Aritmia senza fibrillazione: pochi benefici da anticoagulante orale


Scarsa efficacia della terapia anticoagulante orale nei pazienti con episodi di aritmia ad alta frequenza atriale (AHRE), ma senza fibrillazione atriale

Fibrillazione atriale: la terapia segue il percorso ABC

La terapia anticoagulante orale nei pazienti con episodi di aritmia ad alta frequenza atriale (AHRE), ma senza fibrillazione atriale diagnosticata dall’elettrocardiogramma (ECG), si associa a un aumento dei fenomeni emorragici senza prevenire l’ictus.

E’ in estrema sintesi quanto ha riscontrato lo studio NOAH-AFNET 6 presentato in una sessione Hot Line al Congresso ESC 2023 e pubblicato contemporaneamente sul New England Journal of Medicine.

Una aritmia problematica
Gli AHRE sono aritmie atriali brevi e rare, che assomigliano alla fibrillazione atriale, rilevate da pacemaker, defibrillatori e loop recorder in circa il 20% dei pazienti in cui sono stati impiantati questi dispositivi. Per quanto gli AHRE siano associati a un aumento del rischio di ictus, il rischio è inferiore a quello dei pazienti con fibrillazione atriale.

Le linee guida ESC raccomandano il trattamento anticoagulante orale per prevenire l’ictus nei pazienti con fibrillazione atriale e rischio aumentato di eventi cerebrovascolari, ma lasciano ai curanti la decisione terapeutica caso per caso nei pazienti con AHRE, senza fibrillazione atriale documentata all’ECG. Pertanto, i medici spesso prescrivono anticoagulanti nei pazienti con AHRE sulla base della loro efficacia nella prevenzione dell’ictus in caso di fibrillazione atriale.

Caratteristiche dello studio e dei pazienti inclusi 
NOAH-AFNET 6 è stato il primo studio ad analizzare l’efficacia e la sicurezza dell’anticoagulazione orale in pazienti con AHRE, ma senza fibrillazione atriale documentata.

Lo studio, randomizzato, in doppio cieco e comparazione con double-dummy, condotto in 206 siti in 18 paesi europei, ha confrontato l’anticoagulante orale diretto edoxaban con il placebo in pazienti con episodi di AHRE ≥ 6 minuti rilevati da dispositivi impiantabili e con almeno un fattore di rischio aggiuntivo per l’ictus (insufficienza cardiaca, ipertensione, diabete, precedente ictus o attacco ischemico transitorio, malattia vascolare o età ≥75 anni). Questa popolazione di pazienti non rientrava nelle indicazioni approvate per edoxaban.

I pazienti sono stati assegnati in modo casuale 1:1 all’anticoagulazione o a nessuna anticoagulazione. Il gruppo di anticoagulazione ha ricevuto un trattamento con edoxaban alla dose approvata per la prevenzione dell’ictus nella fibrillazione atriale (60 mg una volta al giorno, ridotti a 30 mg una volta al giorno, secondo i criteri di riduzione della dose approvati per la prevenzione dell’ictus nella fibrillazione atriale). Il gruppo senza anticoagulazione è stato trattato con placebo o aspirina 100 mg una volta al giorno nei pazienti con indicazione alla terapia antiaggregante. L’outcome primario era un composito di ictus, embolia sistemica o morte cardiovascolare. L’outcome di sicurezza era un composito di emorragie maggiori e morte per tutte le cause. Tutti i pazienti sono stati seguiti fino alla fine dello studio.

La popolazione primaria, modificata per l’analisi intention-to-treat, era composta da 2.536 pazienti di età media di 78 anni, nel 37% donne, che hanno ricevuto almeno una dose del farmaco in studio e che presentavano molteplici fattori di rischio per l’ictus, con un punteggio CHA2DS2-VASc mediano di 4,5. La durata mediana dell’AHRE al basale era di 2,8 ore, senza un limite superiore, e il 97% degli AHRE mostrava una frequenza atriale >200 battiti al minuto, simile alla fibrillazione atriale.

I risultati del trial
Lo studio è stato interrotto precocemente dopo l’arruolamento di tutti i pazienti previsti a causa di segnali di sicurezza e di una tendenza alla futilità per l’efficacia. L’outcome primario di efficacia si è verificato in 83 pazienti del gruppo di gruppo anticoagulazione (3,2%/anno) e in 101 pazienti nel gruppo senza anticoagulazione (4,0%/anno), per un hazard ratio (HR) di 0,81 (IC al 95%: 0,6-1,1; p=0,15). Il tasso di ictus è stato basso in entrambi i gruppi randomizzati (senza anticoagulazione 1,1%/anno, con anticoagulazione 0,9%/anno). Più nel dettaglio si sono verificati solo 27 ictus nel gruppo non in anticoagulazione e 22 in quello in terapia anticoagulante.

L’outcome primario di sicurezza si è verificato in 149 pazienti del gruppo anticoagulazione (5,9%/anno) e in 114 pazienti del gruppo senza anticoagulazione (4,5%/anno), per un HR di 1,3 (IC al 95%: 1,0-1,7; p=0,03). La differenza negli outcome di sicurezza è stata determinata da un aumento atteso dei sanguinamenti maggiori nei pazienti sottoposti ad anticoagulazione (HR 2,10; IC al 95%: 1,30-3,38; p=0,002). La fibrillazione atriale diagnosticata all’ECG si è sviluppata in 462/2536 pazienti (18%; 8,7%/anno).

Considerazioni degli autori
Il ricercatore principale Paulus Kirchhof, University Heart & Vascular Center di Amburgo, Germania, ha dichiarato: «Lo studio NOAH-AFNET 6 ha rilevato che la terapia anticoagulante orale nei pazienti con AHRE aumenta il sanguinamento, per altro atteso, senza ridurre l’outcome composito di ictus, embolia sistemica o morte cardiovascolare. Il basso tasso di ictus con e senza anticoagulazione era inaspettato. I risultati di NOAH-AFNET 6 suggeriscono chiaramente di richiedere la documentazione ECG di fibrillazione atriale prima di iniziare un trattamento anticoagulante orale. Sono necessarie ulteriori ricerche per comprendere meglio il rischio di ictus nei pazienti con aritmie atriali molto rare e brevi».

Kirchhof P, et al. Anticoagulation with edoxaban in patients with atrial high rate episodes. N Engl J Med. 25 August 2023. doi:10.1056/NEJMoa2303062