Eventi avversi e terapie per l’HIV: replicazione virale da tenere sotto controllo


La somministrazione di regimi terapeutici per il trattamento delle persone che vivono con l’HIV (PLWH) può essere accompagnata da eventi avversi a carico di diversi organi

Interrotto per inefficacia lo studio su un vaccino HIV sperimentale in giovani donne dell'Africa sub-sahariana ad alto rischio

La somministrazione di regimi terapeutici per il trattamento delle persone che vivono con l’HIV (PLWH) può essere accompagnata da eventi avversi a carico di diversi organi, tra cui reni, fegato e anche il sistema nervoso centrale. Risulta di fondamentale importanza controllare la replicazione virale e di pari passo la sicurezza nel lungo periodo. Se ne è parlato a Bari durante la 15esima edizione del congresso ICAR con focus sulla terapia a base di bictegravir/emtricitabina/TAF la cui tollerabilità è significativamente maggiore rispetto ai competitor.

Bictegravir emtricitabina e TAF è un regime terapeutico per il trattamento dell’HIV semplice da usare grazie alla monosomministrazione giornaliera che può avvenire sia in contemporanea al cibo che lontano dai pasti e che mostra poche potenziali interazioni con altri farmaci.
È una combinazione di farmaci che viene eliminata attraverso due vie metaboliche: il citocromo P450 3A4 e l’UGT1A1 metabolizzano il bictegravir, mentre la Pgp e la BRCP sono coinvolte nell’eliminazione del TAF.

È una terapia che mostra anche una potente azione anti-HBV e può essere prescritta in pazienti con insufficienza epatica (stadio cirrotico Child-Pugh Classe A e B), in pazienti con insufficienza renale lieve o moderata ma anche più avanzata e in emodialisi.
Gli studi in vitro, oltre a quelli clinici, evidenziano un farmaco con un profilo di resistenza favorevole con nessuna resistenza emergente dal trattamento e una lunga emivita plasmatica.

Si somministra per via orale, è una compressa molto piccola che può essere assunta senza dover aspettare i risultati di laboratorio (conta CD4, carica virale, stato HLA etc).
Gli studi registrativi che ne hanno permesso l’approvazione e l’immissione in commercio (1489, 1490, 1844, 1878) hanno evidenziato una bassa percentuale di interruzione del farmaco (pari o inferiore al 2%) in seguito ad eventi avversi con un follow up in alcuni casi fino a 5 anni. Tale percentuale è decisamente inferiore ai farmaci a cui è stato confrontato sia nei naive che nei pazienti che hanno cambiato terapia verso B/F/TAF in cui il rischio di eventi avversi è normalmente maggiore.

Tutto ciò si riflette anche sulla sicurezza a lungo termine; oggi abbiamo dei dati di safety che arrivano alla settimana 240 (5 anni) da due grandi studi, il 1489 e il 1490, che evidenziano percentuali estremamente basse di sospensione del farmaco a causa di eventi avversi. Non si riscontrano più problematiche renali severe o del metabolismo osseo, che erano effetti collaterali da gestire con il predecessore del TAF, il TDF. Questi studi riportano zero casi di tubulopatia prossimale renale (inclusa la sindrome di Fanconi), nessuna interruzione dovuta a insufficienza renale e un minimo impatto o trascurabile a livello di body mass density.

“Ovviamente i dati provenienti dai trial clinici selezionano il paziente prima dell’inserimento nello studio, quindi, è importante valutare anche i dati che confermano la tollerabilità nella pratica clinica, come lo studio real life BICSTaR. Questo studio conferma la sicurezza indipendentemente da sesso e dall’età” ha precisato Giordano Madeddu, professore associato di Malattie Infettive presso l’Università di Sassari durante la sua relazione al congresso.
Nel lungo periodo è necessario considerare anche altri aspetti quindi eventi avversi di interesse speciale che possono insorgere in vari organi come fegato, reni, osso, metabolismo lipidico/peso corporeo e sistema nervoso centrale.

“Gli eventi avversi sul sistema nervoso centrale sono di particolare interesse ma negletti nella pratica clinica perché difficili da misurare eppure i problemi psichiatrici impattano fortemente sulle persone che vivono con l’HIV (20-40%) specialmente nelle donne in cui l’incidenza sale al 30-60%, decisamente più elevata rispetto alla popolazione generale (5-10%)” ha aggiunto Madeddu.
Le condizioni più frequenti in queste persone sono ansia e depressione, spesso sotto-diagnosticate specialmente quando dipendono dai farmaci antiretrovirali perché il paziente li attribuisce ad altre cause.

Lo studio POPPY, presentato all’EACS 2015, ha mostrato l’alterazione in diverse aree cognitive nelle persone con HIV, tra cui velocità di processamento del pensiero, memoria, apprendimento verbale, attenzione etc.
Purtroppo, questi disturbi impattano anche sull’aderenza alla terapia (15% negli adulti, 25% negli adolescenti) come riporta una revisione sistematica pubblicata su PLoS Med nel 2016 (Shubber Z. et al).

Alcuni farmaci sono maggiormente coinvolti nello sviluppo di problematiche neurocognitive,  e pur essendo importanti nell’armamentario terapeutico degli infettivologi, sono collegati allo sviluppo di sintomatologia a carico del SNC soprattutto in persone di età avanzata e in persone che già avevano delle problematiche in quest’area prima di iniziare il trattamento.

I risultati raggiunti con bictegravir/emtricitabina/TAF sono rassicuranti anche da questo punto di vista come mostrato dai dati derivanti dagli studi 1489 e 1844 in cui questa tripletta è stata confrontata a DTG/ABC/3TC (dolutegravir/abacavir/lamivudina) in persone naive al trattamento e in adulti con carica virale soppressa. B/F/TAF si è mostrato più tollerabile e significativamente meno collegato all’insorgenza di sintomi quali depressione, nervosismo, ansia, perdita di energia, disturbi del sonno etc.

Anche in studi interventistici in cui è stato eseguito uno switch da un’altra triplice terapia a B/F/TAF si osserva un vantaggio, già a tre mesi, con riduzione dell’incidenza e della severità dei sintomi neuropsichiatrici soprattutto depressivi.
Il miglioramento dei sintomi psichiatrici e della qualità del sonno viene sottolineato anche dai dati dello studio EBONY di switch da EFV/F/TDF (efavirenz/emtricitabina/TDF) a B/F/TAF.

Anche nella real life, come conferma lo studio BICSTaR, vi è un netto miglioramento di tutti gli score collegati alla salute mentale e psicologica.

In conclusione, non è facile diagnosticare le problematiche del SNC nelle persone con HIV; risulta quindi fondamentale adottare un approccio multidisciplinare per valutare i diversi bisogni di queste persone e instaurare un corretto trattamento. Il team multidisciplinare ha il compito di seguire tutto il percorso del paziente perché non basta raggiungere la soppressione virologica ma bisogna anche seguire problematiche spesso misconosciute ma che impattano fortemente sulla qualità della vita di queste persone e che, se individuate, possono essere lenite grazie a uno switch terapeutico a B/F/TAF.

Madeddu G. The confidence of B/F/TAF Long Term Safety in HIV Treatment. ICAR 2023 Bari, 14-16 giugno

Zara Shubber et al., Patient-Reported Barriers to Adherence to Antiretroviral Therapy: A Systematic Review and Meta-Analysis PLoS Med. 2016 Nov 29;13(11):e1002183.
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