Leucemia linfoblastica: inotuzumab ozogamicin efficace con blinatumomab


Leucemia linfoblastica acuta Ph-, inotuzumab ozogamicin seguito da blinatumomab migliora la sopravvivenza secondo nuovi risultati

Leucemia linfoblastica acuta Ph+: da nuovi studi si è dimostrata molto promettente la combinazione ponatinib-bliatumomab

Il trattamento con un regime chemo-free costituito dall’induzione con il coniugato anticorpo-farmaco (ADC) inotuzumab ozogamicin, seguita da una terapia di consolidamento con l’anticorpo bispcifico blinatumomab, si è dimostrato altamente efficace e sicuro in pazienti anziani con leucemia linfoblastica acuta a cellule B cromosoma Philadelphia-negativa (Ph-) e CD22-positiva (CD22+), di nuova diagnosi, nello studio di fase 2 ALLIANCE A041703, presentato al congresso dell’Associazione Europea di Ematologia (EHA) a Francoforte.

«Il regime di induzione con inotuzumab ozogamicin seguito dalla terapia di consolidamento con blinatumomab è una terapia altamente attiva e tollerabile per i pazienti con leucemia linfoblastica acuta a cellule B Ph-, CD22+, di nuova diagnosi, capace di produrre remissioni durature nella maggior parte dei casi», ha dichiarato l’autore che ha presentato i dati, Matthew Wieduwilt, dell’Atrium Health Wake Forest Baptist Comprehensive Cancer Center di Winston-Salem (North Carolina), aggiungendo che «Questo regime potrebbe essere preso in considerazione per gli adulti più anziani con leucemia linfoblastica acuta a cellule B Ph- e CD22+ di nuova diagnosi e come regime di confronto per futuri studi».

Presupposti dello studio
I pazienti anziani con leucemia linfoblastica acuta Ph- hanno una sopravvivenza molto bassa se trattati con la chemioterapia e in generale non esiste una terapia standard in questa popolazione di pazienti.
L’ADC anti-CD22 inotuzumab ozogamicin e l’anticorpo bispecifico blinatumomab si sono dimostrati entrambi superiori alla chemioterapia convenzionale in studi di fase 3 su pazienti con leucemia linfoblastica acuta a cellule B recidivati/ refrattari.
Gli autori hanno dunque ipotizzato che combinare questi agenti possa migliorare gli outcome nel setting del trattamento di prima linea e hanno testato questa ipotesi nello studio 2 ALLIANCE A041703. In particolare, hanno ipotizzato che un’induzione con inotuzumab ozogamicin, seguita dal consolidamento con blinatumomab, sia in grado di migliorare la sopravvivenza libera da eventi (EFS) rispetto al risultato ottenuto storicamente con la chemioterapia convenzionale (EFS a un anno del 10%).

Inotuzumab ozogamicin e blinatumomab
Inotuzumab ozogamicin è un ADC composto da un anticorpo monoclonale anti-CD22, legato a un agente citossico chiamato calicheamicina. Una volta che l’ADC si lega alle cellule tumorali CD22+, la calicheamicina viene rilasciata all’interno delle cellule stesse, dove può esercitare la sua azione citotossica e ucciderle.
Blinatumomab è un anticorpo bispecifico CD19/CD3 progettato per legarsi al recettore CD3 espresso sulla superficie delle cellule T citotossiche, attivarle e dirigerle sulle cellule B tumorali che esprimono l’antigene CD19, interferendo così con la loro capacità di crescere e diffondersi.

Lo studio ALLIANCE A041703
Lo studio ALLIANCE A041703 ha incluso 33 pazienti con leucemia linfoblastica acuta a cellule B Ph- e CD22+ di nuova diagnosi, di almeno 60 anni di età, per i quali non era pianificato un trapianto allogenico di cellule staminali emopoietiche al momento dell’arruolamento. Inoltre, erano esclusi dall’arruolamento i pazienti che presentavano un coinvolgimento del sistema nervoso centrale o una malattia epatica.

