Vaccinazioni nella donna in gravidanza: una scelta consapevole


L’argomento vaccinazioni nella donna in gravidanza è di grande rilevanza per la salute pubblica, ma spesso non viene sfruttato appieno come un’opportunità concreta

medico e donna in gravidanza

L’argomento vaccinazioni nella donna in gravidanza è di grande rilevanza per la salute pubblica, ma spesso non viene sfruttato appieno come un’opportunità concreta. È quanto è emerso dalla relazione della professoressa Anna Odone durante la conferenza nazionale straordinaria di sanità pubblica della SItI, tenutasi a Cernobbio.

Nel contesto dello studio Navidad (Nozioni e Attitudini sui Vaccini dell’Infanzia nelle Donne in Attesa e loro Decisioni), coordinato dall’Università di Pavia, sono stati raccolti dati sulla vaccinazione in gravidanza dal punto di vista delle donne in attesa. Attualmente è in corso la seconda edizione dello studio Navidad, ma dai dati raccolti nella prima edizione nel 2016 emerge che solo il 9% delle donne in gravidanza aveva piena fiducia nell’efficacia, sicurezza e utilità dei vaccini.

Un concetto importante da accettare è che esiste un’opportunità duplice per la salute con le vaccinazioni in gravidanza. Questo approccio unico nelle vaccinazioni riguarda non solo la protezione della donna in gravidanza ma anche quella del nascituro. Le vaccinazioni in gravidanza consentono, infatti, di fornire una protezione precoce al neonato, il cui sistema immunitario è ancora in via di sviluppo e passa attraverso una fase di vulnerabilità nei confronti delle malattie infettive.

Abbiamo dati epidemiologici provenienti da diverse nazioni, sia ad alto che a basso reddito, che mostrano la diffusione e la patologia associata a diverse malattie infettive. Ad esempio, i dati americani sottolineano il rischio di complicanze e l’incidenza di patologie come lo streptococco del gruppo B o la pertosse nei primi giorni e mesi di vita del neonato.

Analogamente, analizzando il burden delle patologie acute delle basse vie respiratorie a livello epidemiologico è noto che il 60% di tutti i bambini, per esempio, vengono infettati dal virus respiratorio sinciziale (RSV) entro il primo anno di vita e che questo microrganismo è responsabile di quasi un quarto degli episodi di infezioni respiratorie acute nei bambini piccoli.

“Quindi, avere a disposizione, come avremo nel prossimo futuro, degli strumenti di protezione anche nei confronti di questa infezione è una cosa molto importante” precisa la prof.ssa Anna Odone, professore ordinario di Igiene presso l’Università di Pavia. Infatti, a livello europeo è stato approvato da poco anche un nuovo vaccino contro l’RSV che sarà presto disponibile anche in Italia.

I dati epidemiologici dimostrano che l’intervento “Early Enough” può contribuire significativamente alla protezione nei primi giorni e mesi di vita dei neonati. Ad esempio, il 45% delle ospedalizzazioni per l’RSV si verifica nei primi tre mesi di vita, sottolineando la validità della vaccinazione in gravidanza.
Tuttavia, le raccomandazioni possono variare da paese a paese in base all’epidemiologia e alle strategie di fornitura del vaccino.

Dati raccolti in un articolo pubblicato nel 2020 da Science proiettano nel tempo quello che è l’andamento della preparazione immunitaria nel neonato e indicano come questa venga supportata dalla disponibilità di anticorpi materni forniti attraverso l’immunizzazione della donna in gravidanza.

“Quindi, è corretto parlare di immunizzazione materna per proteggere i neonati dalla nascita e conosciamo bene i meccanismi biologici che consentono questa protezione; vi è una trasmissione per via transplacentare di immunoglobuline al nascituro che è efficace nei confronti di diverse patologie” ha aggiunto la prof.ssa Odone.

Il meccanismo di passaggio verticale di immunoglobuline attraverso la circolazione placentare è noto e fornisce anche delle indicazioni rispetto alla tempistica della vaccinazione in gravidanza.

Infatti, il trasferimento di anticorpi è minimo nel primo trimestre ma, verso le 30 settimane di gestazione, i livelli soprattutto di alcune immunoglobuline raggiungono percentuali alte e in una gravidanza sana, a termine, quindi, oltre la 37a settimana, la concentrazione di anticorpi materni nel sangue fetale raggiunge e supera la concentrazione nel sangue materno.

