La busta paga media a Milano è superiore del 90% rispetto a Palermo


Divario retributivo in Italia nell’ultima analisi della CGIA: la busta paga di un lavoratore a Milano è più pesante del 90% rispetto a un collega di Palermo

benefit busta paga

Come in molti paesi d’Europa, anche in Italia le differenze salariali a livello territoriale sono importanti. Nel 2021, ad esempio, la retribuzione media lorda annua dei lavoratori dipendenti italiani occupati nel settore privato nella Città Metropolitana di Milano era di 31.202 euro, a Palermo, invece, di 16.349 euro. Praticamente nella capitale economica del Paese un ipotetico lavoratore dipendente medio due anni fa percepiva il 90 per cento in più di un collega occupato nel capoluogo regionale siciliano. Tuttavia, se il confronto viene eseguito con la provincia calabrese di Vibo Valentia, ultima nel Paese per retribuzione media lorda annua (11.823 euro), il salario del dipendente meneghino era addirittura superiore del 164 per cento. La retribuzione media italiana, invece, ammontava a 21.868 euro.

Gli aspetti emersi dall’elaborazione eseguita dall’Ufficio studi della CGIA su dati INPS ripropongono una vecchia questione: gli squilibri retributivi presenti tra le diverse aree del nostro Paese, come, ad esempio, tra Nord e Sud, ma anche tra le aree urbane e quelle rurali. Questione che le parti sociali hanno tentato di risolvere, dopo l’abolizione delle cosiddette gabbie salariali avvenuta nei primi anni ’70 del secolo scorso, attraverso l’impiego del contratto collettivo nazionale del lavoro (CCNL). L’applicazione, però, ha prodotto solo in parte gli effetti sperati. Le disuguaglianze salariali tra le ripartizioni geografiche sono rimaste perché nel settore privato le multinazionali, le utilities, le imprese medio-grandi, le società finanziarie/assicurative/bancarie che – tendenzialmente riconoscono ai propri dipendenti stipendi molto più elevati della media – sono ubicate prevalentemente nelle aree metropolitane del Nord. Le tipologie di aziende appena richiamate, infatti, dispongono di una quota di personale con qualifiche professionali sul totale molto elevata (manager, dirigenti, quadri, tecnici, etc.), con livelli di istruzione alti a cui va corrisposto uno stipendio importante. Infine, non va nemmeno scordato che il lavoro irregolare è diffuso soprattutto nel Mezzogiorno e da sempre questa piaga sociale ed economica provoca un abbassamento dei salari contrattualizzati dei settori (agricoltura, servizi alla persona, commercio, etc.), ubicati nelle aree interessate da questo fenomeno.

Tuttavia, se invece di comparare il dato medio tra aree geografiche diverse lo facciamo tra lavoratori dello stesso settore, le differenze territoriali si riducono e mediamente sono addirittura più contenute di quelle presenti in altri paesi europei.

Pertanto, possiamo dire che in Italia le disuguaglianze salariali a livello geografico sono importanti, ma, grazie a un preponderante ricorso alla contrattazione centralizzata, abbiamo differenziali più contenuti rispetto agli altri Paesi. Per contro, la scarsa diffusione in Italia della contrattazione decentrata – istituto, ad esempio, molto diffuso in Germania1 – non consente ai salari reali di rimanere agganciati all’andamento dell’inflazione, al costo delle abitazioni e ai livelli di produttività locale, facendoci scontare anche dei gap retributivi medi con gli altri paesi molto importanti.

  • Meglio la contrattazione decentrata del salario minimo

Come ha avuto modo di segnalare anche il CNEL2, il problema dei lavoratori poveri non parrebbe riconducibile ai minimi tabellari troppo bassi, ma al fatto che durante l’anno queste persone lavorano un numero di giornate molto contenuto. Pertanto, più che a istituire un minimo salariale per legge andrebbe contrastato l’abuso di alcuni contratti a tempo ridotto. Altresì, dall’Ufficio studi della CGIA fanno sapere che per innalzare gli stipendi dei lavoratori dipendenti, in particolar modo di quelli con qualifiche professionali minori, bisognerebbe continuare nel taglio dell’Irpef e diffondere maggiormente la contrattazione decentrata. Avendo una delle percentuali relative al numero di lavoratori coperto dalla contrattazione collettiva nazionale tra le più alte a livello europeo (95 per cento del totale dei lavoratori dipendenti), dovremmo “spingere” per diffondere ulteriormente anche la contrattazione di secondo livello, premiando, in particolar modo, la decontribuzione e il raggiungimento di obbiettivi di produttività, anche ricorrendo ad accordi diretti tra gli imprenditori e i propri dipendenti. Così facendo, daremmo una risposta soprattutto alle maestranze del Nord e in particolar modo delle aree più urbanizzate del Paese che, a seguito del boom dell’inflazione, in questi ultimi due anni hanno subito, molto più degli altri, una spaventosa perdita del potere d’acquisto.

