Blitz antiterrorismo a Milano: arrestati due egiziani


A Milano effettuati 2 arresti per associazione con finalità di terrorismo: in manette due persone di origine egiziana

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Con l’accusa di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo ed istigazione a delinquere con finalità di terrorismo, due persone di origine egiziana sono state arrestate a Milano in esecuzione di altrettanti provvedimenti di custodia cautelare in carcere emessi dal giudice per le indagini preliminari del tribunale milanese.

Le misure cautelari sono il frutto dell’indagine condotta dalla Digos di Milano e dal Centro operativo per la sicurezza cibernetica di Perugia, in collaborazione con la Direzione centrale della Polizia di prevenzione e con il Servizio Polizia postale e delle comunicazioni.

L’attività investigativa ha preso il via nell’agosto 2021 sulla base di elementi acquisiti dall’intelligence e da ulteriori indizi emersi durante un altro procedimento penale.

I poliziotti hanno avviato approfondimenti nei confronti dei due indagati, entrambi presenti su gruppi Whatsapp di matrice jihadista e riconducibili allo Stato islamico.

L’attività ha evidenziato la centralità del cyberspazio e dei circuiti mediatici internazionali, nella diffusione del messaggio jihadista finalizzato al proselitismo e all’esaltazione delle azioni terroristiche da parte dell’organizzazione a cui hanno aderito gli indagati.

In particolare, è stato riscontrato l’uso della Rete per un addestramento diffuso, evidenziato da copioso materiale inneggiante ad azioni terroristiche violente, in diversi casi con bambini protagonisti; condivisione sui propri account Facebook di contenuti jihadisti; versamenti in denaro a favore di nominativi presenti in Yemen e Palestina; indottrinamento religioso svolto nei confronti dei familiari, con particolare riferimento ai figli minori.

Nel corso dell’indagine uno degli indagati ha anche postato sul proprio profilo Facebook il giuramento di fedeltà allo Stato islamico.

Rilevata anche una particolare esperienza da parte degli indagati nell’uso delle armi, nonché la loro disponibilità a dare consigli sul loro impiego, oltre a diverse minacce dirette a cariche istituzionali italiane.