Bpco: terapia con acetazolamide risolve problemi di ARAHE


Acetazolamide riesce a prevenire, in alcuni pazienti affetti da Bpco, il rischio di insorgenza in viaggio di problemi di salute legati all’altitudine (ARAHE)

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Uno studio elvetico, presentato nel corso del congresso ERS, ha documentato la capacità di acetazolamide di prevenire, in alcuni pazienti affetti da Bpco, il rischio di insorgenza in viaggio di problemi di salute legati all’altitudine (ARAHE).

Nello specifico, in pazienti viaggiatori con Bpco di grado moderato-severo che hanno soggiornato per almeno 2 giorni a 3.100 metri di altezza, si sono osservati eventi di “mal di montagna” in un paziente su 2 trattato con acetazolamide rispetto al 74% dei pazienti trattati con placebo (HR: 0,6; IC95%: 0,4-0,89, P<0,002) (1).

Razionale e disegno dello studio
Sotto l’acronimo anglofono ARAHE (Altitude Related Adverse Health Effects) si contemplano gli eventi di acuti di “male da alta montagna” che si connotano per il riscontro di ipossiemia grave (SpO2<80%), necessitanti di ritorno a quote inferiori o di intervento medico.

Uno studio precedentemente condotto dalla stessa equipe di ricerca ha dimostrato che i pazienti affetti da Bpco sono in grado di rilevare tempestivamente gli imminenti effetti avversi sulla salute legati all’altitudine (ARAHE) grazie al ricorso all’automonitoraggio strutturato (SSM) dei sintomi e alla pulsossimetria (SpO2).

Da tempo, inoltre, esistono documentazioni di letteratura sulla capacità di acetazolamide di ridurre l’insorgenza di ARAHE, se assunto prima o durante il soggiorno in aree a maggior altitudine.

Su questi presupposti è stato concepito il nuovo studio, che si è proposto due obiettivi: 1) identificare i pazienti a rischio di ARAHE mediante il ricorso a SSM (consistente in una rilevazione al saturimetro dei livelli di ossigenazione del sangue 4 volte al giorno, insieme alla compilazione di una checklist di sintomi) 2) valutare l’efficacia di acetazolamide in pazienti a rischio (ovvero in pazienti con test SSM positivo: SpO2<85% e/o sintomi acuti di “mal di montagna” e/o di disagio).

Lo studio, un trial randomizzato e controllato vs. placebo ha incluso pazienti con Bpco, valori di FEV1 compresi tra il 40-80% del valore predetto, livelli di SpO2≥92% e livelli di PaCO2<6kPa all’altitudine di residenza (<800m).
I pazienti reclutati nello studio sono stati condotti, in autobus, presso un centro clinico ubicato a 3100 m di altezza, soggiornandovi per 2 giorni. A 3100m, i pazienti hanno effettuato l’automonitoraggio strutturato sopra descritto 4 volte al giorno.

Quelli che risultavano positivi al test SSM (sulla base di sintomi predefiniti e/o  di valori di SpO2<85%) sono stati randomizzati ad una successiva terapia con placebo o acetazolamide (375mg/d).
L’incidenza di ARAHE (outcome primario, definito come grave mal di montagna acuto, SpO2<80% per >30min, o dalla necessità di ricorso a trattamento medico per altri motivi) è stata osservata durante i 2 giorni di ulteriore soggiorno a 3100 m di altezza.

Risultati principali
Su 241 pazienti con Bpco che hanno raggiunto in viaggio l’altitudine di 3100 m, 157 (72 donne, età media ± SD: 59±9anni, ppFEV1:61±12%), sono risultati SSM positivi e sono stati randomizzati ad uno dei due bracci di trattamento previsti dal protocollo (acetazolamide o placebo).

Durante la successiva permanenza a 3100 m, si è osservata l’insorgenza di ARAHE in 60 degli 81 (74%) pazienti che assumevano placebo e in 38 su 76 (50%) pazienti che assumevano acetazolamide [P=0,002; numero necessario di pazienti da trattare: 3,9 (IC95%: 2,5-10,5); odds ratio: 0,35 (IC95%: 0,18-0,68).

L’acetazolamide, inoltre, è stata ben tollerata e non si sono verificati eventi avversi gravi.

Implicazioni dello studio
In conclusione, i pazienti residenti in zone ad altitudine non elevata che, raggiunti i 3.100 metri di altezza, hanno assunto una terapia preventiva con acetazolamide guidata da SSM, hanno sperimentato una riduzione degli eventi di mal di montagna (ARAHE).

Questo nuovo approccio di trattamento potrebbe rivelarsi utile per limitare il ricorso alla terapia preventiva con acetazolamide, là dove serve, cioè nei pazienti effettivamente a rischio.

Bibliografia
Furian M, et al “Acetazolamide to prevent impending altitude-related adverse health effects in COPD patients” ERS 2023.