Infarto: studio valuta migliore rivascolarizzazione negli anziani


Infarto: negli anziani è da preferire una rivascolarizzazione del solo vaso culprit, responsabile dell’occlusione, o una completa guidata dalla fisiologia?

Secondo una ricerca presentata all'ESC Preventive Cardiology 2023, nei giorni di maggiore inquinamento dell'aria aumenta il rischio di infarto e ictus

Nel paziente anziano, dopo un infarto del miocardio, sia STEMI sia non STEMI e in presenza di malattia multivasale, è da preferire una rivascolarizzazione del solo vaso culprit, cioè il vaso responsabile dell’occlusione, oppure una rivascolarizzazione completa guidata dalla fisiologia? A questa domanda ha risposto un importante studio multicentrico europeo, lo studio FIRE, appena presentato ad Amsterdam al congresso europeo di cardiologia (ESC) e pubblicato in contemporanea sul New England Journal of Medicine.

L’opzione migliore sembra essere la seconda. Lo studio evidenzia, infatti, che in questi pazienti la rivascolarizzazione completa guidata dalla fisiologia ha ridotto il rischio di eventi ischemici a un anno rispetto alla rivascolarizzazione della sola lesione colpevole.

«Il primo importante messaggio del nostro studio riguarda la popolazione oggetto della sperimentazione», ha spiegato in conferenza stampa l’autore principale del lavoro, Simone Biscaglia, dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara. «FIRE è il primo trial randomizzato in cui si è valutata la rivascolarizzazione completa in soggetti di età pari o superiore a 75 anni ed è uno studio di grande impatto sulla pratica clinica, perché la gestione effettiva dei pazienti anziani con infarto miocardico consiste spesso nel trattamento della sola lesione colpevole. Questo è il primo studio a evidenziare un beneficio (della rivascolarizzazione completa, ndr) che sembra essere più elevato, o almeno altrettanto elevato, rispetto a quello osservato nei pazienti più giovani».

«Il messaggio chiave dello studio, quindi, è che il trattamento dei pazienti anziani infartuati deve cambiare, perché finora tutti – consci della complessità di questi pazienti – abbiamo avuto un atteggiamento minimalistico», ha dichiarato Biscaglia ai microfoni di PharmaStar. Tuttavia, «lo studio FIRE suggerisce una cosa diversa, cioè che questi pazienti, probabilmente per il profilo di rischio maggiore, sono in realtà quelli che beneficiano di più di una rivascolarizzazione completa, tanto che i nostri risultati sono superiori in termini di riduzione degli eventi ‘hard’, cioè decessi e infarto, rispetto agli studi precedenti. Il nostro modo di approcciarci al paziente anziano (infartuato e con malattia multivasale, ndr) deve dunque cambiare», passando da un approccio minimalista alla rivascolarizzazione completa guidata dalla fisiologia.

Pazienti anziani sottorappresentati negli studi clinici
Durante la conferenza stampa, Biscaglia ha detto che la popolazione mondiale sta invecchiando e che un’ampia percentuale di questi anziani – circa il 20% – è destinata ad andare incontro a un infarto miocardico. Nonostante questo cambiamento demografico in atto, mancano sostanzialmente prove solide su come gestire al meglio i pazienti anziani con infarto del miocardio e malattia multivasale, anche perché gli over 75 sono spesso sottorappresentati negli studi clinici.

Il ruolo della rivascolarizzazione completa nei pazienti più giovani è ben consolidato. In uno degli studi più ampi condotti finora sull’argomento, lo studio COMPLETE, è stato dimostrato che i pazienti con STEMI e malattia multivasale sottoposti a rivascolarizzazione completa guidata dall’angiografia avevano un rischio inferiore di morte cardiovascolare o infarto del miocardio rispetto a quelli in cui veniva trattata solo la lesione colpevole. L’età media dei pazienti nello studio COMPLETE, tuttavia, era di soli 62 anni.

Anche le linee guida riflettono la scarsità di evidenze nel paziente anziano e non forniscono raccomandazioni specifiche sul tipo di rivascolarizzazione preferibile per gli anziani con infarto miocardico con malattia multivasale. Le linee guida ESC affermano che la rivascolarizzazione di routine delle lesioni non colpevoli deve essere presa in considerazione nei pazienti con infarto STEMI e malattia multivasale prima della dimissione dall’ospedale. Per l’infarto non STEMI, le linee guida ESC raccomandano di applicare nei pazienti anziani le stesse strategie interventistiche adottate per quelli più giovani.

Lo studio FIRE
FIRE (NCT03772743) è stato condotto proprio per contribuire a colmare queste lacune conoscitive sugli anziani. È uno studio multicentrico internazionale che ha arruolato 1445 pazienti in 34 centri in, Italia Spagna e Polonia. I partecipanti dovevano avere almeno 75 anni, erano stati ricoverati in ospedale per un infarto STEMI o non STEMI, avevano una chiara lesione colpevole dell’infarto, per la quale sono stati sottoposti con successo a una rivascolarizzazione (PCI) e avevano una malattia multivasale, con almeno una lesione non colpevole in una coronaria diversa da quella responsabile dell’infarto, con un diametro minimo del vaso di 2,5 mm e un diametro stimato visivamente della stenosi del 50-99%.

Dopo aver trattato con successo la lesione colpevole, i pazienti sono stati assegnati secondo un rapporto di randomizzazione 1:1 a un braccio nel quale non veniva eseguita nessuna ulteriore rivascolarizzazione o a un braccio in cui si effettuava una rivascolarizzazione completa guidata dalla fisiologia.

