Epatite Delta: nel mondo più di dieci milioni di pazienti


Epatite delta: il 57% della spesa a carico della malattia riguarda costi sanitari diretti, la maggior parte dei quali è relativa ai ricoveri ospedalieri

L’Epatite Delta è, tra le diverse epatiti, la più severa in quanto progredisce assai rapidamente, fino a 10 volte di più rispetto all’Epatite B: arriva una nuova terapia

In occasione del XLIV Congresso nazionale della SIFO (Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie), recentemente svoltosi a Roma, si è tenuto l’evento dal titolo “Innovazione nel trattamento dell’HDV, la meno conosciuta ma la più aggressiva tra le epatiti virali”.

Organizzato da Gilead, l’incontro ha fatto il punto sull’epatite Delta, la forma di epatite virale più grave e a più rapida progressione, con un elevato rischio di evoluzione verso la cirrosi e complicanze come lo scompenso epatico e l’epatocarcinoma.

L’epatite Delta cronica può presentarsi solo in chi è già affetto da epatite B. Nel mondo si stima siano circa 10 milioni gli individui attualmente co-infettati da entrambi i virus, mentre in Italia la prevalenza di questa doppia infezione riguarda circa il 5-9% della popolazione.

Recentemente, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato la rimborsabilità del farmaco bulevirtide per il trattamento dell’infezione cronica da virus dell’epatite Delta (HDV) in pazienti adulti. Bulevirtide è dunque la prima terapia specifica approvata per questa grave forma di epatite dalla scoperta del virus HDV, avvenuta nel 1977.

A moderare l’incontro la Dirigente farmacista, Responsabile Farmacia Cotugno, A.O. dei Colli di Napoli, Micaela Spatarella, e il Direttore Ceis, Università Tor Vergata di Roma e Presidente SIHTA, Francesco Saverio Mennini, che si è soffermato sull’impatto economico e sociale dell’epatite Delta sul sistema sanitario. “È un impatto importante – ha affermato – perché dobbiamo tener conto che circa il 57% della spesa a carico di questa malattia riguarda i costi diretti sanitari, all’interno dei quali la maggior parte, pari a circa 14 milioni di euro, è relativa ai ricoveri ospedalieri, su una fascia di popolazione compresa, nella maggior parte dei casi, fra i 45 e i 65 anni di età, quindi in piena età lavorativa. Questo significa che oltre al costo a carico del Sistema sanitario nazionale abbiamo costi sociali importanti che sono riferiti alla perdita di produttività, visto che la maggior parte dei pazienti è ricompresa in piena età lavorativa”.

Oltre a parlare dell’arrivo di terapie efficaci che hanno cambiato la gestione e il paradigma di cura di questa forma di epatite, il professor Mennini ha fatto luce su quali potrebbero essere gli interventi da prevedere per ridurre ulteriormente il burden sul Servizio Sanitario Nazionale. “Sicuramente – ha proseguito – oltre la diagnosi precoce vi sono anche una presa in carico precoce e, soprattutto, un modello organizzativo e gestionale di presa in carico del paziente che sia omogeneo su tutto il territorio nazionale, in maniera tale da garantire un accesso rapido a terapie efficaci che, tra l’altro, studi recenti hanno dimostrato anche essere costo-efficaci”.

Nel corso dell’evento, Anna Maria Geretti, Scuola di Specializzazione in Malattie Infettive, Università degli Studi di Roma Tor Vergata, ha parlato di “Epatite Delta: dall’infezione alla nuova strategia terapeutica bulevirtide”, mentre Paolo Faccendini, Direttore UOC farmacia, INMI Lazzaro Spallanzani IRCCS di Roma, ha incentrato il proprio intervento sul tema “La gestione di bulevirtide: l’esperienza dell’Ospedale Spallanzani di Roma”.

La parola è poi passata ad Andrea Marcellusi, EEHTA – CEIS, Università Tor Vergata di Roma, che ha acceso i riflettori sul primo studio italiano di ‘cost consequence’ sull’epatite Delta realizzato per valutare il carico del burden causato da questa patologia. “Nel nostro studio – ha spiegato- abbiamo cercato di individuare, attraverso i dati di real world e i dati di letteratura, quanti pazienti siano affetti da epatite Delta e quanto costino per il sistema sanitario. È emerso che circa 2000 pazienti sono affetti da epatite Delta in Italia e hanno un costo di circa 37 milioni di euro, un burden economico importante, di cui la metà per costi legati alla perdita di produttività dei pazienti”.

Ma in quale modo l’arrivo di bulevirtide ha modificato il ‘burden of disease’? “Attraverso questa analisi – ha concluso Marcellusi – abbiamo fatto una simulazione, guardando come un intervento innovativo sia in grado di ridurre il peso gestionale ed economico dei pazienti con epatite Delta. Nella nostra simulazione con bulevirtide siamo riusciti a dimostrare che circa il 10% dei costi diretti e indiretti sono in grado di essere ridotti grazie all’intervento sanitario innovativo: ovvero, rispetto all’investimento necessario per il nuovo farmaco siamo in grado di ottenere risultati di efficacia che sono anche costo-efficaci”.