HBV e HDV: presentati risultati aggiornati dello studio PITER


Nuovi dati aggiornati per lo studio osservazionale multicentrico PITER, nato nel 2015 per l’epatite C e poi focalizzato su una coorte di soggetti affetti da HBV e HDV

Le persone con un genitore, un fratello o un bambino con diabete hanno un rischio maggiore di sviluppare la steatosi epatica non alcolica

Lo studio osservazionale multicentrico PITER, di rilevanza nazionale, è nato nel 2015 per l’epatite C su quasi 12mila pazienti e si è successivamente focalizzato su una coorte di soggetti affetti da HBV e HDV da seguire nel tempo. Al XXI Congresso Nazionale della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT) sono stati presentata i risultati di un’analisi aggiornata effettuata su questa popolazione.

Lo studio è coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con l’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (AISF) e la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT) attraverso un Comitato Esecutivo.

Gli obiettivi principali sono:

  • Determinare il profilo di infezione e di malattia da epatite B per verificare gli outcome di storia naturale e terapeutica
  • Caratterizzare il profilo clinico ed epidemiologico dell’infezione e della malattia da HBV/HDV indotta nei pazienti seguiti in Italia
  • Caratterizzare il profilo virologico del portatore cronico HBsAg positivo
  • Valutare il profilo di comorbilità e di coinfezioni da HCV e HIV (pregresso o in atto) e il loro impatto sulla malattia da HBV/HDV indotta
  • Valutare l’impatto nella pratica clinica delle terapie antivirali in uso.

Il disegno prevede l’arruolamento consecutivo di pazienti con infezione cronica da HBV/HDV, con e senza malattia e indipendentemente dallo stato della terapia antivirale. Ogni centro partecipante può arruolare i pazienti osservati nell’arco temporale di un anno, che saranno seguiti con frequenza annuale per un periodo di 5 anni.

A oggi hanno aderito 46 centri, con la previsione di raggiungere un totale di 60 centri partecipanti. Sono stati arruolati quasi 5.000 pazienti, il 21% dei quali non nativi italiani (non migranti).

L’analisi presentata al congresso è riferita a un totale di 4.729 pazienti, di cui il 77% è stato testato per gli anticorpi anti-HDV, a sottolineare il fatto che anche nei centri ad alta specializzazione persiste in fase di arruolamento circa il 22% di soggetti HBsAg positivi sui quali non è stato effettuato lo screening per l’epatite delta, ha sottolineato la relatrice Loreta Kondili, dell’Istituto Superiore di Sanità.

Sui partecipanti testati per HDV il 9,3% è positivo agli anticorpi anti-HDV e, sulla quota di quelli testati per HDV-RNA (circa il 50%), è risultato positivo il 66%.

L’età media dei soggetti con infezione da HDV italiani e stranieri è rispettivamente di 57 e 43 anni, con una maggiore prevalenza di maschi (70% vs 30%) negli italiani e una distribuzione più uniforme tra sesso maschile e femminile nei non nativi italiani (47% vs 53%), una differenza spiegabile dal maggior numero di test effettuati sulle donne straniere durante lo screening per la gravidanza.

Il confronto tra i pazienti monoinfetti da HBV e coinfetti da HBV/HDV evidenzia differenze non sostanziali nell’alterazione delle transaminasi, ma una percentuale significativamente più elevata nei coinfetti di cirrosi, complicanze della cirrosi e piastrinopenia.

«La stratificazione tra pazienti italiani vs non nativi italiani con sola epatite delta mostra una presenza significativamente superiore di cirrosi e piastrinopenia nei primi, un dato atteso in quanto si tratta della coorte più anziana» ha spiegato Kondili. «Ma in questo caso l’attenzione è da porre sul fatto che la coorte straniera, nonostante sia mediamente più giovane di 10-15 anni, abbia il 57% di pazienti con cirrosi e il 40% con piastrinopenia».

Il trattamento in atto è quasi totalmente (95,5%) basato su inibitori nucleosidici, con una quota di solo circa il 2% con interferone peghilato, a fronte di una terapia precedente basata per il 35,5% su interferone.

Riguardo alle comorbilità, si rileva una percentuale significativamente superiore di coinfezioni da HCV nei soggetti coinfetti HBV/HDV rispetto ai monoinfetti HBV (10,5% vs 3,4%) e una maggiore presenza di diabete e ipertensione nei monoinfetti HBV. Anche in questo caso, sia la coinfezione da HCV che le comorbilità sono significativamente più alti nei pazienti italiani.