Inoltre, l’efficienza del trasferimento degli anticorpi dipende da alcuni fattori: 1) la presenza di titoli anticorpali materni specifici per alcuni antigeni; 2) le sottoclassi di immunoglobuline; 3) l’età gestazionale, che influenza quelle che sono le raccomandazioni delle tempistiche di alcune vaccinazioni in gravidanza; 4) la presenza di patologie materne; 5) l’integrità placentare.

Quindi, le evidenze scientifiche e le conoscenze che abbiamo ormai da molto tempo sull’immunologia fanno sì ci siano delle raccomandazioni sulle vaccinazioni raccomandate in gravidanza, in particolare per influenza, pertosse, tetano, e negli ultimi anni di vaccinazione covid-19.

Ovviamente, queste raccomandazioni sono declinate poi in diversi contesti nazionali nelle diverse schedule sulla base dell’epidemiologia e delle strategie di offerta.

“Per quanto concerne l’influenza, in Italia la raccomandazione è di somministrare il vaccino in qualunque momento durante la gravidanza; per il tetano e la pertosse il vaccino viene raccomandato e offerto tra la 27esima e la 36esima settimana e per il Covid la vaccinazione è raccomandata durante la gravidanza, sia come ciclo di vaccinazione primario sia come dosi di richiamo.

Nell’ultima circolare sulle vaccinazioni covid ministeriali, le donne in gravidanza sono tra i gruppi prioritari per la nuova campagna” ha spiegato la prof.ssa Odone.

Le raccomandazioni sono diverse tra i diversi Paesi quindi quelle italiane sono leggermente diverse dagli Stati Uniti e anche da quelle di altri Paesi in Europa.

“Noi igienisti siamo interessati a che il vaccino arrivi alle persone a cui è raccomandato e quindi dobbiamo verificare se l’uptake vaccinale conferisce davvero una protezione alla madre e al nascituro e quindi vanno analizzate le coperture.

Tuttavia, c’è un problema nella copertura vaccinale delle donne in gravidanza, poiché queste coperture non sono adeguatamente monitorate a livello regionale o nazionale italiano” ha proseguito la prof.ssa Odone.
Dati dell’ECDC, non recentissimi, che raccoglievano solo Paesi membri e precisamente nove monitoraggi di vaccino antiinfluenzale nelle donne in gravidanza, evidenziavano tassi di copertura antinfluenzale molto variabili.

Dati sulla copertura antiinfluenzale spagnoli raccolti da registri di cartelle cliniche di donne in gravidanza mostrano un tasso di copertura molto basso di circa il 7%.

Altri dati spagnoli, anche relativi alle vaccinazioni per tetano e pertosse, raccolti da casistica e da registri di cartelle, sottolineano che per questa vaccinazione abbiamo dei tassi di copertura che possono essere sicuramente migliorati.

In Italia, in cui la vaccinazione nella donna in gravidanza è raccomandata per Tdap, influenza e Covid, non abbiamo un sistema di raccolta puntuale e per avere dei dati si fa riferimento a compilazioni sporadiche in diversi contesti regionali che forniscono una indicazione non complessiva delle coperture sia per l’influenza che per tetano e pertosse.
Questi dati comunque evidenziano che esiste un problema di sanità pubblica legato a un’opportunità di vaccinazione mancata.

Cosa fare?
Per affrontare queste sfide, è necessario concentrarsi sia sull’offerta che sulla domanda di vaccinazioni. Dall’offerta, è importante organizzare servizi per le donne in gravidanza e integrare la prevenzione vaccinale nei corsi preparto. Dalla parte della domanda, è essenziale sensibilizzare e informare le donne in gravidanza, così come coinvolgere i medici, in particolare i ginecologi, nell’educazione sulle opportunità di vaccinazione.
“Noi, per esempio, che da poco sul territorio di Pavia lavoriamo con i servizi consultoriali ci siamo accorti sul lato dell’offerta che lì dove le donne potrebbero essere intercettate, di fatto non vengono intercettate. Ad esempio, la prevenzione vaccinale non fa parte dei contenuti dei corsi preparto che tutte le donne e anche i mariti fanno e questo, secondo me, è un’opportunità di sanità pubblica certamente mancata” sottolinea la prof.ssa Odone.

La collaborazione con le donne in gravidanza in studi sperimentali e l’approccio mirato all’esitazione vaccinale in questa popolazione sono ulteriori strategie da considerare. In definitiva, migliorare la copertura vaccinale delle donne in gravidanza è essenziale per proteggere sia la madre che il neonato fin dalla nascita.