Troppo sale nel piatto aumenta il rischio di diabete di tipo 2


Una maggiore frequenza nell’aggiunta di sale agli alimenti è significativamente associata a un rischio più elevato di diabete di tipo 2

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Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Mayo Clinic Proceedings, una maggiore frequenza nell’aggiunta di sale agli alimenti è significativamente associata a un rischio più elevato di diabete di tipo 2, supportando il fatto che ridurre il consumo di sale può fungere da potenziale approccio di intervento comportamentale per prevenire la malattia metabolica.

L’assunzione di sodio è essenziale per la salute umana dato che svolge diverse funzioni fisiologiche come il mantenimento dell’equilibrio dei liquidi e dell’omeostasi cellulare, così come l’assorbimento dei nutrienti. Evidenze provenienti da studi osservazionali, su animali e studi clinici hanno dimostrato che un elevato consumo di sodio rappresenta un grave fattore di rischio dietetico per lo sviluppo di ipertensione.

Il diabete di tipo 2 e l’ipertensione spesso coesistono e condividono molti fattori di rischio comuni, come l’obesità, una insufficiente attività fisica e una dieta non salutare. Tuttavia pochissimi studi hanno indagato l’associazione dell’assunzione di sodio con il rischio di diabete, in gran parte per via della mancanza di misurazioni affidabili del sodio alimentare. «Per quanto ne sappiamo solo due studi condotti su una coorte finlandese l’hanno valutata prospetticamente, identificando un’associazione a forma di J tra l’escrezione urinaria di sodio nelle 24 ore e il rischio di diabete di tipo 2 (che significa un’associazione per un introito sia elevato che basso di sodio rispetto all’assunzione moderata)» hanno premesso gli autori.

«Curiosamente i nostri studi recenti e diversi studi precedenti hanno scoperto che la frequenza dell’aggiunta di sale agli alimenti non solo è un’utile misura dell’assunzione di sodio, ma riflette anche la preferenza a lungo termine del gusto del sale di una persona e l’assunzione di sodio nella dieta occidentale» hanno scritto. «Abbiamo trovato un’associazione graduale tra la frequenza di aggiunta di sale agli alimenti e la concentrazione stimata dell’escrezione di sodio nelle 24 ore. Abbiamo anche scoperto che la frequenza di aggiunta di sale agli alimenti era significativamente correlata ai rischi di mortalità prematura e di malattie cardiovascolari. Nel complesso questi risultati indicano che la frequenza di aggiunta di sale agli alimenti può essere un efficace indicatore surrogato per valutare l’assunzione di sodio a lungo termine».

Analisi della correlazione tra aggiunta di sale al cibo e rischio di diabete
Tuttavia nessuno studio ha valutato se la frequenza dell’aggiunta di sale al cibo sia correlata al rischio di diabete di tipo 2. Pertanto i ricercatori hanno studiato le associazioni tra la frequenza di aggiunta di sale agli alimenti e il rischio di diabete in oltre 400mila adulti provenienti dallo studio UK Biobank.

Inoltre, dato che evidenze precedenti hanno dimostrato che un’elevata assunzione di sodio può indurre obesità e alti livelli di infiammazione, e che entrambi sono strettamente correlati al rischio di diabete di tipo 2, hanno anche esaminato se l’associazione tra aggiunta di sale e rischio di diabete di tipo 2 era mediata da adiposità o infiammazione.

«Sappiamo che limitare il consumo di sale può ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e ipertensione, ma questo studio mostra per la prima volta che può anche aiutare a prevenire il diabete di tipo 2» ha affermato l’autore senior Lu Qi, professore presso la Tulane University School of Public Health and Tropical Medicine.

Ridurre il consumo di sale potrebbe avere un impatto enorme sulla salute
Ai partecipanti, di età compresa tra 37 e 73 anni, è stato somministrato un questionario al basale chiedendo quanto spesso aggiungevano sale agli alimenti, con le opzioni “mai o raramente”, “a volte”, “di solito” e “sempre”.

Complessivamente sono stati documentati 13.120 episodi di diabete di tipo 2 durante un follow-up mediano di 11,9 anni. Rispetto a coloro che non aggiungevano mai o raramente sale al cibo, i rapporti di rischio (HR) aggiustati erano:

  • 1,11 per quanti aggiungevano sale a volte
  • 1,18 per quanti aggiungevano sale di solito
  • 1,28 per quanti aggiungevano sempre sale al cibo.

I ricercatori non hanno identificato nessun legame significativo tra la frequenza del consumo di sale e l’ipertensione o altri fattori di rischio per il diabete di tipo 2. Tuttavia indice di massa corporea (BMI), rapporto vita-fianchi e proteina C-reattiva hanno mediato l’associazione osservata rispettivamente per il 33,8%, 39,9% e 8,6%. L’effetto mediato dal BMI è stato determinato dalla massa grassa corporea piuttosto che dalla massa magra.

Secondo Qi sono necessarie ricerche future per determinare le cause alla base dell’associazione, ma il consumo di sale può portare le persone a mangiare porzioni più grandi di cibo, aumentando così il rischio di fattori come l’infiammazione e l’obesità. «In definitiva, il passaggio a condimenti a basso contenuto di sodio non è un cambiamento difficile da apportare, ma potrebbe avere un impatto enorme sulla salute» ha concluso.

Referenze

Wang X et al. Dietary Sodium Intake and Risk of Incident Type 2 Diabetes. Mayo Clin Proc. 2023 Oct 11:S0025-6196(23)00118-0. 

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