Mielofibrosi: i pazienti americani con anemia avranno momelotinib


Mielofibrosi a rischio intermedio o alto: momelotinib è stato approvato negli Usa come primo trattamento per i pazienti con anemia

mielofibrosi trombocitopenica

L’Fda ha approvato momelotinib per il trattamento della mielofibrosi a rischio intermedio o alto, compresa la mielofibrosi primaria o secondaria (post-policitemia vera e post-trombocitemia essenziale), negli adulti con anemia. Sviluppato da GSK sarà posto in commercio con il marchio Ojjaara.

Momelotinib è un inibitore orale di JAK1/JAK2 e del recettore dell’attivina A di tipo 1 (ACVR1) da assumere una volta al giorno. Ad oggi, è l’unico farmaco approvato per i pazienti affetti da mielofibrosi con anemia, sia di nuova diagnosi che precedentemente trattati, che affronta le principali manifestazioni della malattia, ovvero anemia, sintomi costituzionali e splenomegalia (ingrossamento della milza).

Oltre a inibire JAK, ha anche un’azione antianemica perché riesce a interferire con alcuni meccanismi genetici di regolazione del metabolismo del ferro rendendo disponibile questo elemento essenziale per la produzione dell’emoglobina e quindi dei globuli rossi.

Nina Mojas, Senior Vice President, Oncology Global Product Strategy, GSK, ha dichiarato: “La stragrande maggioranza dei pazienti affetti da mielofibrosi finisce per sviluppare anemia, causando l’interruzione dei trattamenti e la necessità di trasfusioni. Alla luce di questo elevato bisogno insoddisfatto, siamo orgogliosi di aggiungere Ojjaara al nostro portafoglio oncologico e di rispondere a un bisogno medico significativo nella comunità. Non vediamo l’ora di contribuire a migliorare i risultati di questo tumore del sangue difficile da trattare”.

Finora, i medici hanno avuto limitate opzioni di trattamento per trattare i pazienti affetti da mielofibrosi con anemia. Questi pazienti richiedono spesso trasfusioni e più del 30% interrompe il trattamento a causa dell’anemia. I pazienti che dipendono dalle trasfusioni hanno una prognosi sfavorevole e una sopravvivenza più breve.

L’approvazione di momelotinib da parte dell’FDA è supportata dai dati dello studio registrativo MOMENTUM e di una sottopopolazione di pazienti adulti con anemia dello studio SIMPLIFY-1 di fase III. Lo studio MOMENTUM è stato progettato per valutare la sicurezza e l’efficacia di momelotinib rispetto a danazolo per il trattamento e la riduzione delle principali manifestazioni della mielofibrosi in una popolazione anemica, sintomatica e con esperienza con gli inibitori JAK.

MOMENTUM ha raggiunto tutti gli endpoint primari e secondari, dimostrando una risposta statisticamente significativa per quanto riguarda i sintomi costituzionali, la risposta splenica e l’indipendenza dalle trasfusioni nei pazienti trattati con momelotinib rispetto a danazolo.

SIMPLIFY-1 è stato progettato per valutare l’efficacia e la sicurezza di momelotinib rispetto a ruxolitinib in pazienti affetti da mielofibrosi che non avevano ricevuto una precedente terapia con inibitori della JAK.1 I risultati di sicurezza ed efficacia di SIMPLIFY-1 si basavano su un sottogruppo di pazienti con anemia.

In questi studi clinici, le reazioni avverse più comuni sono state trombocitopenia, emorragia, infezione batterica, affaticamento, vertigini, diarrea e nausea.

Mielofibrosi
La mielofibrosi è un tumore del sangue che colpisce circa 25.000 pazienti negli Stati Uniti. Può portare a valori ematici gravemente bassi, anemia e trombocitopenia, sintomi costituzionali come affaticamento, sudorazione notturna e dolore osseo e splenomegalia. Circa il 40% dei pazienti presenta anemia da moderata a grave al momento della diagnosi, e si stima che quasi tutti i pazienti sviluppino anemia nel corso della vita.

Si tratta di una neoplasia caratterizzata da fibrosi midollare, spesso associata ad anemia e ingrossamento della milza. La sua incidenza è piuttosto bassa, circa 0,5-1,3 casi ogni 100mila persone (principalmente over 60), motivo per cui viene considerato un tumore raro. Nella fase iniziale può essere asintomatica, infatti generalmente viene diagnosticata attraverso i semplici esami del sangue di controllo, ma può anche provocare fastidi a livello addominale e problemi di circolazione.

Quando la fase fibrotica (che consiste nella produzione di fibre di collagene all’interno del midollo) prende il sopravvento i sintomi aumentano: febbre, perdita di peso e dolori ossei sono spesso solo il preludio del peggioramento della malattia che può portare a un aggravarsi di anemia, aumento dei globuli bianchi e delle piastrine. Queste ultime potrebbero anche ridursi.