Per sintetizzare i risultati aggiornati dello studio:

  • La prevalenza di anticorpi anti-HDV nei pazienti HBsAg positivi in cura in Italia è del 9,3%
  • Oltre il 20% dei pazienti HBsAg positivi non è mai stato testato per l’infezione da virus delta nei centri di cura
  • Nei pazienti testati per HDV-RNA (circa il 50%) l’infezione attiva è diagnosticata in circa il 66% dei soggetti
  • I pazienti coinfetti hanno una prevalenza significativamente più alta di cirrosi e delle sue complicanze, sia rispetto ai soggetti monoinfetti che italiani vs stranieri
  • Tuttavia gli stranieri, pur essendo più giovani, hanno un’alta prevalenza di cirrosi (57,7%)
  • Le comorbilità rilevate nei coinfetti da virus delta richiama l’attenzione per considerare il loro ruolo nell’eleggibilità dei pazienti ai trattamenti futuri che prevedono l’uso di interferone

Modello organizzativo per la diagnosi e presa in carico dei pazienti con epatite delta nella regione Puglia
La scarsità di dati sull’infezione da epatite delta in Italia ha stimolato un progetto nella regione Puglia con la Sezione SIMIT Appulo-Lucana volto alla definizione di un modello organizzativo per la diagnosi e presa in carico dei pazienti, con l’obiettivo di:

  • raccogliere dati reali di prevalenza regionale e acquisire dati epidemiologici necessari a definire un’adeguata programmazione socio-assistenziale
  • favorire la diagnosi, la presa in carico e il trattamento del paziente con infezione delta
  • standardizzare e ottimizzare la gestione per migliorare l’efficacia della terapia farmacologica attualmente disponibile
  • validare nella pratica clinica l’efficacia dei trattamenti disponibili sviluppando indicatori di efficacia e appropriatezza
  • ottimizzare e coordinare gli interventi di gestione per ottenere un maggiore controllo sulle cause di formazione dei costi

Il gruppo di lavoro era composto da 8 infettivologi rappresentanti di tutte le unità operative di malattie infettive della Puglia, 2 farmacisti ospedalieri e 1 referente dell’Agenzia Regionale di Sanità (ARESS Puglia e Dipartimento Salute Regione).

Attraverso una survey sulla prevalenza e sulla gestione dei pazienti con infezione da HDV in Puglia, la Rete Infettivologica Pugliese mirava a definire lo scenario epidemiologico corrente rilevando la prevalenza degli anticorpi anti-HDV tra i portatori HBsAg positivi e nei soggetti a rischio, effettuare lo screening e la diagnosi dell’infezione delta nei soggetti HBsAg positivi testati per HDV e in quelli anti-HDV positivi testati per HDV-RNA e, infine, di rilevare le caratteristiche demografiche, cliniche e virologiche dei pazienti con epatite cronica delta.

La survey ha consentito di rilevare 1.461 pazienti HBsAg positivi, con una percentuale altamente variabile da centro a centro (dal 30 al 90%) di soggetti testati per gli anticorpi anti-HDV pari a una prevalenza complessiva del 13%, un 19% di pazienti non italiani (soprattutto rumeni) e complessivamente la presenza di cirrosi nel 50% dei pazienti.

Le criticità rilevate, nel momento in cui si affronta la questione di un possibile percorso PDTA per i pazienti con epatite delta, sono la mancanza di dati reali di prevalenza regionale utili per definire correttamente le necessità soprattutto in termini diagnostici, un’ampia variabilità nello screening per HDV e una rilevante difficoltà di accesso al test HDV-RNA.

«Supplire a quest’ultima non richiederebbe la capacità di effettuare il test da parte di ogni singolo centro, ma sarebbe sufficiente disporre di un numero limitato di laboratori in grado dii garantire un servizio celere a tutti i centri» ha osservato il prof Sergio Lo Caputo, UOC di Malattie Infettive Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Riuniti Foggia, Università di Foggia. «Per migliorare l’attività di screening sarebbe inoltre utile riattivare una collaborazione attiva con i SerD, le carceri, i centri emotrasfusionali e i centri di accoglienza migranti».

Infine è importante collegare i centri prescrittori con gli altri centri, quindi il concetto della rete che si fa carico, in ogni zona coperta da un reparto di malattie infettive, di informare il territorio della possibilità di approfondire con esami ematici particolari se questi pazienti con epatite delta possono beneficiare di un trattamento.

Referenze

Kondili L. L’infezione da virus delta nella coorte PITER. XXI Congresso Nazionale SIMIT. 20-23 novembre 2022. Roma.

Lo Caputo S. Modelli organizzativi e gestionali dell’epatite delta. XXI Congresso Nazionale SIMIT. 20-23 novembre 2022. Roma.