Stenosi aortica: esperienze di TAVI a confronto


Stenosi aortica: a confronto le diverse esperienze nell’ambito della TAVI, con l’obiettivo di identificare percorsi ad hoc che permettano l’adozione di questa procedura

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La stenosi valvolare aortica è la malattia più comune delle valvole cardiache negli adulti, la cui prevalenza cresce con l’aumentare dell’età. L’impianto transcatetere della valvola aortica – TAVI – rappresenta l’unica tecnica interventistica percutanea mini-invasiva per il trattamento della stenosi valvolare aortica (AS), e ha contributo sensibilmente ad espandere l’offerta di cura per i pazienti affetti da questa patologia. Tuttavia, ancora un terzo dei pazienti non ha accesso a questa procedura per diverse cause, tra le quali la mancata applicazione delle raccomandazioni internazionali, le significative disparità territoriali e la frammentazione a livello regionale del Sistema Sanitario Nazionale.

È su queste e molte altre tematiche che si è concentrato il Tavolo di lavoro multisciplinare “TAVI tra  Innovazione e sostenibilità”, organizzato da GISE – Società Italiana di Cardiologia Interventistica, in collaborazione con SIC – Società Italiana di Cardiologia, SICCH – Società Italiana di Chirurgia Cardiaca, e con il contributo non condizionato di Medtronic, nell’ambito della campagna di informazione TAVI è Vita (Napoli, Hotel Royal Continental, ore 14.30). L’incontro per discutere e mettere a confronto le diverse esperienze nell’ambito della TAVI, identificare percorsi ad hoc che ne permettano l’adozione in maniera più estesa, con una conseguente riduzione del consumo di risorse economiche in un’ottica di sostenibilità del sistema ospedaliero e sanitario.

“La TAVI rappresenta una modalità di scelta per il trattamento di un’ampia fetta di pazienti con stenosi aortica severa; si caratterizza per la minore invasività, l’ospedalizzazione più breve e un più rapido recupero e ritorno alle normali attività quotidiane rispetto all’intervento di chirurgia tradizionale. Tuttavia, la procedura  è ancora sottoutilizzata” – sottolinea Giovanni Esposito, Presidente GISE. “Il nostro intento è quello di dialogare con le Istituzioni e collaborare alla ricerca di soluzioni alle barriere che attualmente ostacolano la diffusione della TAVI sul territorio nazionale con l’obiettivo di rispondere ai bisogni di una proporzione sempre maggiore di cittadini. La risposta obbligata sta nell’organizzazione di servizi in reti ‘tempo-dipendenti’, che favoriscano la comunicazione tra medico di medicina generale, cardiologo del territorio e specialisti dei centri di riferimento. È fondamentale assicurare una corretta e immediata presa in carico del paziente che, per gravità e caratteristiche della patologia, deve avvenire in tempi brevi e nel luogo di cura più appropriato”.

“È necessario continuare a implementare il modello delle reti tempo-dipendenti, diventato una realtà ormai consolidata in quasi tutte le Regioni” – dichiara Enrico Coscioni, Presidente di AGENAS. “Al fine di assicurare la corretta presa in carico del paziente cardiologico lungo tutto il suo percorso di cura dalla gestione dell’emergenza in pronto soccorso fino alla fine della riabilitazione. Anche il nuovo assetto della sanità territoriale previsto dal PNRR Missione Salute, su cui AGENAS è impegnata per l’attuazione degli interventi quale tramite del Ministero della Salute, dovrà essere un punto di riferimento continuativo per la presa in carico dei pazienti con cronicità, come appunto quelli affetti da patologie cardiovascolari. Infine, è nostra mission come Agenzia della sanità digitale, assicurare e sviluppare la diffusione dei servizi ad alto impatto tecnologico in modo equo e omogeneo su tutto il territorio nazionale.”

Attualmente il 3.4% della popolazione italiana con età ≥75 anni è affetto da stenosi valvolare aortica severa. Nonostante la crescita esponenziale della domanda di salute, in Italia la terapia TAVI è ancora sottoutilizzata, infatti, la media nazionale si attesta solo al 40% con differenze regionali rilevanti. Nel 2021 in Italia sono stati eseguiti con la TAVI 9.911 interventi. Tra le regioni con maggior utilizzo delle tecniche mini-invasive troviamo la Campania – insieme a Lombardia (1.975), Veneto (984) e Emilia-Romagna (941) – che nell’utimo anno ha effettuato 925 interventi TAVI, con un aumento del 16% rispetto all’anno precedente.

Questi dati confermano che si è avviato un processo di ampliamento dell’utilizzo della procedura, ma allo stesso tempo sottolineano come rimanga ancora molto da fare per raggiungere standard uniformi e ottimizzati su tutto il territorio nazionale. I punti critici riguardano in particolare gli aspetti relativi alle capacità organizzative delle strutture specializzate (gli hub) e territoriali (spoke), gli sprechi e le inefficienze presenti nel percorso di cura del paziente e la mancanza di reti standardizzate che, insieme, rappresentano un freno ad un maggior utilizzo della TAVI.

