Antipertensivi: stessa efficacia per diuretici tiazidici, calcio-antagonisti e ACE-inibitori


Antipertensivi, l’analisi dello studio ALLHAT evidenzia pari efficacia tra diuretici tiazidici, calcio-antagonisti e ACE-inibitori

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Il follow-up passivo per ben 23 anni dopo la randomizzazione dello studio ALLHAT, trial di confronto tra vari agenti antipertensivi, rivela risultati simili ai risultati primari dello studio, secondo un articolo pubblicato su “JAMA Network Open”.

I ricercatori, con Jose-Miguel Yamal e Barry Davis, entrambi della UTHealth School of Public Health di Houston, rispettivamente quali primo autore e autore senior, riferiscono che i tassi di mortalità cardiovascolare non differivano significativamente tra i pazienti randomizzati al trattamento iniziale con un diuretico di tipo tiazidico, un calcio-antagonista o un ACE-inibitore, senza differenze per la maggior parte degli esiti secondari.

Sebbene l’uso di un ACE-inibitore sia stato associato a maggiori rischi di mortalità per ictus e ospedalizzazione per ictus fatale/non fatale rispetto all’uso di un diuretico, tali relazioni diventavano non significative dopo aver tenuto conto di più confronti.

Poiché c’è stato un investimento notevole di risorse per condurre lo studio, i ricercatori hanno creduto che sarebbe valsa la pena spendere di più per eseguire un follow-up esteso e passivo. Questi nuovi risultati, riportano gli autori, sono coerenti con ciò che è stato osservato nei risultati dello studio primario pubblicati nel 2002, con un follow-up medio di 4,9 anni, e in un’analisi precedente che aveva esteso il follow-up di altri 4 anni.

Il team coordinato da Davis riconosce che, dopo la fine del periodo iniziale dello studio, i pazienti non erano più sottoposti a un esperimento controllato e sarebbero andati in direzioni diverse in termini di trattamento e monitoraggio, il che avrà influenzato i risultati di uno studio di follow-up esteso come questo.

Ma con così tanto lavoro fatto nello studio di varie classi di agenti antipertensivi nel corso degli anni, si trae una lezione generale, sostengono Davis e colleghi. «La cosa più importante è controllare la pressione arteriosa. I farmaci prescritti possono essere messi a punto, . . . ma la cosa più importante è che la pressione arteriosa sia controllata».

Analisi prespecificata con follow-up medio di 13,7 anni
Lo studio ALLHAT ha incluso pazienti di età pari o superiore a 55 anni ai quali era stata diagnosticata ipertensione arteriosa e avevano una storia documentata di CVD, aterosclerosi e/o almeno un altro fattore di rischio di malattia coronarica.

I ricercatori hanno inizialmente randomizzato i pazienti a quattro gruppi di trattamento iniziali: diuretico di tipo tiazidico (clortalidone), calcio-antagonisti (amlodipina), ACE-inibitore (lisinopril) o alfa-bloccante (doxazosina). Tuttavia, il braccio alfa-bloccante è stato interrotto precocemente a causa di un maggiore rischio di eventi cardiovascolari ed è stato quindi escluso dal follow-up prolungato.

L’attuale analisi prespecificata, con un follow-up medio di 13,7 anni (massimo 23,9 anni), ha incluso 15.002 pazienti in terapia con clortalidone, 8.898 con amlodipina e 8.904 con lisinopril. Il follow-up passivo è stato eseguito esaminando i dati amministrativi provenienti da fonti che includevano il National Death Index, la Social Security Administration e il Center for Medicare & Medicaid Services.

Le informazioni sulla mortalità per tutte le cause erano disponibili per tutti i pazienti (età media 66,9 anni; 46,9% donne), con dati di morbilità disponibili per un sottogruppo di 22.754 pazienti (età media 68,7 anni; 56,1% donne).

