Linfoma primitivo a cellule B del mediastino: quando la radioterapia è evitabile


Linfoma primitivo a cellule B del mediastino: la radioterapia è evitabile nei pazienti in remissione completa dopo l’immunochemioterapia

Linfoma primitivo a cellule B del mediastino: la radioterapia è evitabile nei pazienti in remissione completa dopo l'immunochemioterapia

Nei pazienti con linfoma primitivo a cellule B del mediastino che dopo l’immunochemioterapia sono in remissione metabolica completa si può evitare la radioterapia. Lo dimostrano i risultati dello studio internazionale di fase 3 IELSG37, il più grande studio prospettico mai condotto su questo tema, risultati presentati al congresso annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), che si è appena concluso a Chicago.

Lo studio IELSG37, di non inferiorità, ha rilevato, infatti, che a questi pazienti possono essere risparmiate le tossicità tardive notoriamente associate alla radioterapia, senza compromettere le possibilità di guarigione.

A 30 mesi, il tasso di sopravvivenza libera da progressione (PFS) è risultato simile nel braccio sottoposto alla radioterapia e in quello sottoposto alla semplice osservazione: 98,5% (IC al 95% 94,2-99,6) e 96,2% (IC al 95% 91,1-98,4) (P = 0,278).

Inoltre, nei pazienti in remissione completa dopo la immunochemioterapia il tasso di sopravvivenza globale (OS) a 30 mesi dalla randomizzazione è risultato del 99% in entrambi i bracci.

Tossicità tardive associate alla radioterapia
Il linfoma primitivo del mediastino a cellule B è distinto da un punto di vista clinico e biologico da altri tipi di linfoma aggressivo. Si presenta come una massa di grosse dimensioni al centro del torace. È un sottotipo raro di linfoma diffuso a cellule B e rappresenta meno del 5% dei casi di linfoma non-Hodgkin, ma è più comune nelle donne tra i 30 e i 40 anni.

«Questo tipo di linfoma ha generalmente una prognosi favorevole in quei pazienti che raggiungono rapidamente la remissione dopo un’immunochemioterapia ad alta intensità di dose. In questi pazienti, la radioterapia mediastinica può consolidare le risposte raggiunte», ha spiegato Emanuele Zucca, dell’Oncology Institute of Southern Switzerland di Bellinzona, durante la presentazione dei risultati.

«Tuttavia, la radioterapia mediastinica è gravata da tossicità a lungo termine ben documentate, in particolare per quanto riguarda secondi tumori al seno, tumori alla tiroide e ai polmoni e aumento del rischio di malattie cardiache coronariche o valvolari, in una popolazione di pazienti nella quale prevalgono giovani adulti. Questo studio dimostra che l’immunochemioterapia da sola è un trattamento efficace per il linfoma primitivo a cellule B del mediastino e supporta fortemente l’omissione della radioterapia, senza che ciò impatti sulle possibilità di guarigione», ha aggiunto l’autore.

Lo studio IELSG37 
Lo studio IELSG37 (NCT01599559) è un trial randomizzato, in aperto, a due bracci, progettato per verificare la possibilità di escludere la radioterapia dal programma terapeutico nei pazienti con linfoma primitivo a cellule B del mediastino che hanno ottenuto una risposta metabolica completa all’immunochemioterapia, senza comprometterne gli esiti.

I partecipanti dovevano avere un linfoma primitivo a cellule B del mediastino di nuova diagnosi ed essere in remissione metabolica completa, con un punteggio di Deauville da 1 a 3, secondo la classificazione di Lugano, della PET/Tac dopo un’immunochemioterapia standard a base di antracicline e rituximab.

Sono stati arruolati 545 pazienti (di cui 336 donne) afferenti a 74 centri di 13 Paesi, di cui la maggior parte (ben 380) di centri italiani. La risposta è stata valutata in 530 pazienti che hanno completato l’immunochemioterapia di induzione. Di questi, 268 (il 50,6%) hanno ottenuto una remissione metabolica completa e sono stati assegnati secondo un rapporto 1:1 alla semplice osservazione (132) o a un trattamento di consolidamento con la radioterapia (30 Gy; 136 pazienti) entro 8 settimane dal termine dell’immunochemioterapia.

I partecipanti sono stati stratificati in base al sesso, al regime chemioterapico, il Paese di provenienza e il punteggio della PET.

