I giorni su Marte durano sempre meno


Marte non ha una velocità di rotazione costante: lo mostrano gli ultimi dati trasmessi dalla sonda della Nasa InSight prima di spegnersi

marte

Ogni anno, un giorno su Marte dura 760 nanosecondi in meno. Una differenza di tempo impercettibile, inferiore al milionesimo di secondo, ma misurabile. Significa che il pianeta sta accelerando il proprio moto di rotazione di circa 4 milliarcosecondi all’anno quadrato (4 mas/y2). I dati provengono dalla missione della Nasa InSight, e sono stati pubblicati in un articolo sulla rivista Nature.

Alla cabina di regia c’era InSight, dicevamo, il lander della Nasa che ha lavorato per quattro anni sul Pianeta rosso lasciando in eredità una grande quantità di dati, che verranno analizzati nei prossimi anni. La talpa – così è soprannominato InSight, proprio perché progettata per affondare e scavare il terreno marziano – infatti ha ufficialmente finito le batterie lo scorso dicembre, e in seguito a due tentativi di connessione falliti, la Nasa ha decretato la fine delle operazioni.

Per determinare il tasso di rotazione del pianeta, gli autori dello studio hanno sfruttato le informazioni provenienti da uno degli strumenti di InSight, il Rotation and Interior Structure Experiment, o Rise. Formato da un trasponder e alcune antenne, Rise si inserisce in una lunga tradizione di lander marziani che utilizzano le onde radio per scopi scientifici. Fra i suoi predecessori, i due lander Viking negli anni ’70 e il lander Pathfinder alla fine degli anni ’90. Ma nessuna di queste missioni aveva il vantaggio della tecnologia radio avanzata di InSight e né poteva contare sugli aggiornamenti alle antenne della Deep Space Network della Nasa sulla Terra: miglioramenti che hanno permesso di ottenere dati cinque volte più precisi.

Per cercare variazioni nel moto di rotazione di Marte, gli scienziati hanno utilizzato i dati raccolti nei primi 900 giorni di vita dello strumento: in particolare, hanno misurato le variazioni Doppler nel segnale riflesso dalla sonda verso le antenne del Deep Space Network. Qualsiasi ritardo o anticipo nel segnale in arrivo poteva essere causato, fra le altre cose, da cambiamenti nel moto di rotazione. Altri fenomeni che possono rallentare il segnale in arrivo e produrre un effetto simile sono, ad esempio, la presenza di acqua, il cambiamento nelle condizioni di umidità dell’atmosfera terrestre, o ancora il vento solare. Una volta eliminate queste fonti di rumore, gli scienziati sono andati alla ricerca del segnale: hanno trovato una piccola accelerazione residua che hanno imputato alla rotazione del pianeta ma della cui causa, però, stanno ancora discutendo. Il fenomeno fisico che l’ha innescata potrebbe essere l’accumulo di ghiaccio sulle calotte polari del pianeta rosso o qualche altro meccanismo post-glaciale, come il riemergere della terra dopo essere stata sepolta dal ghiaccio. Fenomeni che causano uno spostamento del centro di massa del pianeta che può alterare l’accelerazione, un po’ come come accade a un pattinatore sul ghiaccio quando ruota con le braccia distese e poi le ritira.

Grazie ai dati di Rise, poi, gli autori hanno misurato anche l’oscillazione di Marte – o nutazione – dovuta ai movimenti del nucleo liquido al centro del pianeta. Sono riusciti, in particolare, a separare i contributi del nucleo e del mantello nell’analisi, e a determinare anche le dimensioni e la forma del nucleo: in base ai dati, hanno calcolato un raggio di circa 1.835 chilometri, e una densità media di 5.955-6.290 kg/m3, che aumenta al confine nucleo-mantello fino a 1.690-2.110 kg/m3. Confrontando questo dato con le misure del sismometro di InSight, hanno determinato un intervallo di dimensioni più probabile per il nucleo, che avrebbe un raggio compreso tra 1.790 e 1.850 chilometri. Per quel che riguarda la forma e la composizione del nucleo, invece, i risultati hanno evidenziato la presenza di anomalie di massa in profondità, che non sono compatibili con l’esistenza di un nucleo interamente solido.

Insomma, dopo quattro anni di onorato servizio, i dati di InSight costituiranno un’eredità che gli scienziati si porteranno dietro ancora per molto tempo.

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature l’articolo “Spin state and deep interior structure of Mars from InSight radio tracking“, di Sébastien Le Maistre, Attilio Rivoldini, Alfonso Caldiero, Marie Yseboodt, Rose-Marie Baland, Mikael Beuthe, Tim Van Hoolst, Véronique Dehant, William M. Folkner, Dustin Buccino, Daniel Kahan, Jean-Charles Marty, Daniele Antonangeli, James Badro, Mélanie Drilleau, Alex Konopliv, Marie-Julie Péters, Ana-Catalina Plesa, Henri Samuel, Nicola Tosi, Mark Wieczorek, Philippe Lognonné, Mark Panning, Suzanne Smrekar e W. Bruce Banerdt