg a settimane alterne o 300 mg a settimana ha comportato una risposta clinica superiore al placebo dopo 16 settimane, secondo i dati di uno studio di fase II condivisi da AbbVie.

L’idrosadenite suppurativa, chiamata anche acne inversa, è una malattia infiammatoria, cronica, ricorrente e progressiva che provoca danni irreversibili alla pelle e disabilità dovuti alla formazione di cisti dolorose, ascessi e fistole drenanti. Nonostante i recenti progressi nel trattamento, le opzioni terapeutiche disponibili restano limitate. A livello globale la malattia colpisce fino all’1% della popolazione e ricevere una diagnosi corretta richiede in media 7-10 anni.

Lutikizumab è un antagonista sperimentale a doppio dominio variabile dell’interleuchina (IL) 1α/1β studiato in diverse malattie immunomediate, tra cui l’idrosadenite suppurativa, nelle cui lesioni gli studi hanno dimostrato livelli elevati delle due classi della citochina.

Studio su pazienti con malattia grave e fallimento degli anti-TNF
Lo studio multicentrico di fase II, randomizzato, in doppio cieco, a gruppi paralleli, controllato con placebo, della durata di 16 settimane, a dosaggio variabile, ha valutato la sicurezza e l’efficacia di lutikizumab in 153 soggetti adulti con idrosadenite da moderata a grave che avevano precedentemente fallito la terapia anti-TNF. La maggior parte dei pazienti (70,6%) presentava al basale una malattia grave allo stadio 3 di Hurley, la forma più estesa di idrosadenite caratterizzata da cicatrici, lesioni e sinus tracts. I partecipanti sono stati randomizzati al basale per ricevere una delle tre dosi sottocutanee di lutikizumab (100 mg a settimane alterne, 300 mg a settimane alterne o 300 mg alla settimana) oppure placebo.

L’endpoint primario era il raggiungimento di una HS Clinical Response 50 (HiSCR 50, riduzione di almeno il 50% nella conta totale degli ascessi e dei noduli infiammatori senza aumento della conta degli ascessi e delle fistole drenanti rispetto al basale) alla settimana 16, mentre l’endpoint secondario era una risposta NRS30 (riduzione del 30% e di almeno 1 punto rispetto al basale nella scala numerica) relativa al dolore cutaneo alla settimana 16 tra i soggetti con punteggio NRS al basale ≥ 3,1.

Riduzione della gravità e del dolore cutaneo
I pazienti trattati con la dose da 300 mg (ogni una o due settimane) hanno ottenuto tassi più elevati di raggiungimento della risposta clinica HiSCR 50 (rispettivamente 48,7% p nominale=0,197 e 59,5% p nominale=0,027) rispetto al placebo (35,0%) alla settimana 16. Sulla base di questi dati, AbbVie intende far avanzare il programma clinico di lutikizumab alla fase III.

Con questi dosaggi i partecipanti hanno anche ottenuto tassi più elevati di miglioramento del dolore cutaneo NRS30 e di risposta clinica HiSCR 75 rispetto al placebo, mentre alla dose di 100 mg a settimane alterne il farmaco non ha mostrato una maggiore efficacia rispetto al placebo.

Tutte le dosi sono state generalmente ben tollerate. La percentuale di soggetti con eventi avversi emergenti dal trattamento (TEAE) era generalmente simile nei bracci di trattamento combinato con lutikizumab (70,8%) e placebo (75,0%). I più frequenti nel gruppo di trattamento attivo combinato sono stati idrosadenite suppurativa (10,6%), diarrea (8,8%), cefalea (8,8%), prurito (6,2%), dermatite da contatto (5,3%), eczema (5,3%) e rinofaringite (5,3%).

Eventi avversi gravi (SAE) si sono verificati nel 5,3% del gruppo di trattamento combinato con lutikizumab e nel 2,5% nel gruppo placebo. Non sono stati segnalati decessi, né eventi di neutropenia, così come non sono state osservate valutazioni di laboratorio di neutropenia di grado 3 o 4. Nel corso dello studio, è stato segnalato un evento di infezione grave (stomia infetta) con lutikizumab 300 mg a settimane alterne, senza neutropenia associata, ritenuto dallo sperimentatore senza ragionevole possibilità di essere correlato al farmaco in studio. È stato segnalato un caso di linfoma a cellule T (lutikizumab 300 mg ogni settimana) in un paziente con fattori di rischio preesistenti. Non sono stati rilevati trend dose-dipendenti in alcun TEAE, SAE, infezione o infezione grave.

«L’idrosadenite suppurativa comporta oneri elevati che comprendono tempi lunghi per la diagnosi, un dolore significativo, disabilità, isolamento e ridotta qualità della vita» ha affermato Alexa Kimball, ricercatrice dello studio del Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston e professore di dermatologia alla Harvard Medical School. «Questi risultati sono incoraggianti e ci aiutano a comprendere meglio l’uso di lutikizumab nei pazienti con idrosadenite mentre lavoriamo per rispondere alla necessità di ulteriori opzioni terapeutiche per i pazienti che vivono con questa malattia».