Nuovo studio scopre l’era delle stelle nane


Le stelle che popolano le regioni centrali delle odierne galassie massicce si sarebbero formate attraverso un processo di frammentazione che favorisce la nascita di stelle nane

stelle nane

Le galassie che popolano l’universo hanno tante forme e dimensioni: dalle più piccine, con masse intorno alle decine di milioni di volte la massa del Sole, alle più grandi, come la nostra Via Lattea, con le sue centinaia di miliardi di masse solari, e quelle ancora maggiori, che di masse solari ne comprendono migliaia di miliardi. Ma come nascono questi giganti cosmici? Come ha fatto il gas ad addensarsi per formare tutte queste stelle, dai primordi dell’universo fino alle galassie più massicce che osserviamo oggi nel cielo? Sono alcune delle domande da cui è partito un team internazionale di ricercatori e ricercatrici, con un’importante partecipazione dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf).

«Siamo andati alla ricerca delle galassie “relic”: galassie massive ma molto compatte, che hanno formato le loro stelle in un breve lasso di tempo solo pochi miliardi di anni dopo il Big Bang, rimanendo come erano quando si sono formate, fino ad ora», spiega Crescenzo Tortora, ricercatore Inaf a Napoli e co-autore di un nuovo lavoro in corso di pubblicazione sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. «Supponiamo che queste galassie siano restate intatte da quando si sono formate, e che contengano lo stesso tipo di stelle, che dovremmo trovare nei nuclei di quelle galassie massive grandi, che invece hanno subito processi successivi di merging aumentando in dimensioni».

Identificare le stelle al centro di una galassia non è impresa semplice, poiché per effetti prospettici si finisce inevitabilmente per catturare anche la luce proveniente da stelle che di quella stessa galassia popolano altre regioni. Fanno eccezione – e per fortuna, è il caso di dire – le galassie relic, rare e dunque difficili da trovare ma di grande rilevanza nello studio più generale delle galassie. Queste galassie non hanno stelle acquisite attraverso eventi di merger o altre interazioni in epoche successive della storia cosmica: la grande maggioranza delle loro stelle è nata in un unico evento di formazione stellare, molto rapido e avvenuto nelle fasi iniziali della vita dell’universo. Per questo, le relic permettono di studiare le primissime fasi della formazione delle galassie e di calcolare una quantità molto ambita per chi studia la formazione ed evoluzione galattica: la funzione di massa iniziale. Si tratta di una funzione che indica in quale proporzione stelle di diversa massa si formano all’interno delle galassie, con cui gli astrofisici possono indagare le condizioni iniziali in cui queste galassie si sono formate.

Il nuovo studio si colloca nell’ambito di una lunga campagna osservativa iniziata nel 2015, con la ricerca di galassie ultra-compatte (3-5 volte più compatte di galassie con una simile massa stellare) ma molto massive (almeno 10 volte più della nostra Via Lattea) nella survey Kids, realizzata con il telescopio Vst, situato presso l’Osservatorio Eso di Paranal, in Cile, e oggi gestito dall’Inaf.

Dopo aver esaminato circa mille galassie e selezionato 117 possibili candidati, il team ha studiato in dettaglio i 52 candidati migliori di questo campione per confermarne la natura di relic. Questa fase, culmine della campagna, fa parte di Inspire, un large program Eso a cui sono state assegnate 154 ore di osservazione spettroscopica con lo strumento X-Shooter, montato sul Very Large Telescope dell’Eso, sempre all’Osservatorio di Paranal. Grazie a questi dati, nel 2020 erano state già confermate 10 nuove galassie relic. Si tratta del campione più vasto di galassie relic osservate a grandi distanze da noi, quando l’universo aveva circa 10-11 miliardi di anni d’età, che si vanno ad aggiungere alle tre note nell’universo vicino. Altre nove galassie, seppure ultra-compatte e massive, non sono state confermate come relic perché la loro popolazione stellare ha rivelato una storia di formazione più prolungata nel tempo. In questo articolo, confrontando gli spettri di cinque relic con quelli di cinque galassie del tutto simili ma non-relic, il team ha studiato la funzione di massa iniziale per i due campioni.

