Tumore ovarico: benefici da chemioterapia intraperitoneale ipertermica


Tumore ovarico avanzato: la chemioterapia intraperitoneale ipertermica aggiunta alla chirurgia d’intervallo migliora gli outcome a lungo termine

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L’aggiunta della chemioterapia intraperitoneale ipertermica (HIPEC) alla chirurgia citoriduttiva d’intervallo migliora gli outcome a lungo termine nelle pazienti con carcinoma ovarico epiteliale in stadio III. Lo confermano i risultati aggiornati dello studio di fase 3 OVHIPEC-1, pubblicato di recente su Lancet Oncology.

I risultati a 10 anni dimostrano che l’aggiunta dell’HIPEC alla chirurgia ha fornito un miglioramento continuo della sopravvivenza libera da progressione (PFS) e della sopravvivenza globale (OS).

«Per quanto ne sappiamo, questo studio riporta la prima analisi di sopravvivenza a lungo termine in pazienti con cancro ovarico sottoposte all’HIPEC. I risultati confermano il significativo miglioramento della sopravvivenza libera da progressione e della sopravvivenza globale con l’aggiunta dell’HIPEC alla chirurgia citoriduttiva d’intervallo in pazienti con malattia estesa per le quali la citoriduzione primaria non è considerata fattibile», scrivono gli autori dello studio.

Argomento controverso
Lo studio OVHIPEC-1 è stato il primo studio randomizzato e controllato di fase 3 a valutare l’aggiunta dell’HIPEC alla chirurgia citoriduttiva di intervallo in pazienti con tumore ovarico epiteliale in stadio III della classificazione FIGO ritenute non idonee per la chirurgia citoriduttiva primaria.

Dopo la prima pubblicazione dello studio, le linee guida internazionali hanno assunto posizioni diverse sull’uso dell’HIPEC nel tumore ovarico primario, un riflesso della controversia che tuttora circonda questa strategia terapeutica. Alcune ne raccomandano l’uso in casi selezionati, mentre altre no, o non hanno raggiunto un consenso sul suo utilizzo.

Per raggiungere un consenso sull’accettabilità di questo trattamento è essenziale disporre di dati di sopravvivenza a lungo termine. Nello studio ora pubblicato ora su Lancet Oncology gli autori forniscono un aggiornamento sugli outcome di sopravvivenza della popolazione Intention-To-Treat dello studio dopo 10 anni di follow-up dal momento della randomizzazione al cut-off dei dati.

Lo studio OVHIPEC-1
Lo studio OVHIPEC-1 (NCT00426257) ha arruolato 245 pazienti di età compresa tra 18 e 76 anni con un cancro epiteliale dell’ovaio, delle tube di Falloppio o peritoneale in stadio III che non era progredito durante il trattamento con almeno tre cicli di chemioterapia neoadiuvante con carboplatino e paclitaxel.

Le pazienti sono state assegnate in modo casuale e secondo un rapporto 1:1 alla chirurgia citoriduttiva con o senza l’HIPEC. Le pazienti del braccio assegnato all’HIPEC hanno ricevuto il trattamento (con cisplatino 100 mg/m²) al termine dell’intervento e durante e dopo l’HIPEC sono state trattate anche con tiosolfato di sodio. Inoltre sono state sottoposte ad altri tre cicli di carboplatino (AUC, 5-6 mg/ml al minuto) e paclitaxel (175 mg/m²) una volta ogni 3 settimane.

Il follow-up mediano è stato di 10,4 anni nel braccio sottoposto all’HIPEC e di 10,1 anni nel braccio del solo intervento chirurgico.

Sopravvivenza maggiore con l’HIPEC
La PFS mediana è risultata di 14,3 mesi nel braccio sottoposto all’HIPEC contro 10,7 mesi nel braccio del solo intervento chirurgico ( hazard ratio [HR], 0,63; IC al 95% 0,48-0,83; P = 0,0008) e il tasso di PFS a 5 anni è risultato rispettivamente del 12,3% contro 6,6%, mentre il tasso di PFS a 10 anni rispettivamente del 10,1% contro 6,6%.

L’OS mediana è risultata di 44,9 mesi nel braccio assegnato all’HIPEC contro 33,3 mesi in quello sottoposto al solo intervento chirurgico (HR 0,70; IC al 95% 0,53-0,92; P = 0,011) e il tasso di OS a 5 anni è risultato rispettivamente del 36,9% contro 19,7%, mentre il tasso di OS a 10 anni rispettivamente del 16,1% contro 10,9%.

La maggior parte delle pazienti – 82% nel braccio trattato con l’HIPEC e 85% nel braccio sottoposto al solo intervento chirurgico – ha continuato a ricevere un ulteriore trattamento antitumorale. Le terapie successive più comuni sono state la chemioterapia a base di platino e la chemioterapia non a base di platino.

A questo proposito, gli autori scrivono che «Né il numero di linee né il tipo di trattamento successivo per la recidiva sono risultati diversi  nei due bracci di trattamento. Pertanto, è improbabile che il miglioramento osservato nella sopravvivenza globale sia attribuibile all’uso di terapie successive».

Bibliografia
S.L. Aronson, et al. Cytoreductive surgery with or without hyperthermic intraperitoneal chemotherapy in patients with advanced ovarian cancer (OVHIPEC-1): Final survival analysis of a randomised, controlled, phase 3 trial. Lancet Oncol. Published online September 11, 2023; doi:10.1016/S1470-2045(23)00396-0. Link