I 5 tool indispensabili per gestire il capitale relazionale


Quali sono i  5 tool indispensabili per gestire il capitale relazionale secondo Benedetto Buono, founding partner della boutique di consulenza Buono & Partners

benedetto buono

Il capitale relazionale, che è costituito dai legami sociali che interconnettono persone e organizzazioni e che producono vantaggi individuali e collettivi e che è a tutti gli effetti una forma di capitale (alla stessa stregua del capitale finanziario e di quello tecnologico), è il vero valore aggiunto per innovare e competere nell’odierno scenario, caratterizzato da cambiamenti velocissimi e incertezza. il capitale relazionale è di fatto un asset intangibile che, se correttamente e strategicamente gestito, può quindi diventare un fattore critico di successo ed essere l’elemento chiave alla base del vantaggio competitivo, oltre che un formidabile canale per scambiare valori e conoscenza, creando così nuove opportunità.

“Oggi, la gestione del capitale relazionale non può essere più una tantum e demandata all’improvvisazione e all’iniziativa dei singoli, ma è necessario avvalersi del supporto della tecnologia, in quanto consente di strutturarne la gestione, organizzando e analizzando in profondità informazioni, dati e potenziali opportunità derivanti dagli stessi, non altrimenti individuabili” spiega Benedetto Buono, founding partner della boutique di consulenza strategico-relazionale Buono & Partners e direttore del Professional Program in Business Networking della POLIMI Graduate School of Management. La tecnologia, infatti, consente di essere più veloci ed efficaci nel retrieve informativo, a vantaggio dell’operatività e del raggiungimento del risultato finale, che dovrebbe sempre essere associato a specifici obiettivi misurabili. Grazie alla mappatura degli stakeholder chiave, delle community e dei social network, è possibile avere un accesso agile e preciso a informazioni di dettaglio, consentendo, ad esempio, di leggere prima dei competitors determinati fenomeni, agendo di conseguenza. Altre piattaforme digitali, invece, mettono in relazione e analizzano i dati provenienti – tra gli altri – tanto da fonti pubbliche quanto proprietarie, fornendo potenzialmente all’organizzazione che le adotti un importante vantaggio strategico. Ancora, il ricorso a piattaforme di ingegneria relazionale può velocizzare il processo di targeting e reaching di determinati soggetti target, a tutto vantaggio dell’operatività aziendale, così come, dal punto di vista interno all’organizzazione, esistono dei tool in grado di analizzare l’attitudine delle proprie persone ad utilizzare le relazioni, supportandone inoltre lo sviluppo mediante programmi dedicati, anche AI powered.

Ma che piattaforme si possono utilizzare per gestire al meglio il capitale relazionale? Ecco le 5 selezionate da Buono & Partners – tutte diverse tra loro per utilizzo e funzionalità – per pianificare, utilizzare e monitorare il capitale relazionale stesso all’interno delle organizzazioni.

  1. Kumu (https://kumu.io): si tratta di uno strumento che elabora e organizza dati complessi in mappe relazionali di immediata lettura. Consente la mappatura degli stakeholder, dei social network, delle community e dei concetti. ”Lo stakeholders mapping è fondamentale: si pensi ad esempio ad organizzazioni complesse, che hanno relazioni multi-stakeholders, sia a livello locale che internazionale. Sapere chi sono questi stakeholders, che caratteristiche hanno, perché sono in contatto con la specifica organizzazione e quali dati e informazioni si sono scambiati ha un valore enorme a livello strategico e può essere fatto soltanto mediante l’ausilio di strumenti digitali ad hoc” spiega Buono.

  1. KMIND (https://www.kmind.it), è un software on-premises (per una più sicura gestione e archiviazione delle informazioni) basato su una piattaforma unica e integrata che mira a migliorare la gestione delle relazioni tra grandi organizzazioni (profit e no profit) e decisori pubblici, grazie a un meccanismo che ne garantisce la trasparenza e la misurabilità. I dati provenienti sia dall’interno che dall’esterno dell’azienda vengono messi in relazione ed analizzati grazie ad un sistema di business intelligence, AI powered, che ne consente inoltre l’archiviazione per permetterne l’utilizzo a fini strategici. È una piattaforma particolarmente adatta al knowledge management nel settore dei public affairs, soprattutto per quelle grandi organizzazioni che hanno sempre più bisogno di rendicontare ai propri stakeholders gli investimenti e i ritorni relativi al capitale relazionale della propria organizzazione.

