Leucemia linfoblastica: malattia residua minima nuovo marcatore di rischio


Uno studio indica che la malattia residua minima è un marcatore utile per discriminare tra due diversi sottotipi di leucemia linfoblastica acuta in età pediatrica

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I ricercatori della Fondazione Tettamanti, in collaborazione con team tedeschi e della Repubblica Ceca, hanno verificato che il monitoraggio delle cellule leucemiche che possono sopravvivere nell’organismo dopo il trattamento antitumorale (Minimal Residual Disease – MRD), costituisce un marcatore importante per capire se un bambino affetto da leucemia linfoblastica acuta (ALL, Acute Lymphoblastic Leukaemia) con gene di fusione BCR::ABL1 (derivato dalla traslocazione t(9;22) o ‘cromosoma Philadelphia’, Ph) manifesta la forma Ph+ ALL “tipica” oppure una forma più simile alla leucemia mielode cronica (CML, Chronic Myeloid Leukemia), per questo detta Ph+ ALL “CML-like”.

I criteri diagnostici convenzionali, utilizzati finora, non consentono di effettuare una distinzione tra Ph+ ALL “tipica” e “CML-like”. E non è una distinzione da poco.

Disporre un marcatore come la malattia residua minima per distinguere le due forme fin dalle prime fasi della terapia permette di orientare meglio il trattamento antileucemico successivo, ottimizzando gli esiti clinici.

Infatti, benché entrambe le forme di ALL siano caratterizzate dalla presenza del gene di fusione BCR::ABL1 nel DNA delle cellule tumorali e da tassi di sopravvivenza dei pazienti globalmente paragonabili (circa 75% a cinque anni), la Ph+ ALL “tipica” e la Ph+ ALL “CML-like” non sono la stessa malattia, prevedono terapie differenti e rispondono diversamente ai trattamenti in uso, con tassi di ricaduta variabili nei due casi.

Giovanni Cazzaniga, responsabile dell’unità di ricerca di Genetica della leucemia della Fondazione Tettamanti e professore associato di genetica medica all’Università degli Studi di Milano-Bicocca commenta: “Nei bambini affetti da Ph+ ALL “tipica”, la malattia residua minima valutata dopo il primo ciclo di trattamento ha anche un valore prognostico, perché ci permette di prevedere quali pazienti avranno maggiori probabilità di andare incontro a una recidiva di malattia e pertanto necessitano di terapie più “aggressive”. Al contrario, i bambini con la forma ‘CML-like’ sono maggiormente danneggiati dalla tossicità di trattamenti intensivi e potrebbero beneficiare di terapie mirate. Questa informazione è pertanto cruciale per indirizzare opportunamente le scelte cliniche, nell’ottica di minimizzare il rischio di ricadute e di limitare la tossicità, ove non giustificata”.

Un importante aspetto da considerare è che i bambini affetti da Ph+ ALL “tipica” vanno più spesso incontro a recidive di malattia, che sono la prima causa di morte in questa casistica; viceversa, i pazienti con Ph+ ALL “CML-like” ricadono meno, ma sono maggiormente danneggiati dalla tossicità di trattamenti intensivi.

“Riuscire a capire di quale tipo di ALL soffre il bambino fin dalle prime settimane di terapia, in funzione della riduzione della malattia residua minima – prosegue il professor Giovanni Cazzaniga – permette di calibrare il trattamento da somministrare nel periodo successivo in funzione del rischio di ricadute e di limitare la tossicità, ove non giustificata”.

Allo studio, pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Leukemia del gruppo Springer Nature, hanno partecipato Michela Bardini, ricercatrice post-doc della Fondazione Tettamanti e Giovanni Cazzaniga in qualità di co-responsabile della ricerca, ed è stato realizzato grazie al supporto dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) e del Comitato Maria Letizia Verga, oltre a grants della Charles University e del Consiglio per la Ricerca Sanitaria Ceca, a fondi del Ministero della Salute della Repubblica Ceca, della Fondazione Deutsche Krebshilfe e dell’Unione Europea nel contesto di Next Generation EU.

