Sindrome di Dravet: le difficoltà di transizione dall’età pediatrica a quella adulta


Un momento chiave per il paziente affetto dalla sindrome di Dravet è la transizione dall’età pediatrica a quella adulta, un percorso non semplice e poco organizzato

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Un momento chiave per il paziente affetto dalla sindrome di Dravet è la transizione dall’età pediatrica a quella adulta, un percorso non semplice e attualmente non adeguatamente organizzato, a scapito della qualità di vita tanto delle persone che soffrono di questa condizione altamente debilitante quanto delle loro famiglie. Se ne è parlato al 46° congresso della Lega Italiana Contro l’Epilessia (LICE).

La sindrome di Dravet è una forma di epilessia associata a disturbi dello sviluppo neurologico che esordisce molto precocemente nei primi mesi di vita del lattanti, apparentemente normali al momento dell’insorgenza delle crisi. È caratterizzata da un esordio di crisi frequenti di lunga durata, farmaco resistenti, che vanno via via aumentando e si modificano nel tempo in modo diverso tra i pazienti, così come lo sviluppo di comorbilità.

Per caratterizzare i bisogni dei pazienti nella delicata fase di transizione dall’età pediatrica a quella adulta nell’ottica di identificare le criticità e le possibili aree di miglioramento nel percorso del paziente, è stata condotta un’indagine sul piano quantitativo tramite interviste standardizzate per inquadrare i servizi disponibili per i malati. Sono stati coinvolti 11 centri pediatrici italiani e 17 centri dell’adulto, per un totale di 54 soggetti che hanno risposto ai questionari. L’indagine qualitativa ha invece interessato 5 specialisti e 5 caregiver, ha spiegato la prof.ssa Francesca Darra, Primario di Neuropsichiatria Infantile, Azienda Ospedaliera Integrata di Verona.

Momenti chiave del percorso del paziente
Dalle interviste è emerso che i soggetti con sindrome di Dravet sono il 2% dei pazienti totali visti dal neurologo pediatrico e lo 0,5% di quelli visti dal neurologo dell’adulto. La complessità della sindrome, per via delle molte comorbilità, richiede un’attivazione molto precoce di diverse figure professionali, in ambito pediatrico soprattutto il psicomotricista, lo psicologo e l’educatore, mentre per l’adulto lo psicologo, il cardiologo e il fisiatra.

Il percorso del paziente è determinato da alcuni momenti determinanti:

  • l’esordio della patologia prima della diagnosi, in cui le crisi impattano fortemente sulle famiglie e sono frequenti gli accessi al pronto soccorso e le visite pediatriche e specialistiche
  • il momento della diagnosi, preceduto dalla ricerca di uno specialista che avvii gli esami necessari a identificare la patologia e seguito dalle difficoltà inerenti alla comunicazione diagnostica ai familiari, che oltre al neurologo di riferimento coinvolge diverse figure come il genetista
  • l’inizio della terapia, in cui è necessario attivare tutte le figure necessarie al processo abilitativo/riabilitativo, scegliere il trattamento e insegnare alla famiglia come gestire le emergenze, con un conseguente forte impatto sulla qualità della vita quotidiana

Durante l’adolescenza le crisi di solito tendono a stabilizzarsi e diventano prevalentemente notturne, ma si manifestano le comorbilità e per la famiglia l’onere maggiore diventa la gestione delle problematiche legate agli aspetti cognitivi, motori e psichiatrici del giovane malato. È in questa fase che si palesa il problema della transizione, che in Italia non è ancora adeguatamente strutturata.

La transizione dal punto di vista delle famiglie
La valutazione degli aspetti più prettamente psicologici ed emotivi legati alla vita dei genitori hanno evidenziato l’angoscia come stato d’animo predominante alla comparsa delle crisi epilettiche nel bambino. Il momento della diagnosi molto spesso è accompagnato da incredulità e confusione e richiede tempo perché sia metabolizzata. Con il passaggio all’età adulta le preoccupazioni dei genitori riguardano invece cosa accadrà nel futuro.

Il sondaggio ha evidenziato che nel 30% delle strutture intervistate non esiste un percorso di transizione dall’età pediatrica a quella adulta. Nel restante 70% dei casi esiste da almeno 10 anni in più della metà dei centri (58%) e da meno di un anno negli altri.

