Colangite Biliare Primitiva: presentato Authoritative Book


Primo Authoritative Book sulla Colangite Biliare Primitiva, patologia cronica autoimmune del fegato, che accompagna il paziente che ne è affetto per tutta la vita

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La Colangite Biliare Primitiva (PBC) è una patologia cronica autoimmune del fegato, che accompagna il paziente che ne è affetto per tutta la vita e che colpisce maggiormente le donne tra i 40 e i 60 anni (almeno una donna ogni 1000 dai 40 ai 60 anni di età).

Attualmente le persone affette da PBC, in Italia, sono stimate in circa in media 27.90 per 100mila abitanti, con un’incidenza annuale di 5,31 casi ogni 100mila abitanti. In Europa, la prevalenza della patologia è stimata in circa 22,7 persone per 100mimla abitanti.

Un evento tenutosi nelle settimane scorse in Parlamento ha voluto mettere in evidenza questa malattia rara del fegato e dimostrare il successo delle migliori pratiche nel trattamento e nella gestione dei pazienti affetti da questa patologia oltre a far emergere il valore della collaborazione, della ricerca e dell’innovazione nel migliorare la qualità di vita dei pazienti affetti dalla Colangite.

A questo proposito è stato quindi presentato L’Authoritative Book “Colangite biliare primitiva (PBC). Best practice italiane: la storia dei protagonisti” che ha, dunque, l’obiettivo di raccontare le singole esperienze territoriali realizzate, le modalità di creazione dei singoli modelli e l’impatto sulla vita delle persone che ne hanno beneficiato, affinché emerga l’importanza di garantire sull’intero territorio nazionale equità di accesso e di presa in carico, di offrire cure precoci ed adeguate, nonché di migliorare la qualità dei servizi offerti alle persone con PBC.

“Il Senato della Repubblica – ha esordito il Sen. Ignazio Zullo – quest’oggi ha il piacere di ospitare, su mia iniziativa, la presentazione dell’Authoritative book “Colangite Biliare Primitiva (PBC). Best practice italiane: la storia dei protagonisti”: un volume che non si limita a voler raccogliere quanto finora realizzato da illustri clinici in diverse realtà territoriali, ma che porta alla luce quelle best practices che devono fungere da stimolo e da impegno affinché, sull’intero territorio nazionale, i pazienti affetti dalla patologia possano beneficiare di un equo trattamento. La Colangite Biliare Primitiva è una patologia del fegato autoimmune, che può essere considerata rara a causa dell’esiguità dei numeri di incidenza (5 persone su 100.000). A differenza di molte altre patologie rare, tuttavia, può essere adeguatamente tenuta sotto controllo attraverso le terapie ad oggi disponibili. Pertanto, appare necessaria una diagnosi precoce, per consentire una presa in carico tempestiva. A tal fine, è indispensabile una stretta collaborazione tra i diversi specialisti – a partire dal ruolo fondamentale che svolgono i Medici di Medicina Generale -, senza trascurare l’importante contributo che può essere offerto dalle Associazioni dei pazienti di riferimento”.

La PBC, infatti, come tutte le malattie epatiche autoimmuni, se non diagnosticate e non curate adeguatamente, progrediscono in termini di severità clinica sino alle fasi di cirrosi scompensata del fegato. Nonostante esistano test di laboratorio e di diagnostica per immagini molto sensibili e specifici per la loro diagnosi, le malattie autoimmuni del fegato sono sicuramente sotto-diagnosticate in Italia.

Diverse sono state le iniziative realizzate spontaneamente in alcune regioni italiane, che hanno tentato di rispondere localmente alle molteplici criticità che ostacolano un’adeguata presa in carico dei pazienti affetti da patologie autoimmuni del fegato legate principalmente al ritardo diagnostico, al numero esiguo e geograficamente non omogeneo di pazienti, di centri e di clinici specializzati, nonché alla mancanza di dati e all’assenza di biomarcatori a supporto degli studi clinici.
Nel corso del 2022, esperti epatologi hanno manifestato il loro impegno nel risolvere le problematiche derivanti da una disomogenea ed inefficace gestione dei pazienti con PBC, con l’obiettivo di cercare soluzioni pratiche, prendendo in considerazione il modello per lo sviluppo di reti regionali epatologiche e di percorsi per la presa in carico del paziente sviluppati dalla società scientifica di riferimento (Associazione Italiana per lo studio del fegato – AISF).