«Eseguire una rivascolarizzazione completa guidata dalla fisiologia significa che una volta trattata identificata e trattata la lesione colpevole dell’infarto, quella che ha portato il paziente alla nostra attenzione, le altre lesioni venivano valutate con sistemi che andavano a stimare il flusso all’interno del vaso: o metodi canonici, cioè guide di pressione che si posizionano alla fine della coronaria, oppure metodi più innovativi di ricostruzione tridimensionale del vaso a partire dall’angiografia», ha spiegato Biscaglia. «Se il flusso all’interno del vaso era ridotto per via della stenosi, la lesione doveva essere trattata, altrimenti no, e questo è importante, perché riduceva la possibilità di complicanze periprocedurali, che ovviamente bisogna assolutamente cercare di evitare nei pazienti anziani, spesso complessi e con diverse comorbidità».

L’endpoint primario era l’insieme di decessi, infarto miocardico, ictus o rivascolarizzazione coronarica guidata dall’ischemia avvenuti entro un anno dalla randomizzazione, mentre l’endpoint secondario chiave era rappresentato dall’insieme di decessi cardiovascolari e infarti del miocardio a un anno. Altri endpoint secondari includevano le singole componenti dell’endpoint primario. L’endpoint di sicurezza era l’insieme dei casi di danno renale acuto, ictus o sanguinamento associato al mezzo di contrasto (Bleeding Academic Research Consortium [BARC] tipo 3 o 5) entro un anno dalla randomizzazione.

Riduzione significativa di decessi ed eventi ischemici con la rivascolarizzazione completa
L’età media dei partecipanti era di 80 anni, il 36,5% era di sesso femminile e il 32,5% aveva un infarto STEMI.
Entro un anno dalla randomizzazione, i pazienti che sono andati incontro a uno degli eventi inclusi nell’endpoint primario sono stati 152 (il 21%) nel braccio in cui è stata trattata solo la lesione colpevole contro 113 (il 15,7%) nel braccio sottoposto alla rivascolarizzazione completa guidata dalla fisiologia, con una riduzione del rischio di eventi del 27% (HR 0,73; IC al 95% 0,57-0,93; P = 0,01). Il numero necessario da trattare (NNT) per prevenire il verificarsi di uno di questi eventi è risultato di 19 pazienti.

«Il risultato è stato impressionante e lo studio è molto positivo. La riduzione degli eventi che rappresentavano l’endpoint primario è stata significativa e questo ci permette di dire che l’utilizzo di una rivascolarizzazione completa guidata dalla fisiologia migliora l’outcome dei pazienti anziani con infarto» e malattia multivasale, ha sottolineato Bisceglia.

Anche il risultato relativo all’endpoint secondario chiave è risultato più favorevole nel braccio sottoposto alla rivascolarizzazione completa guidata dalla fisiologia, con una riduzione del rischio di eventi del 36% (HR, 0,64; IC al 95% da 0,47 a 0,88). In questo caso l’NNT per prevenire una morte cardiovascolare o un infarto miocardico è risultato di 22 pazienti.

Risultati migliori con la rivascolarizzazione completa guidata dalla fisiologia anche per tutti i componenti dell’endpoint primario, ed eccezione dell’ictus. Infatti, nel braccio assegnato a questa strategia i ricercatori hanno osservato una riduzione del 30% del rischio di decesso (HR, 0,70; IC al 95%, da 0,51 a 0,96), con un NNT pari a 27 pazienti, e una riduzione del 36% del rischio di morte cardiovascolare, del 38% del rischio di infarto del miocardio e del 37% del rischio di rivascolarizzazione guidata dall’ischemia.

«La riduzione dell’endpoint primario ottenuta con la rivascolarizzazione completa guidata dalla fisiologia è stata determinata principalmente da endpoint ‘hard’ come la morte e l’infarto del miocardio. I nostri risultati suggeriscono, quindi che nei pazienti anziani con infarto miocardico e malattia multivasale, la rivascolarizzazione completa guidata dalla fisiologia dovrebbe essere perseguita di routine», ha rimarcato Biscaglia.
Invece, gli autori non hanno trovato nessuna differenza apparente tra i due bracci relativamente all’incidenza dell’endpoint di sicurezza, con un HR di 1,11 per la rivascolarizzazione completa guidata dalla fisiologia rispetto alla rivascolarizzazione della sola lesione colpevole (IC al 95% da 0,89 a 1,37; P = 0,37).

Considerare la rivascolarizzazione completa indipendentemente dall’età
In un editoriale di commento allo studio FIRE, Shamir Mehta, della McMaster University e del Population Health Research Institute di Hamilton (in Canada), autore principale dello studio COMPLETE, scrive che «lo studio FIRE conferma il beneficio della rivascolarizzazione completa che è stato osservato in studi precedenti e fornisce ulteriori prove a favore di questo approccio nei pazienti più anziani».
«La riduzione della mortalità osservata con la rivascolarizzazione completa a un anno è particolarmente notevole e rafforza la scoperta che la rivascolarizzazione completa dovrebbe essere presa in considerazione in tutti i pazienti che presentano infarto miocardico acuto, indipendentemente dall’età», aggiunge l’esperto.

Bibliografia
S Biscaglia, et al. Complete or culprit-only PCI in older patients with myocardial infarction. N Engl J Med. 2023; Epub ahead of print; doi: 10.1056/NEJMoa2300468 https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2300468

S.R. Mehta, et al. Complete Revascularization in Older Patients with Myocardial Infarction. N Engl J Med. 2023; Epub ahead of print; doi: 10.1056/NEJMe2307941. https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMe2307941?query=recirc_curatedRelated_article