Il 50% dei pazienti con stenosi aortica severa sintomatica se non trattati muore dopo 2 anni. Le Linee Guida ESC[1] 2021 hanno evidenziato come la TAVI sia efficace e debba costituire uno standard di cura, eppure persistono grandi diseguaglianze di trattamento tra pazienti di diverse regioni italiane” – spiega Ciro Indolfi, Past President SIC e Presidente della Federazione Italiana di Cardiologia “Sciogliere il nodo dei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali – da uniformare a livello nazionale – è cruciale per garantire un equo e adeguato accesso a questa procedura. Questo può avvenire soltanto se le regioni si organizzano per garantire il trattamento dei pazienti con stenosi aortica e se la cardiologia territoriale e il sistema degli hub & spoke lavorano in modo sinergico ed efficace”.

Le linee guida europee hanno specificato chiaramente che l’utilizzo della TAVI debba prevedere il coinvolgimento di un team multisciplinare, l’Heart Team, presente all’interno degli Heart Valve Center, strutture di riferimento con le competenze necessarie per il trattamento di pazienti con patologia valvolare.

“Lo svolgimento della procedura all’interno delle strutture dotate di cardiochirurgia e la presa in carico da parte dell’Heart Team sono fondamentali per indirizzare il paziente verso il trattamento migliore per le sue specifiche condizioni fisiche e cliniche” – spiega Francesco Musumeci, Past President SICCH. “Tuttavia, per permettere agli Heart Valve Center di rispondere in maniera adeguata alla richieste di accesso alla TAVI, bisogna lavorare sull’intero ‘circuito’ territoriale e risolvere la mancanza di reti strutturate per la gestione integrata del paziente tra specialisti, centri periferici e hub”.

Il vantaggio di un iter diagnostico-terapeutico ben definito permette di valutare il paziente sin dalle prime fasi indirizzandolo correttamente verso il percorso di cura più indicato, consentendogli così di beneficiare anche di una riduzione della degenza ospedaliera. Un aspetto quest’ultimo che ha un impatto positivo anche sulla sostenibilità del SSN, con un minore impiego di risorse pubbliche. Si registra, infatti, che la degenza per i pazienti TAVI abbia una durata superiore a 7 giorni come indicato in letteratura contro i 5 giorni risultanti da un’ottimizzazione del percorso, con un conseguente risparmio delle risorse associate: il percorso “paziente-ottimizzato” ha un costo pari a € 7.461 rispetto a un costo di € 8.820 per il percorso standard. Il risparmio complessivo per paziente risulta essere quindi pari ad un minimo di € 1.359[2].

“La TAVI ha dimostrato di avere un rapporto costo/efficacia complessivo caratterizzato da minori costi di gestione a medio-lungo termine che quindi garantirebbe un utilizzo corretto e più efficiente delle risorse ospedaliere rispetto all’approccio tradizionale” – spiega Francesco Saverio Mennini, Presidente SIHTA – Società Italiana di Health Technology Assessment. “I decisori devono essere correttamente informati sul vantaggio che può derivare dall’uso di una specifica tecnologia e dal suo valore aggiunto, che non coincide solo con il suo prezzo, ma dovrebbe essere rappresentato dall’utilità marginale che ne deriva dal suo utilizzo, quindi dall’impatto in termini di miglioramento della qualità della vita del paziente e di efficienza della spesa”.

Con reti standardizzate, un’ottimizzazione dei percorsi terapeutici e di gestione dei pazienti, si potrebbe arginare anche il fenomeno della mobilità passiva (e dei relativi costi associati), ovvero la “fuga” di cittadini residenti finalizzata a ricevere prestazioni sanitarie in altre regioni. In Italia, la mobilità sanitaria vale oltre 3.330 milioni di euro e la Campania risulta tra le regioni con più alta mobilità passiva, risultando al terzo posto – in termini economico-finanziari – per debito da ripagare[3]. Tra le prestazioni sanitarie più frequentemente erogate fuori regione ci sono proprio gli interventi su valvole cardiache[4].

“Il GISE, insieme alle altre Società Scientifiche, è impegnata ormai da tempo nella realizzazione di un registro che consenta la misurazione sistematica della qualità della procedura e dell’assistenza clinica attraverso la raccolta di dati e il monitoraggio degli esiti, al fine di avanzare proposte operative per migliorare la valutazione degli investimenti in sanità. Questa è tuttavia una sfida che può essere affrontata solo grazie alla collaborazione strategica e operativa tra clinici, Istituzioni, rappresentanti amministrativi delle strutture ospedaliere e tutti gli stakeholder coinvolti in questo percorso” – conclude Giovanni Esposito.

[1] ESC, European Society of Cardiology 2021
[2] XV Congresso Nazionale SIHTA 2022, L’ottimizzazione del percorso paziente che si sottopone a impianto percutaneo di valvola aortica transcatetere: un’analisi di micro-costing
[3] Report Osservatorio GIMBE 2/2023, La mobilità sanitaria interregionale nel 2020
[4] Agenas, Mobilità sanitaria: la chiave di lettura dell’agenzia, 2020