«L’articolo mostra, per la prima volta, che la funzione di massa iniziale è dominata da stelle di piccola massa solo per le relic, e non per le altre galassie massicce e compatte che hanno formato le loro stelle in un periodo di tempo più esteso», nota la co-autrice Chiara SpinielloCareer Development Fellow all’Università di Oxford, nel Regno Unito, e associata Inaf, principal investigator del progetto Inspire. «A seconda del tempo cosmico di formazione stellare, il numero di stelle per unità di massa all’interno di una galassia cambia: si formavano più stelle nane nell’universo più antico».

Visto che tutte le stelle nelle galassie relic si sono formate in questo modo, è naturale pensare che la loro funzione di massa sia dominata da stelle nane. Infatti, le condizioni di formazione stellare nell’universo antico potrebbero aver portato il gas a frammentarsi più facilmente, dando vita alla peculiare distribuzione di masse stellari riscontrata nelle osservazioni. La stessa distribuzione si trova anche nelle regioni più centrali delle galassie più grandi e più massive nell’universo, ma non nella Via Lattea, che ha invece formato le sue stelle con un processo più esteso nel tempo e meno violento.

«Questa scoperta fortifica l’ipotesi dello scenario a due fasi: prima si formano galassie massive e compatte in un breve periodo di tempo – galassie rosse, compatte e massive, chiamate “red nuggets” – e in un secondo tempo queste si fondono con altre galassie, diventando sistematicamente più grandi in dimensioni e formando le galassie giganti che vediamo nell’universo più vicino a noi», aggiunge Tortora. «Da un lato confermiamo che, nelle relic che studiamo, la funzione di massa iniziale è molto differente da quella della Via Lattea, con un rapporto tra stelle di piccola e alta massa maggiore di quello che troviamo attorno a noi, anche confermando i risultati ottenuti nelle tre galassie relic locali. Da un altro, però, mettiamo in dubbio che il fattore portante per la variazione sia la massa della galassia, e riteniamo che sia la modalità e il tempo cosmico in cui si sono formate le stelle al suo interno».

«È la prima volta che, al di fuori dell’universo più vicino a noi, viene studiata la funzione di massa iniziale in galassie relic utilizzando delle righe in assorbimento degli spettri. E lo facciamo anche per una classe di galassie che sembrano uguali alle relic, ma hanno una storia di formazione diversa, e un rapporto tra le stelle di piccola e grande massa diverso», afferma Ignacio Martín-Navarro dell’Instituto de Astrofísica de Canarias, primo autore del lavoro.

«Nelle relic troviamo le popolazioni stellari che sono presenti nelle regioni centrali delle galassie massive passive che sono poi cresciute in dimensioni attraverso i merging. Questo è in accordo con i risultati trovati in galassie massive di grande taglia e conferma che, nelle fasi iniziali intense della formazione di queste galassie, le nubi di gas si sono frammentate in maniera diversa da quanto succede per altre galassie», conclude Spiniello. «Per la prima volta, iniziamo a identificare una ragione fisica per spiegare perché galassie diverse non hanno la stessa funzione di massa iniziale della Via Lattea. Per quelle che chiamiamo non-relic (sempre compatte e massive, ma con una formazione stellare molto più prolungata), invece, la funzione di massa iniziale è molto più simile a quella della Via Lattea, indicando che queste galassie compatte non dovrebbero essere i precursori di galassie passive massive, ma potrebbero esserlo dei bulge delle galassie a spirali».

Il lavoro del team continua per produrre il più grande campione di galassie relic esistente, studiandone morfologia, dinamica e contenuto di materia oscura, confrontando i risultati con le predizioni di simulazioni cosmologiche, combinando i dati già raccolti e altre osservazioni che permetteranno di risolvere le popolazioni stellari in funzione della distanza dal centro della galassia, fino alle regioni più esterne.

Per saperne di più: