Le molecole contenute in pollini e alimenti che scatenano l’allergia


Dalla proteina PR-10 alla profillina, oggi è finalmente possibile identificare con precisione quali sono le molecole in pollini e alimenti che scatenano l’allergia

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Per accertare un’allergia alimentare o respiratoria non basta fermarsi “alla pelle”, cioè verificare se una sostanza provoca una reazione cutanea. Per capire la natura esatta delle allergie è necessario identificare le componenti molecolari specifiche delle sostanze allergeniche che possono anche essere differenti all’interno dello stesso alimento o della stessa pianta. Un approccio innovativo per comprendere e trattare le allergie reso possibile dai nuovi test molecolari, esami del sangue di ultima generazione che permettono di rendere più precisa e accurata la diagnosi abbozzata con il test cutaneo (prick test) e il dosaggio delle IgE specifiche (RAST test). Il loro obiettivo è quello di identificare esattamente le molecole di pollini e alimenti che scatenano le allergie, in modo da stabilire il profilo allergenico personalizzato del paziente. Uno strumento innovativo soprattutto per i casi di allergia più complessi, ma che solo uno specialista su tre conosce e utilizza in Italia. Fondamentale che se ne occupi l’allergologo-immunologo, che alle tradizionali conoscenze cliniche unisce quelle sempre più avanzate della biochimica applicata al funzionamento del sistema immunitario.

DIAGNOSI ALLERGIE: NON BASTA FERMARSI ALL’”ASPETTO ESTERIORE”, MA OCCORRE GUARDARE DENTRO LE PROTEINE CHE LE SCATENANO – Il nuovo approccio molecolare è come uno zoom che permette allo specialista di vedere ad altissima risoluzione la reale causa scatenante dell’allergia. «Si tratta in genere di proteine, che possono essere specifiche di un singolo polline o alimento oppure possono essere presenti in diversi elementi con variazioni strutturali più o meno importanti», spiega Mario Di Gioacchino, Presidente SIAAIC. «Per identificarle è sufficiente un semplice esame del sangue che viene prescritto in modo mirato dall’allergologo-immunologo. Parliamo però di un esame di terzo livello, che viene fatto cioè in casi mirati dopo l’iniziale test di reazione cutanea (prick test) e il dosaggio delle IgE specifiche (RAST test)». A differenza dei vecchi esami, questi nuovi test non utilizzano un estratto allergenico derivato da una pianta o un alimento in toto, ma solo una parte purificata o ricombinante. Questo approccio permette di rendere la diagnostica più accurata verificando la reattività del paziente a singole componenti allergeniche.

«I nuovi test molecolari hanno un costo di circa 16 euro ad allergene (in genere se ne prescrivono 5 o 6) a fronte dei 6-12 euro delle IgE e dei 2 euro del prick test», precisa l’esperto«Ad oggi solo un allergologo su tre li conosce e li utilizza nella pratica clinica» sebbene i vantaggi siano molti, sia per i pazienti che soffrono di allergia respiratoria sia per quelli che hanno un’allergia alimentare.

VACCINI PIU’ MIRATI – Nel caso delle allergie respiratorie, sono diversi gli allergeni molecolari incriminati, che generalmente prendono il nome della pianta da cui derivano: tra i più comuni abbiamo le proteine Phl p1 e Phl p5 delle graminacee, la Bet v1 della betulla e la Parj2 della parietaria. «Esistono allergeni molecolari specifici per ciascuna pianta e altri che invece sono comuni a più piante. Per questo – sottolinea il presidente della SIAAIC –  la diagnostica molecolare è preziosa soprattutto in quei pazienti che al prick test appaiono polisensibilizzati. Per intenderci, nei test cutanei è facile che un individuo risulti avere diverse positività, ad esempio sia alla parietaria che alle graminacee: questo può accadere perché è allergico a due molecole distinte e specifiche delle due piante, oppure perché è allergico a una sola molecola che però è comune a entrambe. Il test molecolare ci permette di distinguere fra queste due possibilità in modo da scegliere il vaccino più mirato».

MENO REAZIONI CROCIATE E DIETE MENO RESTRITTIVE – L’utilità della diagnostica molecolare è ancora più evidente nelle allergie alimentari, perché a scatenarle possono essere molecole differenti anche all’interno dello stesso alimento. Un esempio classico è quello della pesca. Chi è allergico a questo frutto può essere sensibile a tre proteine diverse: la Prup p1, che può causare una reazione allergica crociata con la betulla ma che può essere disattivata dai succhi gastrici e dalla cottura; la Pru p3, che resiste sia alla digestione che alla cottura ma che può essere facilmente eliminata togliendo la buccia; infine la Pru p4, che viene disattivata sia dalla digestione che dalla cottura. «Identificare esattamente la molecola responsabile dell’allergia permette allo specialista di indicare con maggiore precisione quali alimenti si possono consumare in sicurezza, in modo da mettere a punto una dieta più variegata e con meno restrizioni», afferma Mario Di Gioacchino. «Un altro vantaggio è quello di poter prevenire le reazioni allergiche crociate. Se per esempio scopro che il paziente è allergico agli acari della polvere perché è sensibile in modo specifico alla proteina tropomiosina, so già che dovrà evitare di mangiare gamberi e insetti commestibili perché presentano la stessa molecola incriminata».

NUOVI TEST PER ASMA E RINITI – Dal Congresso SIAAIC arrivano buone notizie anche per quelle persone che soffrono di riniti allergiche apparentemente inspiegabili, che compaiono anche “fuori stagione” senza un chiaro motivo. «Grazie alla diagnostica cellulare oggi possiamo eseguire un test di citologia nasale, ovvero un semplice tampone che permette di prelevare e osservare al microscopio le cellule immunitarie presenti nella mucosa nasale», precisa il presidente della SIAAIC. «In questo modo possiamo individuare la tipologia di infiammazione che sottende la patologia e scoprire se, oltre all’allergia già evidenziata dal prick test, esistono altre concause scatenanti, sempre con l’obiettivo di mettere a punto una terapia più mirata e specifica».

Un altro importante strumento diagnostico riguarda invece i pazienti asmatici. Oltre alla classica spirometria, infatti, oggi si può ricorrere anche alla determinazione dell’ossido nitrico nell’aria espirata (FENO). «Questo testpermette di misurare l’entità dell’infiammazione presente nei bronchi con conseguente miglioramento della modulazione della terapia», ricorda Di Gioacchino.

I NUOVI FARMACI BIOLOGICI – Nei casi di asma più gravi, infatti, oggi è possibile ricorrere ai farmaci biologici, «che nella gran parte dei casi permettono un buon recupero, la scomparsa delle riacutizzazioni e in alcuni casi la remissione della malattia», evidenza l’esperto. «Ottimi risultati si stanno ottenendo anche in caso di rinosinusite con poliposidermatite topica e perfino in una malattia più rara come l’esofagite eosinofila. La qualità di vita di questi pazienti, gravemente compromessa dalle patologie, migliora in modo drastico quando si ha accesso a questi farmaci, la cui prescrivibilità dovrà essere riservata allo specialista allergologo-immunologo», conclude Di Gioacchino.