L’endpoint primario dello studio era la PFS dopo la randomizzazione nei pazienti negativi alla PET al termine della chemioimmunoterapia. L’analisi dell’endpoint primario, secondo le raccomandazioni del comitato di monitoraggio indipendente, è stata eseguita con un follow-up minimo di 30 mesi su almeno l’80% dei pazienti. Gli endpoint secondari erano, invece, l’OS a 5 anni dalla registrazione e la tossicità a lungo termine.

Il protocollo prevedeva una dimensione del campione (540 pazienti da arruolare e 376 da randomizzare) ipotizzando una probabilità di PFS a 30 mesi di 0,85 in entrambi i bracci, con alfa a 0,05, potenza dell’80% e un hazard ratio (HR) di 1,77 come margine di non inferiorità. Al follow-up mediano di 30 mesi, il numero di eventi osservati è stato notevolmente inferiore a quello previsto, per cui il comitato di monitoraggio indipendente dello studio ha raccomandato di completare l’arruolamento totale previsto senza aumentare le dimensioni o la durata dello studio.

Caratteristiche dei pazienti
Le caratteristiche dei pazienti erano ben bilanciate nei due bracci: l’età mediana era in entrambi di 35,5 anni, oltre la metà dei pazienti era rappresentata da donne (65% nel braccio sottoposto alla radioterapia e 63% in quello sottoposto alla sola osservazione) e la maggioranza presentava una malattia bulky (rispettivamente 65% e 60%) e aveva livelli elevati di LDH (67% in entrambi i bracci).

L’effetto relativo stimato della radioterapia rispetto all’osservazione in termini di Hazard Ratio (HR) della PFS è risultato di 0,47 (IC al 95% 0,12-1,88) in assenza di aggiustamenti e 0,68 (IC al 95% 0,96-2,91) dopo aggiustamento in base alle variabili utilizzate per la stratificazione.
Inoltre, a 30 mesi, la riduzione del rischio assoluto di progressione effettuando la radioterapia è risultata del 2,3% (IC al 95% da -1,5 a 6,2) e dell’1,2% (IC al 95% da -3,0 a 8,3) rispettivamente in assenza e in presenza di aggiustamento.

Serve follow-up più lungo per le tossicità tardive
Per quel che riguarda gli eventi avversi, Zucca ha spiegato che si sono verificati tre eventi cardiaci seri e tre tumori secondari tutti in pazienti sottoposti alla radioterapia.

La possibilità per i pazienti di evitare la radioterapia, come dimostrato in questo studio, può evitare l’insorgenza di effetti collaterali e costi inutili. Tuttavia, ha aggiunto l’autore, è necessario un follow-up più prolungato per valutare le tossicità tardive.

Il commento dell’esperto
«Questi risultati sono particolarmente importanti per questo tipo di linfoma aggressivo, che si manifesta più frequentemente nei giovani adulti. Questi dati rassicuranti dimostrano che i pazienti con linfoma primitivo del mediastino a cellule B che hanno una risposta rapida alla immunochemioterapia iniziale ad alta intensità di dose ottengono risultati eccellenti con una probabilità molto bassa di recidiva, indipendentemente dal fatto che eseguano o meno la radioterapia di consolidamento come parte del trattamento. Ciò significa che questi pazienti possono tranquillamente evitare la radioterapia e i suoi effetti collaterali, senza compromettere la sopravvivenza», ha dichiarato Corey W. Speers, dello University of Michigan Rogel Cancer Center di Ann Arbor ed esperto dell’ASCO, commentando i risultati dello studio.

I prossimi passi
Gli autori stanno attualmente esplorando la fattibilità di un nuovo studio per verificare se la valutazione del DNA tumorale circolante (ctDNA biopsia liquida) assieme alla PET possa aiutare a prendere decisioni appropriate sul trattamento dei pazienti che non raggiungono una risposta completa dopo l’immunochemioterapia iniziale.

Bibliografia
E. Zucca, et al. Observation vs. radiotherapy in primary mediastinal B-cell lymphoma patients with complete response to standard immunochemotherapy: The IELSG37 randomized trial. J Clin Oncol 41, 2023 (suppl 17; abstr LBA7505); 10.1200/JCO.2023.41.17_suppl.LBA7505. leggi