L’endpoint primario di questa analisi era la mortalità cardiovascolare, con tassi per 100 partecipanti di 23,7, 21,6 e 23,8 rispettivamente per i gruppi diuretico, calcio-antagonista e ACE-inibitore. Rispetto al clortalidone, i rischi non erano diversi da quelli dell’amlodipina (HR aggiustato 0,97; IC 95% 0,89-1,05) o di lisinopril (HR aggiustato 1,06; IC 95% 0,97-1,15).

Anche i rischi a lungo termine di vari esiti secondari non differivano tra i gruppi di trattamento, sebbene il lisinopril fosse associato a maggiori rischi di mortalità per ictus (HR aggiustato 1,19; IC 95% 1,03-1,37) e ictus ospedalizzato fatale/non fatale (HR aggiustato 1,11; IC 95% 1,03-1,20) rispetto al clortalidone. Queste differenze non erano più significative dopo aggiustamento per i confronti multipli eseguiti.

«Abbiamo interpretato l’entità delle HR per coerenza con l’analisi in-trial e con la precedente analisi post-trial impiegando particolare cautela» scrivono i ricercatori. «Tuttavia, con 11 anni di follow-up passivo aggiuntivo (2006-2017), i risultati per lisinopril rispetto al clortalidone per ictus e mortalità per ictus sono quasi gli stessi».

Davis e colleghi ribadiscono quanto sia fondamentale abbassare la pressione arteriosa utilizzando qualsiasi farmaco sia efficace per un determinato paziente. E sebbene i diuretici abbiano conseguito avuto «una brutta ‘reputazione’» a causa di un aumento associato della glicemia in alcuni pazienti, sostengono che i medici non dovrebbero scartarli come opzione. «Sono farmaci molto potenti, eccellenti nell’armamentario terapeutico per cercare di ridurre la pressione arteriosa, e dovrebbero sempre essere presi in considerazione».

Cambiata negli anni la strategia terapeutica, ora personalizzata
ALLHAT è stato uno studio di riferimento nel regno dei farmaci antipertensivi, commenta Daniel Duprez, dell’Università del Minnesota, a Minneapolis, membro del gruppo di lavoro sull’ipertensione all’interno della sezione di prevenzione delle malattie cardiovascolari dell’American College of Cardiology.

Ma molto è cambiato nel panorama del trattamento dell’ipertensione da quando lo studio è iniziato nel 1994, afferma Duprez, sottolineando una maggiore attenzione al danno d’organo bersaglio associato agli obiettivi di pressione più bassa secondo le attuali linee guida. Inoltre, aggiunge, ALLHAT includeva pazienti di età pari o superiore a 55 anni, mentre ora il trattamento dell’ipertensione verrebbe iniziato in età più precoce. Duprez si mostra cauto anche nell’interpretare i risultati di questo studio di follow-up, dato che molto sarebbe cambiato circa la gestione dell’ipertensione dei pazienti dopo la fine del periodo iniziale del trial.

Forse l’aspetto più importante, sottolinea, è che attualmente è molto più comune far iniziare ai pazienti una terapia di combinazione – spesso in una singola pillola per ridurre la scomodità di assumere più farmaci – piuttosto che prescrivere all’avvio una monoterapia per poi aggiungerne un’altra, se necessario. «Ora la tendenza è quella di adattare i farmaci antipertensivi in funzione del singolo paziente» precisa Duprez.

Il messaggio chiave per i medici è che «la diminuzione assoluta [cioè, non relativa] della pressione arteriosa è molto importante» dichiara Duprez, sottolineando anche la necessità di porre attenzione allo stesso tempo ad altri fattori di rischio per lo sviluppo di malattia coronarica, come l’albuminuria.

Fonte:
Yamal JM, Martinez J, Osani MC, Du XL, Simpson LM, Davis BR. Mortality and Morbidity Among Individuals With Hypertension Receiving a Diuretic, ACE Inhibitor, or Calcium Channel Blocker: A Secondary Analysis of a Randomized Clinical Trial. JAMA Netw Open, 2023;6(12):e2344998. doi: 10.1001/jamanetworkopen.2023.44998. leggi