  • Contratti di lavoro di secondo livello: coinvolti solo 3,3 milioni di dipendenti (il 20% del totale)

Entro il 15 giugno scorso erano presenti presso il Ministero del Lavoro 10.568 contratti attivi di secondo livello, di cui 9.532 di natura aziendale e 1.036 territoriali. In relazione alla dimensione aziendale, il 43 per cento era stato sottoscritto nelle realtà aziendali con meno di 50 addetti, il 41 per cento in quelle con più di 100 e il 16 per cento in quelle con un numero di dipendenti compreso tra 50 e 99. Dei 10.568 contratti attivi, il 72 per cento è stato sottoscritto al Nord, il 18 per cento al Centro e il 10 per cento al Sud. Lombardia (3.218), Emilia Romagna (1.362) e Veneto (1.081) sono le regioni che presentano il numero più elevato (vedi Tab. 1). A livello nazionale sono coinvolti 3,3 milioni di dipendenti (il 20 per cento circa del totale nazionale), di cui 2,1 da contratti aziendali e 1,1 da contratti territoriali3.

  • Un dipendente privato su due ha il CCNL scaduto

Oltre ad estendere l’applicazione della contrattazione decentrata, l’Ufficio studi della CGIA ritiene che per appesantire le buste paga sarebbe necessario rispettare le scadenze entro le quali rinnovare i contratti di lavoro. Al netto del settore dell’agricoltura, del lavoro domestico e di alcune questioni di natura tecnica4, al 1° settembre scorso il 54 per cento dei lavoratori dipendenti del settore privato aveva il CCNL scaduto. Stiamo parlando di quasi 7,5 milioni di dipendenti su un totale che sfiora i 14 milioni. E’ molto difficile individuare le cause che non consentono la sottoscrizione del rinnovo entro la scadenza prevista dal contratto, tuttavia è verosimile ritenere che in molti casi ciò sia riconducibile alla difficoltà riscontrata dalle parti sociali a trovare un accordo sugli aumenti economici che vada bene sia al Nord che al Sud. Insomma, non essendo sviluppata sufficientemente la contrattazione di secondo livello – che per sua natura è in grado di premiare la produttività aziendale/territoriale e definire le contromisure per contrastare l’inflazione che, come sappiamo, ha tassi differenziati tra regioni e regioni e tra aree centrali e aree periferiche – è sempre più difficile raggiungere una intesa sugli aumenti retributivi di settore entro la scadenza prevista per un contratto che vada bene da Sondrio fino a Ragusa.

  • Buste paga più pesanti a Milano e lungo la via Emilia

Dall’analisi provinciale delle retribuzioni medie lorde pagate ai lavoratori dipendenti del settore privato emerge che, nel 2021, Milano è stata la realtà con gli stipendi più elevati: 31.202 euro. Seguono Parma con 25.912 euro, Bologna con 25.797 euro, Modena con 25.722 euro e Reggio Emilia con 25.566 euro. In tutte queste realtà emiliane, la forte concentrazione di settori ad alta produttività e a elevato valore aggiunto – come la produzione di auto di lusso, la meccanica, l’automotive, la meccatronica, il biomedicale e l’agroalimentare – ha “garantito” alle maestranze di questi territori buste paga molto pesanti. I lavoratori dipendenti più “poveri”, invece, si trovavano a Nuoro dove percepivano una retribuzione media lorda annua pari a 13.338 euro, a Cosenza con 13.141 euro e a Trapani con 13.137 euro. I più “sfortunati”, infine, lavoravano a Vibo Valentia dove in un anno di lavoro hanno portato a casa solo 11.823 euro (vedi Tab.2).