La maggior parte delle famiglie (60%) dichiara di accettare di buon grado la transizione, il 30% sono restie all’inizio mentre il 10% mostra resistenza al passaggio al centro per l’adulto, per timore di perdere lo specialista di cui si fidano (34%).

I pazienti che arrivano alla maggiore età solo nel 31% dei casi smettono di frequentare il centro pediatrico, per il 50% perché non lo ritengono più necessario e per il 40% perché gestiscono le crisi in autonomia con il supporto del medico di famiglia.

I bisogni soddisfatti espressi dalle famiglie sono essenzialmente la scarsa integrazione tra il servizio ospedaliero e il territorio, la mancanza di un supporto psicologico continuativo che non si limiti solo ai bambini, la scarsità di centri che siano in grado di garantire tutte le figure di supporto al paziente (fisiatra, cardiologo, ortopedico, dentista), la formazione degli operatori e la carenza di un adeguato sostegno alle famiglie al momento della diagnosi, psicologicamente molto impegnativo.

La transizione dal punto di vista del neurologo
Solo il 43% dei pazienti arriva alla neurologia dell’adulto, mentre il restante 57% non beneficia di un percorso di transizione e ricerca in autonomia un centro con esperienza nella sindrome di Dravet nel quale vengano somministrate le terapie più recenti.

Le motivazioni del neurologo relativamente al 57% degli adulti che non possono beneficiare del percorso di transizione per mancanza di centri neurologici dedicati fanno riferimento a problemi di organizzazione, ovvero carenza di personale o mancanza di fondi, mentre altri lo attribuiscono alla difficoltà da parte dei colleghi neuropsichiatrici infantili di interrompere lo stretto rapporto che hanno instaurato con i loro pazienti. Allo stesso modo molti pazienti sono poco propensi a lasciare una struttura in cui si sono sentiti protetti e che per lungo tempo ha rappresentato un punto di riferimento.

«Nell’età adulta abbiamo sicuramente la necessità di affrontare tutti gli aspetti della neurodegenerazione come il parkinsonismo, che ormai è noto essere un aspetto dell’evoluzione della sindrome di Dravet» ha osservato Francesca Bisulli, Professoressa associata di Neurologia, Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie, Università di Bologna. «A differenza dell’area pediatrica non disponiamo di una rete multidisciplinare e la commissione della transizione sta lavorando perché questo approccio migliori. L’aspetto organizzativo è ancora da sviluppare, lavorando di concerto con le istituzioni».

Azioni per migliorare il percorso del paziente
In conclusione, sulla base dei bisogni espressi, le azioni proposte per aiutare il paziente includono:

  • nella fase di esordio della sintomatologia è molto importante una via rapida di accesso al centro specialistico di terzo livello, che consente di gestire le complicanze, evita molti giri a vuoto dei genitori e probabilmente la necessità di accedere al pronto soccorso
  • nel momento della diagnosi bisogna attrezzarsi per dare il giusto supporto alle famiglie perché la difficile accettazione della diagnosi è un percorso lungo e complesso che deve culminare con la condivisione tra la famiglia e i medici di riferimento e con la programmazione dei controlli necessari per l’adeguata e rapida presa in carico del bambino
  • per supportare i giovani pazienti è fondamentale costruire un’alleanza tra l’equipe medica e la famiglia, una forte integrazione con la scuola e con tutte le attività che possono aiutare e migliorare lo sviluppo di questi bambini e la loro qualità di vita, che coinvolga quindi le attività sportive, ludico-ricreative, i rapporti con il pediatra e con le strutture territoriali di riabilitazione
  • per la fase di transizione si sta cercando di aumentare la formazione del personale sanitario, potenziare la rete con il territorio e lavorare sulla multidisciplinarietà, tenendo presente che questa fase richiede la cooperazione del neuropsichiatra infantile, del neurologo pediatrico e del neurologo dell’adulto
  • è molto importante anche il coinvolgimento delle famiglie e delle associazioni, che devono avere un ruolo attivo nella costruzione di questi percorsi e nella mediazione con le agenzie sociali sanitarie che possono aiutare a migliorare l’assistenza di questi pazienti.

Referenze

Darra F. Il Patient Journey nella transizione dall’età pediatrica a quella adulta del paziente con sindrome di Dravet. 46° congresso LICE. Napoli 7-9 giugno 2023.