È un libro carico di pathos e di echi lontani il primo romanzo di Micòl Mei, “Il richiamo del dirupo”, in libreria per Miraggi Edizioni
Un romanzo che sarebbe difficile inserire nei limiti dettati dai generi letterari, ma se è vero che per infrangere le regole narrative occorre avere chiare le strutture proprie del romanzo, Micol Mei quelle regole sembra conoscerle a fondo: perciò l’organizzazione della storia, il meccanismo originale e straordinario che l’autrice mette in moto, risulta perfettamente riuscita.
Il Richiamo del dirupo è stato spesso riconosciuto come un romanzo giallo, ma non è con non la risoluzione di un mistero che avranno a che fare i personaggi della storia raccontata da Micol Mei. Di certo, l’alone cupo ed enigmatico che avvolge l’intera narrazione potrebbe portare il lettore a credere che si trovi davanti a un libro giallo, presto però egli scoprirà di esser stato quasi ingannato.
L’ambientazione del Richiamo del dirupo
Il Richiamo del dirupo racconta di una villa abbandonata che, dall’alto di un dirupo su cui è collocata, volge sull’immensità del mare davanti a sé. È Il Pallido Rifugio, una decadente residenza che Felice Hernandez, misterioso proprietario, decide di affittare a titolo gratuito a una sequela di bizzarri personaggi. Come unico pegno essi dovranno accettare di documentare con fedeltà il loro soggiorno sulle pagine di un diario. Al lettore, subito dopo aver incontrato la suggestiva ambientazione che accompagnerà la narrazione, viene immediato chiedersi da dove provenga questo luogo, se il Pallido rifugio sia solo un espediente inventato dall’autrice, oppure se trovi riscontro nella realtà. Ciò la lettura non lo fuga, ma è solo uno dei tanti misteri che avvolge il racconto: per quale motivo Felice Hernandez ha deciso di rendere disponibile la propria residenza? E che cosa si nasconde dietro l’inutilizzo e il decadimento di questo luogo lugubre?
Personaggi in cerca di se stessi
Le anime tormentate del Richiamo del dirupo sono tutte in cerca di una soluzione, di una via d’uscita. I personaggi abbandonano la propria vita, mettendola in stand-by, per abbandonarsi alle stanze e agli intrighi del Pallido Rifugio. Quelli principali sono Udri, Mila, Egon e Beniamina: sono vivi, ma in realtà è come se avessero smesso di cercare ragioni per continuare a esserlo. Sono uno scultore di giovane età che ha perduto l’ispirazione artistica, una tennista che ha abbandonato la carriera sportiva, una madre che non ha più notizie della figlia, infine un ragazzo affetto da una malattia che gli rende la pelle di colore blu. Ma anche il Pallido Rifugio, la dimora sul dirupo, non può che presentarsi come un personaggio del romanzo, perché è come se la storia che esso nasconde sia responsabile di ciò che accadrà ai personaggi del rifugio.
Il lessico e lo stile
Ciò da cui il lettore viene immediatamente colpito è lo stile narrativo di Micol Mei. Si denota subito la grande influenza di autori capisaldi della letteratura, da quella gotica di Mary Shelley fino a quella esistenziale di Sartre – e poiché ampio respiro viene dato anche al lato psicologico di ognuno dei personaggi, tra le pagine è immediato riconoscere il riflesso della filosofia di pensatori e filosofi dei primi Novecento.
Col suo esordio narrativo, Mìcol Mei si è dimostrata maestra nel rappresentare gli stati d’animo delle quattro anime miserevoli, servendosi spesso di metafore e similitudini che contribuiscono a rendere universali le problematiche che affliggono i protagonisti. Inoltre, non si può non far caso all’accostamento di diverse modalità narratorie da parte di Mei: l’immediatezza dell’epistola, la linearità della prosa e la ricchezza stilistica della poesia; brevi stralci di canzoni che intervengono con prepotenza ma che guidano il lettore verso la realizzazione di un mosaico di cui possiede i pezzi sin dall’inizio ma non riesce a collocare.
Un concerto artistico fatto libro
In fondo, il romanzo di Mìcol Mei non può definirsi semplicemente un libro da leggere. È un libro da ascoltare – è possibile accompagnare la lettura con una playlist realizzata dall’autrice; un libro da guardare, per il modo in cui convivono più tecniche stilistiche ma persino per il modo in cui viene rappresentato Il pallido rifugio, similmente a una pittura, come un affresco dalle pennellate decise di un pittore rinascimentale. Infine è un libro da analizzare e interiorizzare perché il lettore non può che ritrovarsi in almeno una delle storie raccontate.
Editore Miraggi Edizioni – https://www.miraggiedizioni.it/
Pagine 128
EAN 9788833861593