Denosumab meglio di bisfosfonato per l’osteoporosi e il rischio fratture


Il trattamento con denosumab porta ad una maggiore riduzione del rischio di fratture rispetto all’acido zoledronico tra le donne in postmenopausa con osteoporosi

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Stando ai risultati di un’analisi retrospettiva presentata al congresso annuale dell’American Society for Bone and Mineral Research (ASBMR), il trattamento con denosumab porta ad una maggiore riduzione del rischio di fratture rispetto all’acido zoledronico tra le donne in postmenopausa con osteoporosi naive a trattamento farmacologico. Tali risultati integrano quelli di uno studio di confronto testa a testa che aveva già documentato la capacità di denosumab di aumentare la BMD nei siti scheletrici chiave rispetto al bisfosfonato di confronto, senza dare indicazioni, tuttavia, sul rischio di frattura.

Disegno dello studio
Il nuovo studio presentato al congresso ha utilizzato un metodo relativamente nuovo di analisi comparativa di efficacia nella real life, noto con l’acronimo anglofono NCO (negative control outcome) per analizzare i dati del programma di assistenza sanitaria pubblica Usa Medicare.

L’analisi NCO si preoccupa di eliminare le distorsioni dovute a dati che potrebbero essere collegati a potenziali fattori confondenti, ma che potrebbero non essere ragionevolmente attribuiti ad un farmaco. Ad esempio, le persone che hanno maggiori contatti con il sistema sanitario possono avere maggiori probabilità di essere sottoposte ad un trattamento rispetto ad un altro.

I ricercatori, pertanto, hanno utilizzato la frequenza di vaccinazione contro l’influenza o la polmonite come proxy di questo dato. Se i due gruppi di confronto presentavano una differenza significativa in un proxy, ciò suggeriva l’esistenza di un fattore pregiudiziale la correttezza dei risultati, costringendo i ricercatori ad abbandonare l’analisi in quei raggruppamenti di pazienti. Un altro esempio ha utilizzato gli incidenti automobilistici come proxy del deterioramento cognitivo. Se si riscontrano differenze significative tra i due gruppi, si può dire che un farmaco per le ossa non può spiegare queste differenze, vanificando la validità dell’analisi.

Risultati principali
Fatta questa premessa sulla metodologia impiegata nello studio, dall’analisi dei dati è emersa chiaramente la superiorità di denosumab rispetto al BSF di confronto. Nello specifico, I ricercatori hanno valutato 118 covariate e alla fine hanno identificato una popolazione di 90.805 donne che assumevano denosumab e 37.328 che assumevano acido zoledronico, equamente bilanciata in tutte le caratteristiche dei pazienti. L’età media era di circa 75 anni nel gruppo denosumab e 74 nel gruppo acido zoledronico.

I ricercatori hanno riscontrato un rischio di frattura dell’anca inferiore del 34% nel gruppo denosumab entro 5 anni (rischio relativo [RR], 0,66; IC95%: 0,43-0,90).

Inoltre, pattern simili di riduzione del rischio di frattura sono stati osservati a 5 anni per le fratture non vertebrali (RR, 0,67; IC95%: 0,52-0,82), le fratture non vertebrali non dell’anca (RR, 0,69; IC95%: 0,50-0,88) e le fratture osteoporotiche maggiori (RR, 0,74; IC95%: 0,59-0,89).

Bibliografia
American Society for Bone and Mineral Research (ASBMR) 2023 Annual Meeting. Abstract 1006. Presented October 13, 2023.