Tab. 1 – Distribuzione territoriale dei contratti di secondo livello al 15 giugno 2023

Regioni

Aziendale

Territoriale

Totale

Lombardia

2.883

335

3.218

Emilia Romagna

1.244

118

1.362

Veneto

1.013

68

1.081

Piemonte

937

135

1.072

Lazio

795

119

914

Toscana

592

59

651

Campania

356

15

371

Friuli Venezia Giulia

327

8

335

Marche

190

16

206

Liguria

173

30

203

Sicilia

154

24

178

Puglia

161

13

174

P. A. Trento

148

21

169

Abruzzo

157

8

165

P. A. Bolzano

107

41

148

Umbria

96

7

103

Sardegna

83

8

91

Calabria

59

4

63

Basilicata

32

5

37

Valle d’Aosta

12

2

14

Molise

13

0

13

ITALIA

9.532

1.036

10.568

Fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali

Tab. 2 – Le retribuzioni medie lorde per provincia di lavoro (anno 2021)

Rank

Province

Retribuzione media annua
(euro)

Maggior (+) o minor (-) retribuzione su dato medio ITALIA

in euro

%

1

Milano

31.202

+9.333

+42,7

2

Parma

25.912

+4.044

+18,5

3

Bologna

25.797

+3.928

+18,0

4

Modena

25.722

+3.854

+17,6

5

Reggio Emilia

25.566

+3.698

+16,9

6

Lecco

25.190

+3.322

+15,2

7

Trieste

24.747

+2.879

+13,2

8

Torino

24.506

+2.638

+12,1

9

Bergamo

24.388

+2.519

+11,5

10

Varese

24.260

+2.392

+10,9

11

Lodi

24.143

+2.275

+10,4

12

Vicenza

24.139

+2.271

+10,4

13

Genova

24.058

+2.190

+10,0

14

Treviso

23.836

+1.968

+9,0

15

Padova

23.788

+1.919

+8,8

16

Novara

23.606

+1.738

+7,9

17

Pordenone

23.451

+1.583

+7,2

18

Bolzano

23.444

+1.576

+7,2

19

Cremona

23.305

+1.437

+6,6

20

Alessandria

23.177

+1.309

+6,0

21

Brescia

22.983

+1.114

+5,1

22

Roma

22.971

+1.103

+5,0

23

Vercelli

22.943

+1.075

+4,9

24

Mantova

22.833

+965

+4,4

25

Verona

22.726

+858

+3,9

26

Como

22.672

+804

+3,7

27

Cuneo

22.591

+723

+3,3

28

Firenze

22.568

+700

+3,2

29

Piacenza

22.487

+618

+2,8

30

Biella

22.484

+616

+2,8

31

Asti

22.210

+342

+1,6

32

Udine

22.116

+248

+1,1

33

Belluno

21.754

-115

-0,5

34

Pavia

21.696

-172

-0,8

35

Ravenna

21.626

-243

-1,1

36

Siena

21.518

-350

-1,6

37

Pisa

21.435

-434

-2,0

38

Ancona

20.853

-1.016

-4,6

39

Gorizia

20.834

-1.034

-4,7

40

Forlì-Cesena

20.778

-1.090

-5,0

41

Trento

20.738

-1.130

-5,2

42

Lucca

20.651

-1.217

-5,6

43

Venezia

20.454

-1.414

-6,5

44

Ferrara

20.437

-1.431

-6,5

45

Sondrio

20.295

-1.573

-7,2

46

Arezzo

20.205

-1.663

-7,6

47

La Spezia

20.171

-1.697

-7,8

48

Pesaro e Urbino

20.126

-1.742

-8,0

49

Rovigo

19.811

-2.057

-9,4

50

Terni

19.638

-2.230

-10,2

51

Massa-Carrara

19.486

-2.382

-10,9

52

Verbano-Cusio-Ossola

19.481

-2.387

-10,9

53

Chieti

19.366

-2.502

-11,4

54

Perugia

19.352

-2.516

-11,5

55

Pistoia

19.220

-2.648

-12,1

56

Livorno

19.050

-2.818

-12,9

57

Savona

18.904

-2.964

-13,6

58

Frosinone

18.576

-3.292

-15,1

59

Macerata

18.304

-3.564

-16,3

60

Aosta

18.047

-3.822

-17,5

61

Prato

17.950

-3.918

-17,9

62

Latina

17.736

-4.132

-18,9

63

L’Aquila

17.653

-4.215

-19,3

64

Ascoli Piceno

17.615

-4.253

-19,4

65

Pescara

17.612

-4.256

-19,5

66

Cagliari

17.527

-4.341

-19,9

67

Potenza

17.228

-4.641

-21,2

68

Bari

16.920

-4.948

-22,6