Tra le finalità del progetto che emergono, dunque, quella di migliorare la ricerca italiana e l’infrastruttura della sanità pubblica sulle AILD rare come ben espresso dal Prof. Pietro Invernizzi, Direttore della U.O.C. Gastroenterologia e Centro per le Malattie Autoimmuni del Fegato (MAF), Centro ERN Malattie Rare del Fegato presso l’IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza, Professore Ordinario in Gastroenterologia, e Direttore del Dipartimento di Medicina e Chirurgia presso l’Università di Milano-Bicocca, che ha infatti commentato: “Obiettivo principe del progetto PNRR è assicurare un adeguato sostegno ed un potenziamento delle infrastrutture necessarie a sostenere la ricerca ed una migliore qualità della gestione clinica di pazienti, con specifico riferimento alle malattie epatiche autoimmuni, creando un registro che permettesse di raccogliere dati e materiali biologici. Fondamentale, per la riuscita della progettualità, è stata la stretta interazione e la profonda collaborazione con le altre professionalità coinvolte”.

Ed il Prof. Sergio Pillon, Vicepresidente AiSDeT con delega al Rapporto con le Istituzioni, Coordinatore per la Trasformazione digitale ASL Frosinone ha poi aggiunto che “La Digital Health può consentire un proficuo scambio di informazioni, non solo tra specialisti, ma anche tra medico e paziente, migliorando, in tal modo, l’accesso ai percorsi di cura”.
La collaborazione multidisciplinare che ha caratterizzato l’approccio italiano alla colangite, caldeggiata in partenza dall’Associazione Italiana Studio del Fegato (AISF), ha quindi proposto l’istituzione della Rete clinico-assistenziale epatologica, da condividere con altre Società scientifiche attive nell’ambito dell’epatologia e con le Associazioni dei pazienti. Come confermato dal Prof. Stefano Fagiuoli, Direttore U.S.C. Gastroenterologia Epatologia e Trapiantologia Dipartimento di Medicina (ASST) Papa Giovanni XXIII di Bergamo, Gastroenterologia, Dipartimento di Medicina, Università degli studi di Milano Bicocca, che ha aggiunto inoltre che “La sfida attuale è applicare effettivamente i PDTA e garantire l’accesso ai centri specializzati a tutti i pazienti, costruendo un modello che sia in grado di migliorare l’efficacia del case finding, dell’aderenza alla terapia e della valutazione, attraverso indicatori che siano in grado di misurare l’efficacia e l’utilità dei Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali”.

“L’obiettivo dei prossimi mesi sarà perfezionare ulteriormente la Rete PBC Regione Sicilia, in modo tale che preveda una modalità di raccolta dati in grado di seguire la storia clinica del paziente a lungo termine e le eventuali terapie di seconda linea, rispecchiando anche il cambiamento dell’approccio terapeutico ed aggiornando le variabili della piattaforma ogni qualvolta intervenga una novità”; ha inoltre dichiarato la Prof.ssa Vincenza Calvaruso, Professore Associato di Gastroenterologia Dipartimento di Promozione della Salute, Materno Infantile, Medicina Interna e Specialistica di Eccellenza – Università di Palermo, Segretario nazionale dell’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF).

Il progetto prevede inoltre l’istituzione di un ambulatorio “CROSS” (Chronic Systemic Illness) per le attività integrate relative ai pazienti con malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI o IBD) spesso affetti anche da patologie dermatologiche e reumatologiche, che permetta quindi un approccio combinato fra le diverse branche specialistiche, che consenta una più efficace gestione del paziente affetto da patologie immunomediate per una presa in carico integrata e multidisciplinare.
Ha continuato poi il Prof. Florenzo Iannone, Responsabile dell’UOC di Reumatologia Universitaria dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico di Bari, che ha commentato come “Il progetto CROSS (Chronic Systemic Illness) ha permesso non solo il coordinamento tra specialisti ma anche il coordinamento del percorso per il paziente, garantendo la richiesta ottimale degli esami e, contestualmente, l’uso efficiente delle risorse”.

Grazie alla ricerca dell’indagine retrospettiva sui soggetti AMA+, è stato possibile suddividere i pazienti in categorie, consentendo diagnosi precoci, trattamenti tempestivi e un follow-up in linea con le linee guida internazionali permettendo quindi a contribuire positivamente alla comprensione e alla gestione della PBC. Il Dott. Joseph Polimeni, Direttore Generale dell’Azienda Regionale di Coordinamento per la Salute (ARCS) della Regione Friuli-Venezia Giulia, ha quindi commentato: “Riuscire ad identificare precocemente la patologia attraverso la positività agli anticorpi anti-mitocondrio (AMA) e garantire al contempo un adeguato follow-up dei pazienti che abbiano valori ematici anticorpali positivi, consentirebbe potenzialmente di scongiurare diagnosi infauste e di individuare terapie mirate e senz’altro più efficaci”.
Ed il Prof. Pierluigi Toniutto, Specialista in Medicina Interna, Direttore di Unità di Epatologia e Trapianto di Fegato dell’Università degli Studi di Udine ha aggiunto che: “Negli ultimi dieci anni, la quota di pazienti soggetta a trapianto di fegato per insufficienza epatica causata da malattie autoimmuni del fegato è rimasta stabile nel tempo: ciò significa che nonostante siano disponibili terapie efficaci, la diagnosi non avviene in tempi utili. Infatti, è presente una grande quota di pazienti con diagnosi tardiva: la nostra sfida è evitare che ciò accada”.