Lo studio
Lo studio sulla valutazione della capacità della MRD di differenziare tra ALL BCR::ABL1+ “tipica” e “CML-like” è stato condotto in modo retrospettivo analizzando i campioni di midollo osseo prelevati da 147 bambini con ALL BCR::ABL1+, diagnosticata in Centri clinici di Repubblica Ceca (29 pazienti), Germania (88) e Italia (30) tra Gennaio 2000 e Aprile 2021, trattati nella maggioranza dei casi (133) secondo i protocolli EsPhALL (European intergroup study of post-induction treatment of Philadelphia-chromosome-positive ALL) del 2004, del 2010 e del 2017 oppure con altri protocolli (14 pazienti). I protocolli EsPhALL prevedevano la somministrazione del TKI imatinib al giorno 33 (2004) oppure al giorno 15 (2010, 2017).

La valutazione della MRD è stata effettuata su 364 campioni di midollo osseo prelevati in diversi momenti del trattamento iniziale: al giorno 15, D15; al termine della terapia di induzione al giorno 33, T1; al termine della terapia di consolidamento a 12 settimane, T2.

Per determinare la MRD sono state utilizzate due diverse tecniche: l’analisi specifica per ciascun paziente del gene di fusione BCR::ABL1 con PCR quantitativa (qRT-PCR) e la quantificazione dei riarrangiamenti clonali dei geni delle immunoglobuline (IG) e del recettore dei linfociti T (TR) a livello di DNA, secondo gli standard EuroMRD. La prima tecnica è considerata il gold standard per la valutazione della MRD nei pazienti con CML; la seconda è il gold standard per la valutazione della MRD nei pazienti con ALL, specie se bambini.

I valori di MRD così ottenuti nei diversi momenti del trattamento hanno permesso di distinguere i bambini affetti da ALL BCR::ABL1+ “tipica” e “CML-like”, in funzione della concordanza/discordanza degli esiti dei due tipi di analisi effettuate, e di stabilire il rischio individuale dei bambini sulla base della riduzione percentuale della MRD, considerando pari al 100% la malattia alla diagnosi.

La concordanza dei valori di MRM per qRT-PCR e IG/TR indica la presenza di cellule linfoidi, mentre la discordanza indica la permanenza di cellule non-linfoidi (qRT-PCR positive) e la riduzione dei blasti leucemici linfoidi (IG/TR negatività).

In particolare, se i test su BCR::ABL1 e IG/TR davano esiti paragonabili entro limiti prefissati (concordanza) il paziente presentava ALL “tipica”, viceversa (discordanza) era presente ALL “CML-like”. Il momento maggiormente indicativo ai fini della distinzione tra le due forme di ALL BCR::ABL1+ è risultato essere il T1, in cui è stato riscontrato il maggior numero di esiti discordanti.

In accordo con i dati di letteratura, lo studio ha confermato che la sopravvivenza libera da eventi/ricadute (EFS, Event Free Survival) e la sopravvivenza globale (OS, Overall Survival) erano sovrapponibili nei bambini affetti da ALL “tipica” e “CML-like”, pari rispettivamente a 49±6% vs 60±8% e a 73±5% vs 75±7% a 5 anni.

Quando analizzati in funzione della MRD, tuttavia, emergeva che i pazienti con ALL “tipica” e valori di MRD molto elevati al T1 andavano incontro a più ricadute (peggiore EFS), mentre valori di MRD molto elevati al T2 si associavano a un impatto negativo in termini sia di ricadute sia di sopravvivenza (minore OS). Nei bambini con ALL “CML-like” non è stata osservata questa correlazione con i valori di MRD.

L’emocromo e lo stato di iperleucocitosi iniziale sono risultati sovrapponibili nei bambini affetti dalle due forme di ALL BCR::ABL1+, ma anche in questo caso la presenza di iperleucocitosi iniziale è risultata associata a una prognosi peggiore (maggior rischio) in chi aveva una diagnosi di ALL “tipica”.