  1. Enterprise Alumni (https://enterprisealumni.com): si tratta di una piattaforma che ottimizza le connessioni all’interno delle community, aumentando l’engagement e generando valore e scambio positivo di informazioni. Fondamentalmente, piattaforme come questa sono dei CRM (Customer Relationship Management) declinati specificatamente sull’organizzare, gestire e produrre reportistica di informazioni relative ai membri di communities – più o meno chiuse o comunque identificabili nei valori associativi – utili a grandi organizzazioni per gestire il proprio capitale umano (ad esempio, gli alumni delle business school).

  1. RelSci (https://relsci.com): anche in questo caso, come per Kumu, si tratta di uno strumento di stakeholder mapping che aiuta a mappare la rete di connessioni di un’organizzazione, gestendo al meglio anche grandi volumi di informazioni, perfetto nel caso di grandi aziende. “Pensiamo ad esempio al caso di dover ricostruire uno shareholding tree nel caso di un M&A: sapere chi sono tutti i soci di una determinata azienda (ad esempio, quando non quotata) e a chi fanno capo in ultima istanza, può aiutare in tutte le fasi, dall’origination del deal e fino alle fasi di due diligence e closing” spiega Buono. Sostanzialmente, sono veri e propri software di ingegneria relazionale, che aiutano i decisori aziendali a individuare i key stakeholders necessari per raggiungere un certo obiettivo di business e a ottimizzare il relational path per mettersi in connessione con gli stessi.

  1. Business Networking Attitude Test (https://www.eggup.it/en/project/business-networking-attitude/). Il BNAT è uno strumento unico nel suo genere ed è un asset co-sviluppato da Buono & Partners. Si tratta di un questionario che indaga una serie di soft skills, aiutando ad esplorare le competenze ritenute chiave per un networker, insieme alle cinque dimensioni del Modello dei Big Five teorizzato a metà del ‘900 da Robert R. McCrae e Paul T. Costa. Strumenti digitali come questo supportano le organizzazioni a comprendere quanto e a che livello sono disponibili, al loro interno, le competenze relazionali e quanto, eventualmente, occorre lavorare al loro sviluppo per raggiungere il livello ritenuto più soddisfacente e in linea con gli obiettivi da raggiungere. Il BNAT è uno degli strumenti di assessment usati da Eggup, piattaforma digitale di stampo HRTech per la valutazione e il miglioramento delle competenze trasversali del personale fondata nel 2013 a Roma proprio da Benedetto Buono, e acquistata nel 2022 da Zucchetti.

Oltre a queste cinque piattaforme ne esistono molte altre che, tuttavia, sono spesso conosciute da nicchie di professionisti e ancora poco mainstream. Inoltre, è sempre utile avvalersi anche di tool per la mappatura “self made” dei contatti, come ad esempio il famosissimo Excel di Microsoft, così come piattaforme di network analysis (o social network analysis, da non confondersi però con l’omonima attività rivolta all’analisi delle piattaforme social digitali, seppur molte logiche di base siano assimilabili). Le varie tipologie di piattaforme viste (per l’ingegneria relazionale, per il knowledge management, per il business development e il social selling) possono oggi rappresentare un valido aiuto nella gestione del business a 360 gradi, ma anche per la conservazione e lo scambio di informazioni e dati (di contatto o più complessi). Tali strumenti trovano il complemento ad uno quando utilizzati in connubio con metodi quantitativi e qualitativi di analisi dello stato relazionale delle organizzazioni, come, per esempio, le ONA (Organizational Network Analysis). Nello specifico, l’analisi delle reti organizzative costituisce un approccio quantitativo finalizzato all’esplorazione del flusso di comunicazioni, informazioni, decisioni e risorse all’interno di un’organizzazione. Questa metodologia si applica in diversi ambiti, quali la gestione aziendale e le discipline delle scienze sociali e comportamentali. Gli esperti ricorrono all’ONA per ottenere una comprensione approfondita delle dinamiche relazionali che incidono sull’efficacia sia di gruppi che di individui all’interno del contesto organizzativo.

“In conclusione, risulta evidente come sia imprescindibile per un’organizzazione – soprattutto oggi, alla luce dell’avvento dell’AI – investire e dotarsi di diversi strumenti digitali di gestione delle relazioni, sia per una questione puramente pratica e di organizzazione delle attività, sia per assicurarsi un vantaggio strategico importante rispetto ai competitor, creando solidi ecosistemi di partnership, attivando canali di comunicazione alternativi e allineando gli interessi dei diversi stakeholders in ogni fase del business. Noi di Buono & Partners accompagniamo costantemente organizzazioni di ogni dimensione nella selezione e adozione dei migliori strumenti digitali che possano aiutarle nella gestione strategica del proprio capitale relazionale.” conclude Benedetto Buono.