69

Campobasso

16.894

-4.974

-22,7

70

Siracusa

16.558

-5.310

-24,3

71

Teramo

16.542

-5.326

-24,4

72

Taranto

16.513

-5.355

-24,5

73

Napoli

16.435

-5.433

-24,8

74

Viterbo

16.409

-5.460

-25,0

75

Palermo

16.349

-5.519

-25,2

76

Catania

16.283

-5.585

-25,5

77

Rieti

16.267

-5.601

-25,6

78

Imperia

16.186

-5.682

-26,0

79

Rimini

16.068

-5.800

-26,5

80

Caltanissetta

16.035

-5.833

-26,7

81

Avellino

16.028

-5.840

-26,7

82

Brindisi

15.931

-5.937

-27,2

83

Grosseto

15.816

-6.052

-27,7

84

Oristano

15.595

-6.273

-28,7

85

Isernia

15.533

-6.335

-29,0

86

Matera

15.349

-6.519

-29,8

87

Reggio Calabria

15.023

-6.845

-31,3

88

Sassari

14.916

-6.953

-31,8

89

Caserta

14.849

-7.019

-32,1

90

Foggia

14.709

-7.160

-32,7

91

Catanzaro

14.555

-7.313

-33,4

92

Enna

14.530

-7.338

-33,6

93

Benevento

14.236

-7.632

-34,9

94

Salerno

14.049

-7.819

-35,8

95

Lecce

13.819

-8.049

-36,8

96

Messina

13.802

-8.066

-36,9

97

Ragusa

13.730

-8.138

-37,2

98

Agrigento

13.672

-8.196

-37,5

99

Crotone

13.650

-8.218

-37,6

100

Nuoro

13.338

-8.530

-39,0

101

Cosenza

13.141

-8.727

-39,9

102

Trapani

13.137

-8.731

-39,9

103

Vibo Valentia

11.823

-10.045

-45,9

 ITALIA

21.868

 –

 –

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati INPS

Nota

Le informazioni fanno riferimento ai dati INPS ricavati dall’ “Osservatorio sui lavoratori dipendenti del settore privato (esclusi operai agricoli e domestici)” che individua la stragrande maggioranza dei dipendenti del privato che, nel 2021, sono stati retribuiti con almeno una giornata di lavoro (oltre 16,2 milioni); i dati del totale dipendenti includono anche eventuali dipendenti pubblici soggetti al contributo per la disoccupazione (ad esempio i supplenti della scuola). Il lavoratore che nel corso dell’anno ha avuto più di un rapporto di lavoro viene contato una sola volta e classificato per qualifica, tipologia contrattuale, luogo di lavoro e settore di attività sulla base del suo ultimo rapporto di lavoro, mentre retribuzione e giornate retribuite si riferiscono alla somma di tutti i suoi rapporti di lavoro nell’anno. Per retribuzione è da intendersi l’imponibile previdenziale comprensivo dei contributi a carico del lavoratore.

1 lavoce.info, Il lato perverso della contrattazione centralizzata, di Andrea Ichino, Enrico Moretti, Johanna Posch e Tito Boeri, 24 aprile 2019.

2 Osservazioni e proposte, Elementi di riflessione sul salario minimo in Italia, Assemblea 12 ottobre 2023.

3 Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Report deposito contratti, 15 giugno 2023.

4 Il CNEL ricorda che gli accordi di rinnovo vengono depositati nel proprio archivio solo dopo che sono state concluse le procedure di consultazione dei lavoratori; pertanto, esistono dei CCNL già rinnovati alla data indicata, ma non ancora depositati al CNEL e quindi non conteggiati. Altresì, un CCNL è classificato come rinnovato quando le parti firmatarie depositano l’accordo di rinnovo. In alcuni casi le parti depositano degli accordi di aggiornamento delle retribuzioni che saranno assorbiti in successiva sede di rinnovo; si tratta di CCNL che il CNEL classifica come “scaduti” pur in presenza di incrementi salariali.