Inoltre emerge dal book che è stato condotto uno studio multicentrico osservazionale retrospettivo-prospettico sul riscontro accidentale di anticorpi anti-mitocondriali (AMA) senza evidenza di PBC con l’obiettivo di stimare la percentuale di pazienti indirizzati ad una valutazione epatologica a seguito di casuale riscontro di presenza di AMA, coinvolgendo 18 centri di epatologia clinica su tutto il territorio nazionale, come sottolineato dalle parole del Prof. Stefano Brillanti, Professore associato di Gastroenterologia presso l’Università di Siena e Responsabile Malattie del Fegato e Vie Biliari dell’AOU Senese: “I dati raccolti grazie al progetto AMA+ rispecchiano una situazione di sottostima ed inadeguata presa in carico di una patologia cronica importante: la sfida è quella dell’informazione, che deve essere non solo rivolta all’opinione pubblica, ma anche agli specialisti non epatologi (quali endocrinologi, dermatologi, reumatologi), che, molto spesso, incontrano patologie immunomediate”.
Il Prof. Nicola Bizzaro dell’Azienda Sanitaria Universitaria Friuli Centrale, Tolmezzo e Udine ha poi anche aggiunto che “La sfida principale è mantenere le buone prassi realizzate anche a conclusione della progettualità. È necessario, inoltre, sensibilizzare i clinici affinché siano in grado di individuare il rischio di PBC nelle persone con positività agli anticorpi AMA. In questo senso, è importante coinvolgere le società scientifiche e i medici di Medicina Generale”.

Per formulare proposte operative in linea con tali obiettivi espressi dalla Missione 6 del PNRR e utili a garantire equità e appropriatezza di cura per la persona con Colangite Biliare Primitiva, secondo il Dott. Ettore Attolini, Direttore Area Innovazione Sociale, Sanitaria e di Sistema CRSS di AReSS Puglia: “Un ricorso maggiore e più idoneo alla telemedicina consentirebbe non soltanto di ridurre gli accessi in ospedale per le visite specialistiche e, di conseguenza, i costi legati agli spostamenti, ma anche di facilitare l’approccio multidisciplinare, con il coinvolgimento simultaneo di diversi specialisti in caso di sospetto diagnostico di Colangite Biliare Primitiva”. Confermato anche dal Prof. Ignazio Grattagliano, Medico di Medicina Generale, specializzato in medicina interna, docente di Medicina di Famiglia all’Università degli Studi di Bari e coordinatore SIMG per la Puglia, che ha commentato “Per ottenere una gestione moderna e innovativa della PBC, così come di altre patologie, fondamentale risulta la possibilità di applicare l’innovazione digitale – una volta che sarà definitivamente disponibile la telemedicina – per il teleconsulto, il telemonitoraggio e la teleformazione degli stessi medici e dei caregiver”.

Tra le principali strategie per migliorare la cura del paziente con Colangite Biliare Primitiva (PBC) si legge nell’Authoritative Book “Colangite biliare primitiva (PBC) e sostenuto dal Dott. Ivan Gardini, Presidente dell’Associazione EpaC Onlus: “L’aspetto fondamentale per il trattamento della PBC è assicurare una precoce presa in carico del paziente. Nonostante sia una malattia rara, infatti, la PBC – se diagnosticata nelle prime fasi – può efficacemente tenuta sotto controllo, grazie alle terapie oggi disponibili. Pertanto, appare evidente la necessità della creazione di una rete epatologica all’interno di ciascuna regione, al fine di garantire che il paziente con sospetto di PBC sia immediatamente indirizzato presso il centro territoriale di riferimento”.

Anche il Dott. Davide Salvioni, Presidente AMAF Onlus ha dichiarato che “Per AMAF è fondamentale la collaborazione con la comunità medica e con le altre Associazioni, fonte di supporto per trasformare una situazione di disagio in una risorsa. Appare, inoltre, indispensabile che i pazienti siano pienamente consapevoli ed informati, affinché vengano coinvolti attivamente nel percorso di cura”.