Farmaci per le allergie e immunoterapia nuove armi contro il melanoma


L’efficacia dell’immunoterapia per il melanoma potrebbe essere potenziata da alcuni  armaci comunemente usati per curare le allergie

Melanoma avanzato e metastasi cerebrali: nell'ultimo anno la Fondazione NIBIT ha sviluppato 6 studi clinici, tutti coordinati dal CIO dell'Azienda ospedaliero-universitaria Senese

Combinare più farmaci è una strategia utilizzata spesso in oncologia. Cercando nuove associazioni di medicinali sempre più efficaci, da qualche anno gli scienziati hanno cominciato a prendere in considerazione anche composti che non agiscono direttamente sulle cellule tumorali, come per esempio gli antistaminici.

In particolare, un gruppo di ricercatori dell’Istituto nazionale tumori Fondazione Pascale ha studiato le cartelle cliniche di 121 pazienti con melanoma metastatico che erano stati trattati con l’immunoterapia (nello specifico con un anticorpo anti-PD-1, un farmaco che stimola la risposta antitumorale dei linfociti T). Durante l’immunoterapia, 71 di questi pazienti avevano assunto cetirizina, un farmaco antistaminico usato per contrastare la febbre da fieno e altre allergie. I ricercatori hanno osservato che, nei pazienti trattati con cetirizina e anti-PD-1, il melanoma era progredito meno rapidamente rispetto ai pazienti che non avevano fatto uso dell’antistaminico. Inoltre la sopravvivenza dei pazienti del primo gruppo è stata significativamente più lunga di quella registrata nel secondo gruppo (in media 36 mesi contro 23 mesi).

I ricercatori hanno ipotizzato che alla base dell’effetto sinergico ci fosse un’attività dell’antistaminico sulle cellule del sistema immunitario. Alcune di queste cellule possono infatti comportarsi in modo molto diverso a seconda delle molecole a cui sono esposte. In particolare i macrofagi, un tipo di cellule del sistema immunitario, possono comportarsi come macrofagi di tipo M1 o come macrofagi di tipo M2. I primi potenziano le risposte antitumorali producendo interferone gamma, che stimola i linfociti T (le stesse cellule attivate dai farmaci anti-PD-1), mentre i secondi producono molecole che inibiscono le risposte antitumorali.

Per verificare questa ipotesi, i ricercatori hanno analizzato campioni di sangue prelevati ai pazienti prima di iniziare la terapia e a distanza di tre mesi. Dopo il trattamento, i pazienti che avevano ricevuto la cetirizina avevano un numero più alto di macrofagi M1, associati alla produzione di interferone gamma.

Si tratta di un dato promettente, ma solo preliminare: serviranno studi più specifici prima che la combinazione di antistaminico e anti-PD-1 possa essere eventualmente utilizzata in clinica. Anche se si tratta di un farmaco comune, è assolutamente da evitare il “fai-da-te”: durante le cure oncologiche tutti i farmaci vanno presi sotto controllo medico perché potrebbero esserci importanti controindicazioni.