Malagiustizia: Le Iene portano il “caso Ponticelli” alla premier Meloni


La premier Giorgia Meloni ha promesso di interessarsi alla vicenda del massacro di Ponticelli dopo che Le Iene hanno riacceso i riflettori su quanto accadde il 2 luglio 1983

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Un terribile caso di cronaca avvenuto 40 anni fa a Napoli e in questi giorni nuovamente sviscerato dalle ‘Iene’, che hanno deciso di portarlo all’attenzione della premier giorgia Meloni: il caso è quello noto come “il massacro di Ponticelli”, avvenuto il 2 luglio 1983, quando Barbara e Nunzia, due bambine di 7 e 10 anni, vennero violentate, uccise e poi carbonizzate. La trasmissione Le Iene ha dedicato alla vinceda un appronfodimento andato in onda iera sera, domenica 12 marzo, per rilanciare la tesi sulla possibile non colpevolezza delle tre persone condannate per quei fatti. Oggi, però, ha intervistato su questa vicenda la premier Meloni e la sua intervista andrà in onda nella puntata di domani, martedì 14 marzo, in prima serata, su Italia 1.

L’inchiesta sul ‘massacro di Ponticelli’ andata in onda ieri sera è stata portata avanti da Giulio Golia e Francesca Di Stefano: la puntata, intitolata ‘Mostri o Innocenti?‘, ha ripercorso le tappe della vicenda.

MELONI: “MI HA CONVINTO AD OCCUPARMENE, MI STUDIO IL CASO”

Mi ha ufficialmente convinto ad occuparmene– ha dichiarato la premier Meloni alle telecamere de ‘Le Iene’-. Fermo restando che le sentenze si rispettano e che abbiamo rispetto per la Magistratura. Mi ha colpito il caso, mi hanno colpito loro e mi colpisce il fatto che, semmai fosse così, c’è un altro colpevole. In uno Stato giusto se hai degli elementi oggettivi affronti eventuali errori. È possibile che magari esca fuori qualcosa che prima non c’era“. Giulio Golia le ha inoltre consegnato una chiavetta Usb con il video della puntata speciale trasmessa: “Grazie, me lo studio e vedo cosa si può fare“, ha risposto la premier.

I FATTI

Quaranta anni fa Barbara Sellini e Nunzia Munizzi, due bambine di 7 e 10 anni, furono violentate, torturate, uccise, e infine date alle fiamme. Un delitto efferato e brutale, che sconvolse non solo Napoli ma l’Italia intera, e che, dopo due mesi di indagini e tre anni di processi, condannò all’ergastolo Ciro Imperante, Giuseppe La Rocca e Luigi Schiavo. I tre, appena maggiorenni all’epoca dei fatti, sostennero dal primo momento di essere innocenti. Oggi, dopo aver scontato la pena, continuano a dichiararsi vittime di quello che potrebbe essere uno dei più clamorosi errori giudiziari del nostro paese.

Un caso questo che ha attirato anche l’attenzione della Commissione Parlamentare Antimafia che ha, di recente, sollevato parecchi dubbi sulle indagini svolte che l’hanno portata a valutare una possibile revisione del processo di condanna. Secondo l’analisi della Commissione, infatti, sulla vicenda potrebbe essere calata l’ombra della criminalità organizzata.