Vasculiti ANCA-associate: rituximab meglio di azatioprina orale


Per i pazienti affetti da vasculite ANCA-associata (AAV) recidivante, rituximab e glucocorticoidi meglio di azatioprina orale

Vasculiti ANCA-associate: l'Ue ha approvato avacopan, in combinazione con un regime di trattamento a base di rituximab o ciclofosfamide

I pazienti affetti da vasculite ANCA-associata (AAV) recidivante, che hanno raggiunto la remissione con rituximab e glucocorticoidi, si connotano per un rischio pressochè dimezzato di recidiva di malattia se continuano il trattamento con rituximab, anziché iniziare un trattamento orale giornaliero con azatioprina.

È quanto emerge dai risultati completi dello studio clinico di fase 3 RITAZAREM, pubblicato su ARD, i cui dati iniziali – che avevano suggerito risultati simili – erano stati inizialmente condivisi in occasione del Congresso ACR del 2019.

“Questi dati – hanno tenuto a sottolineare i ricercatori – suffragano osservazioni precedenti sull’efficacia di rituximab nell’induzione della remissione della malattia recidivante e confermano, per rituximab, il ruolo di standard terapeutico nella terapia di mantenimento”.

Razionale e disegno dello studio
Come è noto, rituximab è approvato sia come terapia di induzione che di mantenimento per i tipi più comuni di AAV – granulomatosi con poliangioite (GPA) e poliangioite microscopica (MPA). Tuttavia, “la strategia ottimale per mantenere la remissione dopo l’induzione della remissione con rituximab, soprattutto per il trattamento delle ricadute, rimane poco chiara – scrivono i ricercatori nellì’introduzione al lavoro”.

Lo studio di fase 3 RITAZAREM, avviato nel 2018, ha valutato la capacità di rituximab a dosi ripetute di prevenire le recidive di malattia rispetto all’azatioprina somministrata giornalmente per os. Lo studio ha coinvolto 170 pazienti con AAV – 86 di sesso femminile e 84 di sesso maschile – che erano stati portati in remissione grazie al trattamento con rituximab e con glucocorticoidi.

Entrando nei dettagli, lo studio ha reclutato pazienti in sette Paesi diversi tra aprile 2013 e novembre 2016. Questi avevano un’età media di 57,8 anni, avevano una diagnosi di GPA o MPA e convivevano con la malattia da circa sette anni (valore medio).

Quattro mesi dopo l’inizio della terapia di induzione, i pazienti sono stati randomizzati a trattamento con una terapia di mantenimento a base di 1.000 mg di rituximab, somministrato ogni quattro mesi per un totale di cinque dosi, o di 2 mg/kg di azatioprina, assunta quotidianamente per un massimo di due anni.

Tutti i pazienti dello studio hanno mantenuto una dose pari o inferiore a 10 mg/die di glucocorticoide (prednisolone) durante la terapia di mantenimento. Questa dose è stata ridotta nel tempo fino alla sospensione al mese 20 (quasi due anni), tranne in caso di recidiva di malattia.

Risultati principali
Dai dati è emerso che, durante la terapia di mantenimento, i pazienti trattati con rituximab presentavano un rischio inferiore del 65% di andare incontro a recidiva di malattia rispetto a quelli trattati con azatioprina. A due anni, l’85% dei pazienti trattati con rituximab era libero da recidive di malattia rispetto al 61% di quelli trattati con azatioprina. Dopo la terapia di mantenimento, i pazienti hanno sospeso il trattamento con rituximab o azatioprina assegnato dalla randomizzazione e sono stati seguiti per un tempo non superiore ad un biennio.

Durante il follow-up, i pazienti del gruppo rituximab hanno mostrato un rischio inferiore del 55% di andare incontro a recidiva e la metà di questi ha continuato a rimanere in remissione a quattro anni, contro il 22% di quelli del gruppo azatioprina.

Mettendo insieme le due fasi dello studio, è emerso che il rischio di recidiva era inferiore del 59% tra i pazienti trattati con rituximab rispetto a quelli che assumevano azatioprina.
Il 15% dei pazienti, tuttavia, è andato incontro a recidiva di malattia durante il trattamento di mantenimento con rituximab e il rischio di recidiva si è mantenuto anche durante la fase di follow-up, quando i pazienti avevano sospeso il trattamento assegnato dalla randomizzazione.

Durante la terapia di mantenimento e il follow-up, 38 pazienti trattati con rituximab (45%) hanno sperimentato 52 episodi di recidiva – 11 maggiori e 41 minori. Nel frattempo, 60 pazienti trattati con azatioprina (71%) hanno sperimentato 89 episodi di recidiva, di cui 28 maggiori e 61 minori.

Da ultimo, la dose cumulativa mediana di prednisolone durante la fase di mantenimento era paragonabile tra i gruppi, anche se una percentuale minore di pazienti nel gruppo rituximab  ha mantenuto il trattamento con glucocorticoidi a due anni (29% contro 46%).

Per quanto riguarda la safety, per quanto dallo studio non siano emersi nuovi problemi di sicurezza rispetto a quanto già noto, quasi un quarto (22%) dei pazienti trattati con rituximab ha manifestato almeno un effetto collaterale grave, contro il 31 (36%) dei pazienti trattati con azatioprina.

Infine, non sono state riscontrate differenze tra gruppi relativamente ai tassi di infezione e all’ipogammaglobulinemia (riscontro di livelli anormali ridotti di anticorpi che combattono le infezioni, due effetti collaterali noti del rituximab).

Riassumendo
In conclusione, i risultati dello studio hanno evidenziato che il rituximab è superiore all’azatioprina nel mantenere la remissione nelle persone con AAV recidivante.

“Le future strategie terapeutiche per l’AAV – concludono i ricercatori – potrebbero richiedere un approccio più personalizzato al trattamento, che tenga conto del rischio di recidiva di malattia bilanciato dal rischio di eventi avversi con un trattamento prolungato”.

Bibliografia
Smith RM et al. Rituximab versus azathioprine for maintenance of remission for patients with ANCA-associated vasculitis and relapsing disease: an international randomised controlled trial Annals of the Rheumatic Diseases Published Online First: 23 March 2023. doi: 10.1136/ard-2022-223559
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