Sindrome di Sjogren: dazodalibep efficace in fase II


Dazodalibep, un antagonista del ligando CD40 in corso di sviluppo clinico, ha soddisfatto l’endpoint primario in pazienti affetti da sindrome di Sjogren

Sindrome di Sjögren: uno studio italiano rivela che esistono due tipologie di pazienti. Si apre la strada che porta a terapie personalizzate

Con un comunicato stampa, Horizon Therapeutics, azienda biotecnologica internazionale recentemente acquisita da Amgen, ha annunciato i risultati di un trial di fase 2 relativi all’impiego di dazodalibep, un antagonista del ligando CD40 in corso di sviluppo clinico, in una popolazione di pazienti affetti da sindrome di Sjogren con sintomi soggettivi di grado moderato-severo, definiti da un punteggio ESSPRI uguale o superiore a 5 e flusso salivare stimolato residuo ma con una lieve attività di malattia, definita da un punteggio ESSDAI < 5.

Dai dati appena resi noti, dazodalibep ha raggiunto l’endpoint primario rappresentato dalla riduzione del punteggio ESSPRI, un endpoint composito che misura secchezza delle fauci, dolore e severità della fatigue.
Il raggiungimento dell’endpoint primario si aggiunge a quello ottenuto nello stesso studio in una popolazione di pazienti Sjogren con caratteristiche diverse (pazienti con malattia sistemica di grado moderato severo – manifestazioni cliniche sistemiche in uno o più organi in aggiunta alle manifestazioni tradizionali di Sjogren e punteggio ESSDAI ≥ 5), resi noti lo scorso settembre.

Ad oggi, dazodalibep è l’unico farmaco candidato in fase 2 ad aver raggiunto l’endpoint primario in entrambe le popolazioni di pazienti Sjogren sopra menzionate e l’azienda si è detta pronta a collaborare con la Fda Usa per mettere a punto un trial clinico di fase III nel corso dell’anno.

Informazioni su dazodalibep
Dazodalibep è un antagonista del ligando CD40 che blocca l’interazione delle cellule T con le cellule B che esprimono il CD40, interrompendo la sovra-attivazione della via co-stimolatoria del ligando CD40. Diverse malattie autoimmuni sono associate all’iperattivazione di questa via. Horizon prevede inoltre di studiare dazodalibep nella glomerulosclerosi focale segmentaria, una rara malattia renale caratterizzata dalla cicatrizzazione dei glomeruli.

Lo studio, in sintesi
Il trial, di Fase 2, ha arruolato due popolazioni affette da sindrome di Sjögren: la prima comprendeva un totale di 74 partecipanti con attività sistemica di malattia da moderata a elevata, definita da un punteggio ESSDAI ≥ 5, e la seconda comprendeva 109 partecipanti con sintomi soggettivi da moderati a gravi, definiti da un punteggio ESSPRI ≥ 5 e flusso salivare stimolato residuo, ma con attività sistemica di malattia lieve, definita da un punteggio ESSDAI < 5.

Erano previste tre fasi in questo studio: screening (4 settimane), fase di trattamento (40 settimane) e fase di follow-up (12 settimane).

Nella fase di trattamento, i partecipanti di ciascuna delle due popolazioni di pazienti sono stati randomizzati, secondo uno schema 1:1, a trattamento endovena con dazodalibep o placebo per 24 settimane (Fase 1).
Dopo il completamento della Fase 1, i partecipanti che erano stati randomizzati al braccio dazodalibep nella Fase 1 sono stati sottoposti a trattamento con placebo, mentre i partecipanti randomizzati a placebo nella Fase 1 sono stati trattati con dazodalibep per le restanti 16 settimane del periodo di trattamento (Fase 2).

I partecipanti allo studio che avevano sospeso il trattamento con dazodalibep non erano eleggibili per il trattamento nella Fase 2.

Tutti i partecipanti allo studio sono stati seguiti per almeno 12 settimane dopo la somministrazione dell’ultima dose del farmaco in studio.

Considerando l’endpoint primario, dallo studio è emersa, al 169° giorno, una riduzione di 1,8 punti del punteggio ESSPRI nei pazienti trattati con dazodalibep rispetto ai pazienti trattati con placebo; in questi ultimi, la riduzione del punteggio ESSPRI è stata di 0,53 punti.

La differenza quadratica media di queste riduzioni è stata pari a 1,27, risultando statisticamente significativa (p=0,0002).

Oltre all’endpoint primario, è stata raggiunta la significatività statistica in alcune misure secondarie legate alla qualità di vita, tra cui la fatica misurata con il punteggio FACIT-F (Functional Assessment of Chronic Illness Therapy – Fatigue).
Dazodalibep è risultato ben tollerato e gli eventi avversi più comuni fino al 169° giorno sono stati l’infezione da COVID-19, la nasofaringite e l’anemia.

I commenti allo studio
“Allo stato attuale non esistono trattamenti modificanti la malattia approvati dalla Fda per il trattamento della sindrome di la Sjögren e la popolazione di questo studio rappresenta un ampio sottoinsieme di pazienti con un chiaro bisogno clinico insoddisfatto”, ha dichiarato Frederick B. Vivino (ex direttore del Penn Sjögren’s Center e capo della divisione di reumatologia del Penn Presbyterian Medical Center, University of Pennsylvania Perelman School of Medicine).

“I partecipanti a questo studio erano stati esclusi da altre sperimentazioni recenti, nonostante il notevole impatto di malattia. I risultati positivi dello studio di fase 2 fanno ben sperare, pertanto, nella possibilità di trattare molti sintomi debilitanti delle persone affette da Sjogren”.

“È senza di dubbio degno di nota osservare come questi dati abbiano dimostrato una significativa riduzione dell’intensità dei sintomi nei pazienti trattati con dazodalibep rispetto al placebo e questo rafforza il potenziale del meccanismo d’azione di dazodalibep per i pazienti affetti dalla malattia”, ha dichiarato Elizabeth H.Z. Thompson, Ph.D., vicepresidente esecutivo, ricerca e sviluppo, di Horizon. “A seguito di questi dati positivi, è nostra intenzione collaborare con gli enti regolatori per continuare a sviluppare dazodalibep come possibile opzione di trattamento in grado di influire positivamente sulla grave sintomatologia delle persone affette da questa malattia e di migliorare la loro qualità di vita.”