Il ruolo della circolazione oceanica nel ciclo del carbonio marino


Spesso trascurato il ruolo fondamentale della circolazione oceanica nel ciclo del carbonio marino: uno studio internazionale colma questa lacuna

ciclo del carbonio

Uno studio italo-tedesco, condotto da un team interdisciplinare dell’Istituto per le scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche di Roma (Cnr-Ismar) e del Geomar Helmholtz Centre  for Ocean Research di Kiel, getta una nuova luce sul processo del ciclo del carbonio marino noto come “pompa biologica del carbonio” (BCP): il meccanismo, cioè, per cui la CO2 presente nell’atmosfera viene “catturata” attraverso la fotosintesi in materiale  organico ed esportata dalle acque superficiali verso le profondità marine, per poi essere ri-trasformata in CO2 di origine biologica, e immagazinata nell’oceano. In questo modo la BCP contribuisce a trasportare la CO2 dalla superficie al fondo e ad accumulare grandi quantità di CO2 nell’oceano profondo, lontano dal contatto con l’atmosfera.

Secondo i  ricercatori, per quantificare tale processo -cruciale nel ridurre i livelli di CO2 presente nell’atmosfera- non è sufficiente misurare il flusso globale di materiale organico esportato in profondità, ma è necessario considerare anche quanta della CO2 di origine biologica ritorna in atmosfera grazie alla circolazione oceanica: la conclusione sfata l’erronea convinzione che vi sia un collegamento diretto tra la cosiddetta “Export Production” e l’accumulo di CO2 di origine biologica (Carbon Storage) nell’oceano profondo.

I ricercatori suggeriscono che una stima, più semplice e diretta, dell’accumulo di CO2 di origine biologica possa essere fatta misurando il contenuto di ossigeno nell’oceano, partendo cioè dal deficit di ossigeno disciolto. “L’oceano svolge un ruolo chiave nell’immagazzinare anidride carbonica; tuttavia, nel determinarne le quantità, spesso viene trascurato il ruolo fondamentale della circolazione oceanica: è quest’ultima infatti che la determina effettivamente quanta CO2 può essere accumulata a lungo termine nell’oceano e isolata dall’atmosfera”, spiega Angela Landolfi, ricercatrice del Cnr-Ismar tra le autrici dello studio. “Proprio le variazioni della circolazione oceanica aiutano a spiegare anche il motivo per cui tale meccanismo si stia oggi intensificando: oggi, infatti, nonostante la diminuzione della produttività biologica indotta dai cambiamenti climatici, l’accumulo di CO2 di origine biologica sta aumentando, e anche questo è un effetto delle mutate circolazioni”.

Ma Landolfi avverte anche che: “L’effetto che contrasta l’aumento della CO2 atmosferica derivante dalla pompa biologica del carbonio è purtroppo poca cosa, se confrontato con le emissioni antropogeniche di CO2 dai combustibili fossili”.

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