I partecipanti venivano trattati con inotuzumab ozogamicina 0,8 mg/m2 il primo giorno dell’induzione, seguita da una dose di 0,5 mg/m2 nei giorni 8 e 15 di un ciclo di trattamento di 21 giorni. Coloro che ottenevano una citoriduzione sufficiente (riduzione dei blasti nel midollo di almeno il 50% e/o cellularità nel midollo non superiore al 20%) dopo il ciclo di induzione IA e si trovavano in remissione completa (RC) o RC con recupero ematologico incompleto (RCi) venivano trattati con inotuzumab ozogamicin 0,5 mg/m2 nei giorni 1, 8 e 15 nel ciclo IB di induzione, della durata di 28 giorni; coloro che, invece, ottenevano una citoriduzione sufficiente, ma non erano in RC o RCi, erano trattati con inotuzumab ozogamicin 0,8 mg/m2 nei giorni 1, 8 e 15 nel ciclo IC di induzione, sempre della durata di 28 giorni. Infine, coloro che non ottenevano una citoriduzione passavano direttamente al trattamento con blinatumomab.
I pazienti che non presentavano eventi durante i cicli IA, IB e IC della terapia di induzione venivano sottoposti a un primo ciclo di consolidamento con blinatumomab 9 mcg al giorno per sette giorni, seguiti da 28 mcg al giorno per 21 giorni. I pazienti poi interrompevano il trattamento per 14 giorni, per poi riprendere l’assunzione di blinatumomab, alla dose di 28 mcg al giorno, per 28 giorni. I pazienti che raggiungevano una RC o RCi effettuavano altri due cicli consolidamento con blinatumomab di 28 giorni, mentre gli altri ne effettuavano altri tre. Tutti i partecipanti sono stati inoltre sottoposti a una profilassi del sistema nervoso centrale con otto dosi da 15 mg di metotressato somministrato per via intratecale.

L’obiettivo primario dello studio era stimare il tasso di EFS a un anno nei pazienti anziani e un evento era definito come una progressione della malattia prima della fine di due cicli di terapia di consolidamento con blinatumomab, una ricaduta o il decesso per qualunque causa. Erano, invece, obiettivi secondari dello studio la sopravvivenza globale (OS), la sopravvivenza libera da recidiva, i tassi di CR, il tasso di negatività della malattia minima residua (MRD), la sicurezza e la tollerabilità.

Caratteristiche dei pazienti
L’età mediana dei partecipanti era di 71 anni, il 58% era di sesso maschile e l’85% era di razza bianca.
La mediana della conta leucocitaria era pari a 3,200/mcl (range: 6-38,000) e quella di espressione del CD22 pari al 92%(range: 21-100%).
Dei 33 pazienti arruolati, otto (24%) avevano una malattia correlata alla terapia.

Sopravvivenza senza eventi e complessiva a un anno del 75% e 85%
Il tasso cumulativo di RC è risultato dell’85% durante l’induzione e del 97% durante la terapia con blinatumomab.
Con un follow-up mediano di 22 mesi, ha riferito Wieduwilt, il tasso di EFS a un anno è risultato del 75% (IC al 95% 61-92), mentre la mediana di EFS non è stata raggiunta.

Inoltre, il tasso di EFS è risultato superiore nei pazienti di 70 anni o più rispetto a quelli under 70 e nei pazienti con malattia correlata alla terapia rispetto a quelli con malattia de novo.

Complessivamente, 12 pazienti sono andati incontro a un evento: 9 ricadute, due decessi mentre erano in remissione e un decesso in un paziente non remissione che ha sviluppato insufficienza respiratoria e una sindrome da occlusione sinusoidale epatica.
Il tasso di OS a un anno è risultato dell’84% (IC al 95% 72-98) e anche la mediana di OS non è stata raggiunta.

Complessivamente, 9 pazienti al momento dell’analisi erano deceduti, di cui sei dopo una recidiva.

Risultati di sicurezza
Per quanto riguarda la sicurezza del regime sperimentale, gli eventi avversi di grado 3 o superiore più comuni, manifestatisi in almeno il 10% dei pazienti sono stati neutropenia (con un’incidenza dell’88%); trombocitopenia (73%) e anemia (42%).
Altri eventi avversi di grado 3 o superiore comuni sono stati leucopenia (39%) linfopenia (27%), neutropenia febbrile (21%) ed encefalopatia (12%).

In conclusione
«Il regime chemo-free basato sull’induzione con gemtuzumab ozogamicin e il consolidamento con blinatumomab è un regime altamente efficace e sicuro nei pazienti anziani con leucemia linfoblastica acuta a cellule B Ph-, CD22+, di nuova diagnosi», ha detto Wieduwilt a conclusione del suo intervento.
« Lo studio ha centrato il suo endpoint primario, il che giustifica l’esecuzione di uno studio ulteriore e lo sviluppo ulteriore di questa combinazione, che merita di essere presa in considerazione come standard of care in questa popolazione», ha aggiunto l’autore.
Wieduwilt, infine, ha sottolineato come gli outcome osservati con questo regime sperimentale siano superiori a quelli che si ottengono con approcci basati sulla chemioterapia convenzionale in questa popolazione di pazienti, e come l’aggiunta di ulteriori terapie mirate potrebbe migliorare ulteriormente i risultati in futuro.

Bibliografia
M. Wieduwilt, et al. Chemotherapy-free treatment with inotuzumab ozogamicin and blinatumomab for older adults with newly-diagnosed, Ph-negative, CD22-positive, B-cell acute lymphoblastic leukemia: ALLIANCE A041703. EHA 2023; abstract S117. leggi